«La quiete dopo la tempesta.»
Erik aveva rimesso in sesto Peter, non perfettamente, ma almeno adesso non correva più gravi rischi.
Osservavano, silenziosi, dal buco nel muro, la situazione giù.
«Che frase del cazzo» commentò Erik.
«Già» concordò l'inglese.All'uscita del Palazzo videro Michael, intento, come loro, a raggiungere l'esterno.
«Cos'ha lì dietro?» domandò Erik, studiando una strana cosa che l'omone aveva sulle spalle.
La cosa si mosse, e si voltò verso di loro, provocandogli un sussulto.
La cosa era Sascha, seduto sulle spalle del gigante.«Hey Peter» salutò calmo. «Sono affamato.»
«E cosa dovrei fare?» chiese l'inglese.
«Farmi mangiare?»Intanto, raggiunsero gli altri.
«Cosa c'è dentro la tua testa per fare una cosa del genere» esordì Alessio, appena furono vicini a lui. «Cosa ti ha detto il cervello?»
Sascha alzò le spalle. Poi scese dalle grosse spalle di Michael, abbastanza attivo per aver appena fermato una bomba atomica con la testa.
«Sono tutti morti i serial killer?» domandò Manuel. «Ce li siamo ricordati tutti?»
Markus contò sulle dita. «Sì, ne sono abbastanza sicuro.»
«Anche i due pervertiti sono sistemati» tornò anche Andreas.
«Adesso?» chiese Stephan. «Che si fa?»Tutti si voltarono verso il cancello dell'entrata principale, quello che ne era rimasto. Fermi a guardarli c'erano i civili, da poco liberati dallo scudo protettivo di Erik.
«Ce ne andiamo» non se ne erano accorti che Biel era con loro.
«Ah sei vivo.»
Diop arrivò, spaesato, e ignaro, dalle parole appena sentite.
«Complimenti» disse sinceramente stringendo la mano al connazionale.
«Hey» richiamò tutti Michael. «Qualcuno ha qualcosa per Spike.»
Il piccolo Spike attese felice, con la lingua penzolante, che Stephan gli lanciasse un pezzetto di un panino che aveva conservato.I ragazzi si bloccarono, guardavano la folla di gente lì davanti a loro.
Alle loro spalle apparvero anche i soldati e gli schiavi sudsudanesi liberati dal controllo di Grundy e Teersa.
«Che c'è?» Diop spintonò Sascha col gomito. «Ansia nel passargli vicino?»
Sascha lo guardò. «Ansia? No...»
«Seguitemi» provò a incoraggiarli. «Vi faccio strada io.»Si diressero verso la folla, oltre il cancello.
Timidamente seguivano, in fila indiana, il capofila Diop, con le teste chinate verso il basso, o comunque cercando di non incrociare lo sguardo con la gente lì presente.Nel mentre, le persone che li circondavano, iniziarono ad applaudire, allungavano le mani per ringraziarli.
Gli ex schiavi li salutavano mentre versano lacrime di gioia, stessa cosa, ma più mascherata, la fece qualche soldato. Qualcun altro, invece, preferì tenere alto l'orgoglio e trattenere le lacrime.
«Penso che vorrebbero ringraziarvi» disse, sottovoce, Diop a Sascha, secondo della fila.
«Nessuno dovrebbe ringraziarci, la libertà è un diritto di tutti. Piuttosto, qualcuno dovrebbe venire qui e chiedergli scusa.»
Le parole di Sascha sorpresero Diop, che lo guardò confuso, stupito. Tornò, fisicamente ma non con il pensiero, a guardare avanti e a creare una strada tra la folla per i ragazzi.Il Sudan del Sud era libero. Il regno dei maniaci Grundy e Teersa era finito, così come le disgrazie da loro provocate.
Le nuvole stavano via via scomparendo, lasciando spazio al caldo e al sole, che erano scomparsi da settimane.
STAI LEGGENDO
I FRA: Una nuova era
Science FictionIN REVISIONE I Fra, un gruppo di ragazzi dal passato travagliato che li ha portati, col tempo, a distaccarsi dai legami sociali. Fino a quando si ritrovano a formare una squadra per impedire, non si sa come, ad una bomba atomica di distruggere il Su...