Col cazzo che sarei andata a quell'evento con QUEL vestito.
Mi sarei mostrata solo come la sua puttana. "Swan se non aprì sfondo la porta, e l'ultima cosa che mi importa è vedere le tue grazie" sbottó Barin tirando forti colpi alla porta.
Io semplicemente non risposi e mi misi sul letto con il libro in grembo e una sigaretta in mano.
Dopo ieri sera in biblioteca, aveva passato tutto il giorno a non dirmi una parola su questo evento, e poi aveva pensato di prendermi un vestito rosso fuoco, aderente tipo seconda pelle e con due scollature che praticamente rendevano il vestito inesistente. Un colpo di pistola fece schizzare i pezzi di legno della mia porta da tutte le parti. "Che modi" borbottai io facendo un tiro della mia sigaretta.
"O ti metti quel cazzo di vestito addosso, o giuro sul diavolo che ti incateno e te lo metto io" ringhiò Barin con al seguito Asher che stava cercando invano di rimettere la maniglia alla porta. "Non sono la puttana trofeo di nessuno" dissi io girando pagina del libro ringraziando che non ci fosse un camino nei dintorni.
"Asher pensaci tu o la pistola non la userò solo contro la porta" sbottó Barin uscendo di corsa dalla stanza. A quanto pare neanche lui doveva essersi preparato, perché era ancora in maglietta nera e pantaloni di sartoria neri. Asher sospiró e si mise seduto sul letto. Ci mancava solo la seduta dallo psicologo psicopatico. "So che non ti fidi" iniziò lui posando lo sguardo sul mio viso. Io non alzai gli occhi dalle pagine. "Ma ormai è questa la tua realtà Olimpia. Dovrai imparare a convincerci, oppure distruggerti da sola stando sempre sulla difensiva e pensando i mille modi diversi con cui potremmo farti del male o tu potresti farlo a noi" disse Asher quasi arreso.
La verità è che tutti quei giorni cercavo di creare casini perché sapevo come gestirli. L'affetto, la compassione, i rapporti sani, io non so come gestirli. E non mi piace perdere il controllo.
Ma c'era qualcosa in lui, in Asher. C'era qualcosa che mi spingeva a fidarmi. E il mio istinto non sbagliava facilmente. Forse dovevo arrendermi al fatto di non vedere tutti come nemici. Chiusi il libro e girai lo sguardo verso di lui. "Se mi giuri sulla morte di chi ti è più caro che quel vestito non ha il fine di mostrarmi come la puttana o il trofeo di Barin, allora lo indosserò e farò il bravo cagnolino da compagnia" sospirai io guardandolo negli occhi. Avevo bisogno di sincerità. Loro mi avrebbero dato quella, io avrei fatto un passo di ubbidienza verso di loro. "Te lo giuro su tutto ciò che mi è più caro" disse lui continuando a guardarmi.
Forse, per collaborare veramente, era essenziale che abbassassi i miei muri. Dopotutto non erano loro il mio obbiettivo, il mio obbiettivo erano gli assassini dei miei genitori.
Io annuì e sospirando mi alzai dal letto. "Olimpia" mi chiamò asher mentre anche lui si alzava dal letto. Io mi girai verso di lui e vidi una strana cosa nei suoi occhi. Era la stessa che vedevo negli occhi di due fratelli che si guardavano. Quell'amore incondizionato, certe volte diventava quasi odio, ma rimaneva sempre, in qualsiasi situazione. Era veramente pazzo quell'uomo...
"Io so cosa vuol dire provare dolore" disse lui facendo un passo verso di me con uno sguardo sofferente. Io lo guardai alzando il sopracciglio cercando di capire il suo obbiettivo di quella affermazione. Asher sospiró e sembro quasi che fosse indeciso sul dirmi le prossime parole. "So cosa si prova a non avere genitori, so cosa si prova a essere soli contro il mondo, perciò se hai bisogno di una mano, puoi prendere la mia, e non ti rende meno forte, so quanto tu sia pericolosa, ma... ma sappi solo che se hai bisogno di una spalla, io ne ho due" disse lui impacciatamente abbassando lo sguardo e dondolando sui talloni.
Il mio cuore perse un battito.
Non avevo mai provato questa sensazione. Era speranza. Speranza di non essere più sola. Ma c'era anche paura, mista a confusione."Io non so come si fa a chiedere aiuto" mi lasciai scappare pentendomene subito. Come se una forza più grande di me avesse detto quelle parole. Lui alzò lo sguardo di scatto e mi sorrise. E non il suo solito sorriso inquietante, da pazzo, ma un sorriso sincero, dolce. Mi girai di scatto sentendo la mia faccia bollire per quelle parole che avevo appena detto.
Stupida, stupida stupida.
Ti stai mostrando debole. Sei una vigliacca, una codarda.
Odiai me stessa in quel momento.
Mi odiai finché sentì forti braccia stringermi. Sentì un corpo solido dietro al mio. Sentì il calore che solo in un abbraccio potevi provare. Sentì come se... se in quel momento mi fossi lasciata cadere, qualcuno mi avrebbe soretta.
Era da 17 anni che nessuno mi abbracciava.
Troppe emozioni, forse non me le meritavo, forse non mi meritavo quel calore, io cercavo vendetta, non amore, non calore, non redenzione.
Mi irrigidì e lui dovette capire perché fece un passo indietro. Io non mi girai, forse per la paura che se avessi visto cosa ci fosse nei suoi occhi sarei crollata. "Io per te ci sarò sempre" sentii il sussurro appena prima di sentire i suoi passi allontanarsi.
Non mi chiesi del perché quello strano ragazzo mi volesse così bene dopo neanche un mese che mi conosceva e che prendevo solo a insulti. Non era il momento. Adesso dovevo pensare solo a andare avanti con il piano.
Mi misi il vestito e la mia maschera di ogni giorno, che dopo ciò che era successo con Asher, addosso mi pesava più di qualcosa cosa
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revenge
ChickLitIl mio corpo grida vendetta. La mia anima freme aspettando quel momento. La redenzione e il perdono non sono contemplati. Olimpia Swan fin da piccola ha conosciuto odio, distruzione e perdita. E ora vuol far vedere al mondo che l'errore più grand...