Always house never home

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Robin percorse tutto il tragitto verso casa pensieroso, con idee bizzarre che gli frullavano per la mente, col rischio di distogliere la sua attenzione dalla strada.

Persino il suo passo, una volta sceso dalla sua macchina, parve più lento del solito, ne si poteva percepire l'inquietudine.

Arrivò dinanzi l'immacolato edificio, con tanto di zerbino che recitava la parola "home".

Come ogni volta, ad accoglierlo, varcata la porta, sapeva con certezza che sarebbero stati i suoi figli, sua moglie e il calore da cui solo chi conosce l'amore può essere avvolto.

Anne gli corse in contro, alzandosi in punta di piedi per baciargli il volto, mentre Gemma ed Harry abusavano della nuova console, su cui spendevano le giornate intere pur di rimandare lo studio, con tanto di scuse inimmaginabili.

«Devo parlarti in privato», sussurra alla moglie, che annuisce e lo segue nella loro camera matrimoniale. Lui si sfila le scarpe, e si appoggia sulle lenzuola fresche, distendendo la schiena lungo la testiera del letto, con lei che lo segue con lo sguardo curioso.

«Come sei serio!» lui non sa più come incrociare le dita, la possibile reazione di Anne lo intimorisce.

«Ascolta...stamattina, in centrale, ho conosciuto un ragazzo.»
«Stai cercando di dirmi che sei gay?»
«No!» esclama mentre Anne ridacchia

«Questo ragazzo ha una situazione familiare davvero tanto delicata, e la possibilità, o meglio, la certezza che finisca in una casa famiglia mi spezza il cuore...» finalmente Robin alza lo sguardo verso Anne, alquanto scettica.

«Io voglio prenderlo in affidamento, ma solo se anche tu lo vorrai.» Anne spalanca leggermente la bocca, è incredula e scettica dinanzi tale richiesta, e agli occhi del marito, anche spaventata.

«Robin, mio caro, quanto è complicata la sua situazione?» domanda balbettando «Non possiamo rischiare di mettere in pericolo i ragazzi, noi stessi, o di entrare per causa sua in qualche circolo criminale...»

«Ti do la mia parola, è un bravo ragazzo, non ha niente a che vedere con suo padre, e sai che farò di tutto per tutelare i nostri ragazzi, te lo prometto.», le sorride accarezzandole la guancia, e persino lei si sforza di cambiare espressione, accennando un sorrisetto.

«Ho bisogno di un po' di tempo, d'accordo?» chiede al marito che annuisce e le lascia un bacio sulla fronte.

Fanno ritorno in cucina, coi loro figli ancora stesi sul divano e gli occhi fissi verso lo schermo, quando Robin, però, afferrò il telecomando, e spense il televisore.

In risposta i due si dimenarono: «Mi mancavano due punti!», imprecò Gemma.

I due genitori corsero ad abbracciare i figli, che cercarono di divincolarsi da quelle braccia molto più forti delle loro: «Mi strozzi!», esclamò Harry, a cui il contatto fisico non era mai piaciuto, a stento lo tollerava dai suoi genitori.

Non si è mai interrogato sul motivo di tanto disprezzo, sa solo che non ha mai dato un abbraccio nemmeno al suo migliore amico Niall, che pur non ammettendolo, ci è sempre rimasto parecchio male.

...

Robin perse di vista Louis, seppe soltanto che fosse entrato in una casa famiglia non lontano da Doncaster, poiché Catherine teneva al fatto che Louis non perdesse i contatti con le persone a lui care, i suoi amici dovevano essere l'unica cosa che gli fosse rimasta.

La centrale aveva naturalmente archiviato il caso, tra poco Troy avrebbe subito il processo, ma del destino di questi ragazzini a chiunque importava poco e niente, cosa, che scatenava in Robin una furia nei confronti del sistema.

In casa, inoltre, non aveva riaperto l'argomento avrebbe lasciato ad Anne il tempo necessario.

Si fidava di lei, sapeva che avrebbe motivato le sue scelte secondo dei criteri più che giusti.

Le servì meno di una settimana per comunicargliele, proprio la stessa sera quando Robin si stava informando a proposito delle possibili casa-famiglia, in cui Louis, fosse potuto capitare:

«Hai un minuto?», gli chiese.
«Sì, stavo solo facendo delle ricerche, sediamoci!» si poggiarono lungo i bordi del lato sinistro del letto, lei come al solito incrociava le dita cercando le parole giuste, mentre lui gliele stringeva forte per supportarla.

«Queste sere, non sono riuscita a dormire al pensiero che ciò che è capitato a questo povero ragazzo possa capitare ai nostri figli...» accennò dei singhiozzi «Sarebbe così ingiusto, se li lasciassero senza speranza o prospettiva, quando le persone che potrebbero regalarglielo un futuro son lì consapevoli di ciò che gli accade, fingendo che non sta accadendo attorno a loro.»

In Anne lo spirito materno prevaleva su ogni cosa, i suoi figli prevalevano su ogni cosa.

Alzò lo sguardo, sorrise con gli occhi lucidi al marito, e gli disse
«Di' a quel ragazzo che è il benvenuto a casa nostra.»

Robin strinse forse la moglie fra le sue braccia, fra i suoi capelli riusciva a percepire, e a sentire, l'aroma all'arancia con la quale aveva preparato il dolce tradizionale del loro venerdì sera, che gli oltrepassò le narici e lo riportò al giorno di quel benedetto sì, di cui era sempre più sicuro, che non se ne sarebbe pentito.

Anne riuscì finalmente, seppur ancora ridacchiando, a divincolarsi da quella tenace stretta, per fargli delle domande.

«Lui come si chiama?»
«Louis Tomlinson, non è della zona, viene da un paesino anch'esso vicino Manchester, perciò dubito che Harry o Gemma possano conoscerlo.»

«A proposito di ciò, senti che dovremmo parlargliene? Magari la situazione potrebbe provocargli del disagio, non so?»

«Anne, dobbiamo dimostrarci fermi nelle nostre decisioni, non appena otterrò il permesso, informeremo i ragazzi, magari davanti ad un buon prezzo, che presto in casa ci sarà un nuovo arrivato. Che ne pensi?» propose Robin.

«Hai ragione, sono intelligenti sapranno gestire le loro gelosie adolescenziali nei nostri confronti, no?» insinuò Anne.

«Esattamente...devo fare in modo di avviare la pratica al più presto, devo mettermi in contatto con l'assistente sociale.»

«Cosa aspetti? Fallo adesso! Io vado a rimboccare le coperte ai ragazzi e a dargli la buonanotte» si alzò Anne, per poi rivoltarsi di scatto «Ah! E a proposito, buon lavoro» schioccò un bacio sulle labbra dell'assonnato.

Robin afferrò il cellulare dalla tasca, digitò il numero che aveva segnato su un post-it, sperando che Catherine fosse ancora sveglia.

«Pronto, chi parla?» domandò una voce femminile dall'altra parte.
«Collega Robertson, scusi il disturbo, ma dovrei chiederle di avviare una pratica all'istante, vorrei prendere in affidamento il signorino Louis Tomlinson...».

Shit changes || Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora