VILLAGGIO: 7

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Il piccolo Sascha era al bar dell'albergo.
Con un'uniforme fatta con del materiale ultra resistente al calore, all'usura. Completamente nero, il classico cappuccio nero, che aveva delle insolite treccine in cima.
In vita aveva un kilt, ci teneva a chiamarlo kilt, e no gonna. Al massimo, avrebbe accettato mezza gonna.

«Saranno buone qui le cose?»
Poco si fidava se non provenivano dalle mani della madre adottiva.
Inizialmente si prese solo tre bottiglie d'acqua, poi, alla fine, decise di assaggiare qualcosa.
«Qui la roba è di qualità» affermò dopo le sue analisi.

Da poco, lo avvistò la donna che, fino a poco prima, era rinchiusa in stanza di Michael.
Si era liberata, e soprattutto si era rivestita.

«È uno di loro» disse al collega di fianco. «Guarda com'è piccolo e indifeso.»
«È sicuramente l'anello debole del gruppo» convenne il collega.
«Me lo lavorerò con molta facilità» affermò con sguardo cattivo.

«Ciao, bevi tutta quest'acqua?»
Sascha la osservò per qualche secondo. «Beh, ho un po' sete...» spiegò timido.
«Sono Zara, e tu?» si presentò lei sorridente.
«Sascha» rispose tenendo bene le distanze.
La ragazza prese uno sgabello e si affiancò a lui. «Non sei di qui, vero?»
«No.»
Zara imbronciò le labbra. «Non sei uno di molte parole.»
«Già...» rimase totalmente impassibile dinanzi al flirt della ragazza. La maschera, che copriva completamente il viso, nascondeva qualsiasi tipo di emozione.

«Sei qui da solo?»
«Con degli amici.»
«Che c'è, sei timido? Perché non ti lasci andare?» Sascha alzò le spalle. «Ti hanno mai detto che sei un bel ragazzo?»
Nella sua testa, il ragazzo pensa che ciò era ovvio.
«Che ne dici se salissimo sopra? Ti faccio vedere qualcosa che ti piacerà molto.»
Sascha alzò le spalle, poi decise di seguirla.
Ignaro dei veri intenti di lei.
~~

«Michael» dal tono sembrava che il samurai si fosse calmato. «Razza di idiota.»
«Manuel» anche il gigante pareva essere più tranquillo. «Razza di farabutto.»

I due erano uno di fronte all'altro, piegati sulle proprie ginocchia. I loro occhi erano agguerriti, stringevano forte i denti per la furia, si ringhiavano a vicenda.
Nel mentre, tornò quel Douglas.
I due Fra portarono i loro furiosi sguardi verso di lui.

«Chi diavolo sei?» domandò il samurai, seccato dalla sua presenza.
«Perché continui a disturbarci?» continuò ad interrogarlo il gigante.
«Sono Douglas...»
«Lo abbiamo capito!» urlarono all'unisono.
«Voi non avete un minimo di pazienza» riprese in tono altezzoso, prendendo un pettine e sistemando la sua folta capigliatura.
«E secondo te perché ci staremmo picchiando?»
«Sono Douglas e sono qui per fermare voi, a qualunque costo.»
«Fermarci?» domandò sbigottito Manuel.
«Fermarci da cosa?» domandò il gigante con rabbia, ma confuso.
Manuel sbuffò e gli lanciò un'occhiataccia.

Douglas raccontò del fatto che loro avrebbero fermato un piano dell'organizzazione di cui faceva parte nel mezzo dell'oceano indiano.
Ovviamente, si riferiva alla nave, che trasportava una bomba atomica, che avevano tolto da mano ai terroristi.
«I miei superiori vi hanno visti arrivare e ci hanno subito mandato a cercarvi. Dovevamo cercare degli stranieri, voi ci avete reso il compito molto facile.»
«Fra tanti stranieri chi vi dice che siamo noi quelli che cercate?»
Sia Manuel che Douglas si misero una mano in faccia.
«Ma allora sei proprio un coglione!» lo sgridò il samurai.
«Siete gli unici stranieri. Non sembrate gente molto sveglia.»
«Su lui ti do ragione, ma con me puoi stare certo che sono molto sveglio» e dopo averlo detto, Manuel lo sfidò, puntando la katana nella sua direzione.
«Vedremo spadaccino.»
«Mi hai stufato!» Michael caricò un pugno e lo fece volare via.
Emise, poi, un potente urlo.

«Sei pronto per un altro round, gigante?!»
«Fatti sotto, samurai!»
~~

Fuori, Andreas notò il gran casino.
Una cinquantina di persone stese a terra tramortite. «Colpi di lame... Manuel? Sascha? Qualche sconosciuto?»
Si mise accuratamente a esaminare i tagli e le perforazioni sui corpi dei malcapitati.
«Serve aiuto?» domandò chinandosi su uno di loro.
«Sì...» rispose l'uomo sofferente.
«Aspetta» gli diede una pacca sulla spalla. «Sicuramente arriverà qualcuno.»

I FRA: Una nuova eraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora