GIUBA: 25

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«Poco fa ho visto un ragazzo, un bianco, mangiare una quantità di cibo enorme.»
«Da dove l'avrà preso? Noi qui patiamo la fame e loro vengono a mangiarci in faccia? Ma che ci fanno qui soprattutto?»

Diop era appena tornato alla taverna.
Era ancora un po' scosso, stava per essere venduto, stava ideando un piano per porre fine alla sua vita, appena ciò fosse accaduto, ma poi... qualcuno aveva fermato tutto.
Notò subito, lì in un angolo, accasciato su un tavolo re Oscar III. Rimase fisso a guardarlo per un po', poi si voltò e andò verso la cucina.
Prima, però, si ferma al bancone.
«Non per dargli ulteriori privilegi, ma non badate a lui, lasciatelo tranquillo. È un uomo distrutto. Alla fine, lo stanno trattando come trattano noi.»

All'interno della cucina, si mise alla ricerca di una donna, che trovò immediatamente.
La donna fece segno ai suoi colleghi di andarsene e lasciarli da soli.
«Strana la vita, non è vero?» esordì lei appena sono soli. «Dimmi, Diop, tu sai quanto sono rari gli occhi viola in natura?»
«Non ne ho idea» rispose burbero. «Perché questa domanda?»
«Curiosità...» si tolse il grembiule e si accomodò su un piccolo sgabello. «Cosa vuoi?»

Diop, nonostante fosse da poco stato picchiato, quasi venduto, pronto al suicidio, sembrava davvero tanto calmo. Il corpo, però, mostrava, in modo quasi impercettibile, tutta la sua agitazione. Fronte sudata, mano che tremava, fretta nelle parole.
«Hai sentito della base nel deserto, della casa d'aste?»
«Ho sentito...»
Si scambiarono degli sguardi, entrambi aspettavano che l'altro dicesse qualcosa.
«Parla chiaro, Lassana» disse, allora, la donna.
Tentennò un po', prima di esporre il suo pensiero. «C'entra quel vecchio gruppo...»
«Assolutamente no» interruppe lei. «Sai che non va più avanti.»
«Forse dovrebbe» anche lui prese uno sgabello e ci si sedette. «Allora chi sarà stato?»

«Non ci credi alla storia di quelle persone con dei poteri?» gli domandò, convinta che fossero loro gli artefici, soprattutto dopo averli visti poco prima dell'arrivo del vecchio amico.
«Non saprei... mi sembra impossibile» Diop non voleva affatto credere a ciò che aveva sentito, e a ciò che era successo alla casa d'aste. «Cosa vogliono poi?»
«Aiutare?» suppose lei, facendogli un piccolo sorriso.
La risposta non piacque a Diop, dopo quanto accaduto, da sempre in pratica, non accettava nessuno aiuto da quelli con la pelle chiara.
«Noi? Il re? Non mi fido. Già abbiamo problemi con quei due al Palazzo, gli americani, il cambiamento inspiegabile del clima, la reclusione...»
«Li cercherai?» domandò lei, dopo un attimo di silenzio.
«Ovvio.»
«Allora non perdere tempo cretino, esci e vai.»
Diop non se lo fece ripetere, si alzò e andò verso l'uscita.
«Abbi fiducia Lassana» gli disse la donna prima di andarsene, mentre le tornarono in mente i sorrisi di quei docili e folli ragazzi che aveva visto poco prima.
~~

Oscar III alzò finalmente la testa dal tavolo.
«Un uomo gigante?» chiese a sé stesso. «Forse sarò ancora intontito.»
Rimase a fissare all'esterno, non accorgendosi dei signori al bancone che lo guardano preoccupati.
«Hey tu, re» lo invitò ad avvicinarsi uno di loro.
«Vuole dirmi qualcosa?» chiese mentre andava verso di loro intimorito.
«Abbiamo saputo delle cose, tu non dovrai farti scappare in nessun caso il fatto che te le abbiamo dette noi, intesi?»
Mosse deciso la testa su e giù.
«Pare che al palazzo siano arrivati degli stranieri, persone dall'alta caratura sociale. Due donne, se non erro, e tre uomini.»

