Capitolo 9

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Non ho il coraggio di fare niente, nè di avanzare, nè di arretrare.

Parlare è impossibile.

Nicholas sposta lo sguardo da me a lei in continuazione cercando di trovare una giustificazione a qualcosa di concreto, perchè adesso non è più frutto della mia immaginazione, lei è lì, a pochi passi da me e accanto a lei c'è una bambina, che per quanto ne sappia, può essere tranquillamente sua figlia.

<<Vai a parlarle>> esordisce Nicholas di punto in bianco.

È fuori discussione, sono troppo scosso per pronunciare anche un semplice "ciao", figuriamoci fare un discorso di senso compiuto.

<<Andiamo a casa>> controbatto invece io, intento a girare su me stesso e tornare da dove sono venuto, come se non l'avessi mai trovata, come se non l'avessi mai conosciuta.

Nicholas non si muove dalla sua postazione, mentre io cammino il più velocemente possibile per arrivare in macchina e non muovermi più di lì.

Ma la mia coscienza non sembra essere d'accordo con me, quindi una volta arrivato al bancofrutta, mi volto verso il mio migliore amico e ritorno dov'era prima.

Iris sembra ancora più bella di come la ricordavo, i capelli questa volta li ha legati, ma gli scendono comunque morbidi lungo un viso acqua e sapone.

Gli occhi azzurri sembrano ancora più chiari grazie al sole che la colpisce dritta in faccia e quelle labbra, che la sera precedente avevo soltanto visto di sfuggita, mi sembrano così piene, mentre si allargano in un sorriso che rivolge a ogni persona che incontra nella sua strada.

Poi il mio sguardo si posa su quella bambina che ancora non si è staccata dalle sue gambe, è seduta su quello che sembra uno sgabello, ma con la manina destra tiene il vestito di lei, come a volersi far proteggere da qualcosa che non esiste.

A guardarla da qui sembra avere non più di quattro anni, cinque al massimo.

Ha lo stesso sguardo sognante della ragazza al suo fianco, gli occhi azzurri si riempiono di lei ogni volta che ci posa lo sguardo.

Sembra ammirarla in tutto e per tutto e nonostante la distanza, riesco a scorgere anche qualche altra somiglianza.

Non credo ci siano dubbi, ma se così fosse, è una situazione più grande di me.

<<Jo vacci a parlare, fidati>> ripete come se l'ultima parola fosse un invito a farlo ancora.

Non mi fido neanche più di me stesso, figuriamoci se riesco a farlo di un'altra persona.

E questo Nicholas lo sa bene.

Ma nonostante tutto mi resta accanto, come farebbe un fratello, come farebbe il più grande degli amici.

Ma fidarmi mi ha sempre causato grandi danni alla mia autostima.

<<Figurati se si ricorda di me>> esclamo cercando di fargli comprendere che non mi sento a mio agio in questo momento, che voglio andare via e dimenticarmi tutto quanto.

<<Magari ti stupisce>> mi dice poggiando una sua mano sulla mia spalla.

Resto a guardare quel semplice tocco, ma la mia idea di andarmene si fa sempre più nitida nella mia mente.

<<È impossibile che si ricordi Nic, era buio, ci siamo visti a malapena>> tento ancora, ma lui non è della mia stessa idea.

<<È impossibile solo se pensi che lo sia>> esclama infine facendomi capire che quello a sbagliare in questo caso sono io, che se non si ricorda, al massimo me ne torno a casa con la coda tra le gambe e la consapevolezza che il suo è stato un grande aiuto, ma che è finito lì, esattamente come è iniziato.

Senza dirgli niente, annuisco e mi dirigo a passo svelto nella direzione della ragazza.

Prendo un grande respiro, che serve più per incoraggiarmi, che per altro e quando mi trovo a due passi da lei, perdo del tutto le parole. È ancora più bella da questa distanza.

Lei sembra rendersi conto del mio stato apparentemente vegetativo, ma fa finta di nulla, fino a che il mio mutismo non si propaga per un tempo davvero tanto lungo.

<<Ti serve qualcosa?>> mi domanda sventolandomi una mano davanti il viso. Boccheggio, ma continuo a rimanere in silenzio, fino a che un barlume di coraggio non si fa spazio dentro di me.

<<Sei Iris giusto?>> trovo il coraggio di domandarle, il tutto senza balbettare. Sono così fiero di me in questo momento.

La ragazza alza di nuovo lo sguardo su di me e mi squadra da capo a piedi, sicuramente cercando di domandarsi chi io sia, o se mi ha mai visto da qualche parte.

Assottiglia lo sguardo in una linea dura, mordendosi lievemente il labbro come a pensare a quale viso associarmi.

Sposto lo sguardo su Nicholas, che finora era rimasto dove lo avevo lasciato e poi ritorno su di lei.

Sto per arrendermi, vorrei aggiungere tante cose, ma ancora una volta la mia bocca rimane sigillata. Che altro potrei dirle? Quella sera vorrei soltanto dimenticarla.

Scuoto la testa, con un sorriso amaro sulle labbra mentre sussurro un leggero "come immaginavo" e faccio per tornare sui miei passi, quando a un tratto, la sua voce mi riporta tra i comuni mortali.

<<Aspetta, tu sei il tipo del tetto no?>> domanda quasi illuminandosi.

Lo stesso faccio io, felice che si sia ricordata di me, ma al tempo stesso, un po' spaesato per l'appellativo che mi ha dato.

Io ricordo tutto di lei, il suo nome è inciso a chiare lettere nella mia testa, mentre lei a quanto pare non ricorda neanche il mio nome.

La bambina le tira il vestito e le dice qualcosa all'orecchio.

<<È un amico, amore. Vai un attimo da zia Sara? Torno subito da te>> le dice sorridendole e mandandola nella bancarella più vicina, dove ad attenderla c'è una signora di mezza età, che appena la vede, la prende subito in braccio.

Ora siamo soli e il cuore riprende a battermi a una velocità spaventosa.

<<Come stai?>> mi chiede azzerando la distanza che ci separa.

Adesso che è così vicina, riconosco quell'odore di pesca che avevo sentito la sera precedente. Cerco di inalarlo tutto, in modo da portarlo sempre con me.

Avrei voluto risponderle che adesso che la vedevo, stavo molto meglio, ma mi limito a un semplice: <<bene, grazie>>.

La risposta non sembra bastarle, mi scruta e questo mi mette parecchia agitazione.

<<Ti va un caffè?>> mi chiede di punto in bianco.

La guardo cercando di capire se mi sono immaginato la domanda, o se davvero mi ha proposto di andare a bere qualcosa con lei.

Boccheggio in cerca di una risposta adeguata da darle, anche se la mia testa e il cuore gridano entrambi un sonoro "sì".

<<Se non ti va, fa nulla>> esclama abbassando lo sguardo e tornando a piegare le magliette sopra il bancone.

Mi domando perchè mi abbia raccontato che lavorava al ristorante.

Quindi che ci faceva lei sopra al tetto quella sera?

<<Mi va>> esordisco con fin troppa enfasi, infatti anche lei rialza lo sguardo quasi spaventata da cotanta irruenza, ma alla fine sorride.

<<Dammi il tempo di finire qui e poi ci sono>> dichiara indicando la pila di magliette ancora da sistemare <<aspettami al bar Caracciolo, dieci minuti e arrivo>> mi liquida infine con il solito sorriso vero e di cui non farei mai a meno.

La saluto e mi dirigo immediatamente da Nicholas per dargli la notizia.

Sto camminando, ma mi sembra di volare in questo momento.

Salvami da me - HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora