l'entrata del diavolo

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Non alzare la testa.
Fingiti ancora svenuta.
Studia.
Ascolta.

Mi avevano messa su una fredda sedia in metallo, legato i polsi e la caviglie, avevo la testa a penzoloni in avanti, mi ero già ripresa da qualche minuto, c'era solo una debole luce, non avevo più il mio cappotto, sentivo il freddo infiltrarsi da sotto i vestiti, il pavimento era sporco in cemento, sentivo dei passi sopra la mia testa.

Il mio cuore accellerò al pensiero che potessi trovarmi ancora in un seminterrato.

Dovevo tenere fuori tutto.

Solo la vendetta mi aveva trattenuto in vita nelle notti più fredde, e ora solo quella voglia mi serviva per sopravvivere.

Sentii dei passi e un uomo venne dritto davanti a me, potevo vederli solo gli stivali neri dalla mia visuale. Si fermò "so che sei sveglia pulcino" canzonò divertito smascherandomi. Non avevo scelta. Alzai la testa e lo guardai in volto. Aveva una carnagione scura, capelli rasati, indossava un maglione bianco immacolato e dei pantaloni di sartoria, gli occhi erano neri come la pece e una grossa cicatrice gli deturpava un occhio e la guancia sinistra, aveva un tatuaggio sul collo, dalla corporatura era ben piazzato, doveva superare tre volte il mio peso.

"Eccoti qua" sorrise mostrando un dente d'oro, c'era qualcosa di inquetante in lui, sentivo il brutto presentimento che mi smuoveva le viscere. Capii per la prima volta in che guaio mi ero cacciata.

"I miei complimenti per le doti assassine" rise muovendosi intorno a me quasi a saltelli. Era un estasiato. Un uomo normale sarebbe rimasto seccato dalla morte di due delle sue guardie. Lui era felice. Sembrava quasi che il suo divertimento era vedere l'ultimo respiro di un uomo.

"Non sei una di tanto parole vero?" mi chiese con un broncio inginocchiandosi davanti a me. Non avrei aperto bocca neanche sotto minaccia di morte. "Sai, ho trovato molte cose nel tuo bel cappotto" iniziò lui sedendosi a gambe incrociate mettendo il mento sopra le mani giunte osservando ogni mia reazione con i suoi occhi. "Ma questo mi incuriosisce" disse lui tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il mio disturbatore di frequenza. Disturbava ogni telecamera nel raggio di un chilometro, era un arma a doppio taglio se proprio dovevo dirlo, ma era il mio asso nella manica per passare inosservata.

"Io odio la tecnologia, tutte quelle cose strane e ambigue che non sono sotto il mio controllo mi danno fastidio, preferisco un lavoretto fatto con le mie mani, preciso e pulito" disse sibillino rimettendosi il mio disturbatore di frequenza in tasca. "Un bel visino come il tuo come sa uccidere due uomini dell'esercito senza farli neanche dire le loro ultime parole?" chiese cambiando tono, era come se stesse riflettendo tra se e se. C'era qualcosa di molto disturbato in quest'uomo.

La porta si apri e due uomini vestiti di nero entrarono "Il capo ti vuole" disse uno di loro non degnandomi nenache di uno sguardo "La nostra interessante conversazione riprenderà tra poco pulcino" disse riprendendo il suo tono canzonatorio e alzandosi con un balzo da terra.

Uscì e i due uomini rimasero dentro con me. Mi basto studiarli un secondo per capire che non erano minimamente intelligenti come il ragazzo di prima. Niente armi, solo bei muscoli, non mi guardarono neanche un secondo pensando evidentemente che non fossi una minaccia, posizioni troppo rilassate e sguardi annoiati. Era la mia unica possibilità.

Con un colpo di gomito feci uscire una piccola lama che avevo infilata nell'inserto della mia maglia termica e tagliai la prima fascietta che mi legava il polso. Tenni lo sguardo basso ma su di loro, stavano parlando dell'ultima partita di baseball trasmessa in tv, dovevano veramente migliorare la sicurezza in questo posto di merda.

Mi slegai i polsi in meno di un minuto, presi anche l'altra lama che avevo nell'altro braccio e con un movimento netto staccai le fascette dalle caviglie. Si accorsero che mi ero liberata solo nel momento in cui mi alzai.

"Che cazzo pensi di fare?" domandò il primo venendo verso di me tempestivamente seguito dal secondo. Presi la lama che avevo in vita e li trafissi la trachea. Era il mio metodo preferito per uccidere una persona. L'altro corse verso di me stortandomi il braccio e prendendo possesso della lama, avevo la schiena sul suo petto, alzai lo stivale e gli assestai un calcio tra le gambe, lui si accasciò non perdendo le presa sulla lama, salì sulla sua schiena e strinsi la gola, mi graffio una mano con la mia stessa lama, ma prima che potesse farmi veramente male gli spezzai il collo.

Sentendo il casino dei corpi caduti altri due uomini irruppero nella stanza con pistole alla mano. "Il capo la vuole viva" sussurró il primo mentre correva verso di me.

A quanto pare questo capo mi aveva appena fatto un regalo.

Tempo che torreggió su di me che gli assestai un destro alla mascella, il secondo mi prese da dietro e io lo usai come appoggio per tirare un calcio appena sotto il mento al primo, e uno era morto. "Sei morta ragazzina" mi ringhio all'orecchio quello che mi stava tenendo da dietro stringendo più la presa. Aveva le mani occupate quindi non poteva uccidermi con la pistola, avevo un vantaggio. Gli tirai una calcio sta sul quadricipite facendolo grugnire e facendogli perdere di un poco la presa su di me, non appena riuscì a toccare terra mi piegai e ruotai il busto trovandomi davanti a lui, gli presi la testa e gliela sbattei al muro, forte e più volte schivando i suoi calci e spingendo i pollici nei suoi occhi. Stava gridando, tutti lo avevano sicuramente sentito, ma in quel momento solo uccidere mi importava.

Gli assestai un calcio tra le gambe e quando si accasciò gli presi la pistola dalle mani e gli sparai un colpo dritto in testa. Con affanno mi girai di scatto sentendo dei passi arrivare di corsa. Corsi al lato della porta e non appena si aprii, sparai alla persone che stava entrando uccidendola.

Mi piazzai a gambe ferme davanti alla porta con la pistola in mano.

Sentii altri passi.

Questa volta erano leggeri, controllati, ritmici. Seguivano il battito del mio cuore. Chiamavano la mia morte.

E fu in quel momento che dalla porta entro il diavolo. Ero appena finita all'inferno.

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