Il re sgranò gli occhi, forse aveva capito di chi stavano parlando.
«Ma non erano soli, con loro c'era una ragazza. Bionda, occhi chiari...»
Oscar III portò la mano sulla fronte, non trattenne il desiderio. «Come arrivo al palazzo?»
~~

Diop era uscito fuori, calmo e lento camminava per le strade di Giuba.
Si fermò vicino ad un gruppo di ragazzi. «State bene?»
«Sì» affermò uno di loro, mentre altri due lo tenevano fermo.
«Uno strano medico ci ha aiutati.»
«Già, lo ha magicamente curato.»
«Era un bianco!»
L'esclamazione fece gelare Diop.

Riprese la passeggiata.
Dubbioso, ripensava alle parole dette dai ragazzi.
Si bloccò un attimo e si volta verso una strada che aveva appena superato.
Gli era sembrato di vedere una specie di cerchio astratto.
«Cosa ho... Ah! Non devo distrarmi.»
~~

Intanto, dall'alto del palazzo, Clara si era appena alzata dal letto. Andò verso la finestra e osservò tristemente ciò che c'era all'esterno. Avrebbe tanto voluto poter rompere quel vetro, scendere giù ed essere libera. Forse, avrebbe addirittura potuto buttarsi, per poi essere libera.
Una cosa attirò la sua attenzione, e sul suo viso si forma un piccolo sorriso. «Il giaccone arancione.»
Voltò lo sguardo e rimase ancora più sorpresa. «Papà?»
~~

Oscar III, mentre si domandava se il samurai che aveva a visto poco prima fosse vero o un sintomo di stanchezza, si accingeva, esausto e disperato, alle porte del palazzo.

Due guardie gli serrarono la strada e nella loro lingua gli dissero che non poteva passare.
«Vi prego...» si mise, speranzoso, davanti a loro. «Mia figlia è lì dentro, fatemi entrare.»
Le guardie rimasero immobili, non lo considerarono affatto.
«Vi scongiuro, sono pronto ad implorare, posso darvi tutto ciò che volete... Prendete me, non lei. È solo una ragazza, è giovane. Vi prego, lasciatela libera.»

Anche Diop era arrivato, era a qualche metro dal re, in mezzo alla folla che si era creata, osservava la scena.
«So che capite questa lingua Rispondetemi! Datemi mia figlia!»
Una delle guardie si mosse verso il re e gli assestò un pugno al volto.

Il re si rialzò.
«Per favore, vi imploro. Liberate mia figlia, sarei anche pronto a cedervi il mio paese.»
Si mossero entrambe le guardi, stavolta, ed entrambe lo colpirono.
Il Re portò le braccia verso le loro per bloccare i colpi.
«Per favore, farò di tutto, non portatemi via anche lei.»
Ma ancora gli assestarono i calci dei fucili in facca.

Il re non demordeva. Per quante volte lo buttavano a terra, lui continuava a rialzarsi e a chiedere la libertà della figlia.

«Si farà uccidere» commentò Diop combattuto. Forse era il momento di agire?

«Non me ne andrò» disse ancora, con decisione, mentre era in ginocchiato. «Non vi lascerò vincere.»
Stavolta, le guardie erano di più. Tutte insieme lo colpivano ripetutamente, calci, bastonate, pugni.
Lo massacrarono.

La forza di rimettersi in piedi non c'era più.
Era a terra, ansimante, pieno di lividi e sangue.
«Vi... vi prego... Mia... mia figlia...»

I maltrattatori erano pronti ad un altro round, quello finale, ma si bloccarono.

Curiosi personaggi arrivavano dalla folla.
Passarono di fianco a Diop e ad Oscar III.
Disarmati, impassibili, e convinti dei loro mezzi, si misero, con sorrisi maligni e nessuna buona intenzione, tra il re e le guardie.

I FRA: Una nuova eraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora