Capitolo 13

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Tabula rasa.

Non ricordo assolutamente niente di quello che è successo nei minuti precedenti, ma quella voce continua a ronzarmi in testa e non sembra avere intenzione di uscire più.

Sono ancora con lo sguardo su Nicholas, che in questo momento sta incendiando con lo sguardo la persona alle mie spalle.

Sembra passata una vita, ma sono convinto che in realtà stia fermo soltanto da cinque secondi, o forse anche meno, non sono più convinto di niente.

<<Che fai, non saluti neanche?>>.

Solo allora trovo il coraggio di voltarmi verso la voce che ha parlato e resto quasi folgorato.

Mi ero dimenticato di quanto bella e stronza potesse essere, ma ancora di più, mi rendo conto che l'effetto non è assolutamente cambiato: mi causa i brividi proprio come anni fa.

<<Cecilia>> sussurro il suo nome incapace di rendermi conto se è un sogno, o se è tutto reale.

In genere nei sogni, quando si subisce un forte stress, non ci si sveglia in automatico? E perchè io non riesco a risvegliarmi da questo incubo a occhi aperti? Che qualcuno mi prenda a schiaffi.

Potrei chiederlo a Nicholas, ma sono ancora troppo sotto shock per formulare una frase di senso compiuto.

<<Come stai?>> trova il coraggio di domandarmi e io ancora una volta rimango in silenzio, so per certo che una volta che il mio stato di smarrimento finirà, proverò talmente tanto rancore e rabbia, da farle maledire il momento in cui ha osato rivolgermi parola dopo tutto questo tempo.

Che poi ero convinto di non doverla rivedere più.

Mi avevano assicurato che era in America e che ci sarebbe stata per parecchi anni ancora, quindi che cosa ci fa qui?

<<Bene>> ingoio il rospo e mi convinco a mettere da parte l'orgoglio almeno per una volta.

Il mio migliore amico non ha ancora proferito parola, ha preferito starsene in silenzio e aspettare il momento adatto per intervenire. Di questo gliene sono grato, ma so badare a me stesso e so quand'è il momento giusto per troncare questa farsa.

Anche se con lei non è mai stato semplice, anzi... tutto il contrario.

<<Sono tornata in città da qualche giorno e ho avuto nostalgia, mi sei venuto in mente tu>> proferisce abbassando gli occhi e spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro.

È sempre stato un gesto capace di farmi dimenticare ogni cosa. Un gesto così innocuo e dolce allo stesso tempo, come una bambina che sa di aver fatto una marachella e che per scusarsi, tenta di far sentire in colpa te, ma quei tempi sono finiti, perciò non mi lascio impietosire dai suoi stratagemmi che, purtroppo, conosco troppo bene e continuo a fissarla in attesa che dica altro.

<<Avrei voglia di parlare un po' con te, è tanto che non ci vediamo e sono tante le cose che non ci siamo detti>>.

Ancora quel gesto, ancora quel sorriso che negli anni ho imparato a detestare con tutto me stesso, ancora quegli occhi che non mi lasciano in pace e che nonostante sia passata quasi una vita, ancora me li sogno di notte.

Cecilia è stata forse la delusione più grande della mia vita, l'unica che ha preso in mano la mia vita e l'ha disintegrata davanti ai miei occhi.

A lei ho dato tutto, non le ho mai fatto mancare niente, le ho perdonato qualsiasi cosa, eppure non ha esitato un secondo a farmi del male nel modo più subdolo che la mente umana è capace di elaborare.

<<Veramente io e Joseph avremmo da fare>> tenta di controbattere Nicholas, ma lo fermo con il solo gesto della mano.

In realtà vorrei proprio sapere cosa l'abbia spinta a ricontattarmi dopo tanto tempo e che cosa vuole ancora dalla mia vita.

Salvami da me - HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora