2- Valentina

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La campanella era già suonata da mezz'ora quando qualcuno mi lanciò un pezzo di carta tra i capelli. "Hey fantasma, cosa voleva da te Matteo?" Era stata Martina Botto a lanciarmelo. Lei era una delle "fan" più accanite di Matteo, quindi era normale che fosse gelosa. Non capivo proprio cosa ci vedessero le altre in lui. Insomma, chi vorrebbe stare con uno che fa l'arrogante tutto il giorno? Ma poi, oltre alla bellezza, cos'ha da offrire? Comunque non mi degnai di rispondere a quella domanda insulsa, ma poi saranno affari miei? La privacy non la conoscono queste? La lezione passò in fretta e ovviamente al cambio d'ora mi trovai Martina di fronte al banco. - ALLORA?CHE COSA TI HA DETTO MATTEO?-Erano solo le 8:55 del mattino e lei mi stava già urlando addosso.-1. ma saranno affari miei? 2. non devi preoccuparti, il tuo principino non te lo tolgo, per carità! Anzi, tienitelo pure!- Dissi innervosita. Ma possibile che facessero tutte 'ste storie per un ragazzo?

 Sarò anche fuori dal mondo, ma almeno non sono fuori di testa così.

 Non mi importava di Matteo, ma quel nomignolo di prima mi aveva fatto sentire qualcosa di strano nel petto. Diciamo che non ero proprio un asso nel capire i sentimenti, quindi non  avevo idea di cosa potessi provare. Nel dubbio decisi di non pensarci più. Dopo la mia risposta Martina se ne andò sibilando uno -Stronza-, ma non ci diedi troppa importanza. La mattina scorse veloce e all'uscita vidi Matteo in un angolino del piazzale, appena si accorse di me alzò lo sguardo e ci fissammo. Il suo sguardo mi stava dicendo tutto e niente. Non capivo, avevo come la sensazione che lui sapesse, ma non avevo la minima idea di cosa. Ruppi lo sguardo per prima e me ne andai sentendo i suoi occhi abissali trapassarmi l'anima. Durante il tragitto per casa mi persi nei sentieri di pensieri che creavo, ma ad un certo punto ebbi la sensazione di essere seguita. Buttai uno sguardo dietro con la coda dell'occhio e scorsi dei piedi. Accelerai il passo e notai che anche chi era dietro di me lo fece. Presa dal panico iniziai a correre come una dannata. Era pieno giorno, ma dove vivevo io era pieno di vicoletti stretti e bui, diciamo non il massimo per una ragazza. Corsi e corsi, corsi così tanto da non sentire più i piedi, ma quello dietro di me non demordeva. Probabilmente era qualcuno di molto atletico, io arrancavo, ed ad un certo punto inciampai.

 Maledette mattonelle!

 Mi alzai alla velocità della luce e continuai a correre, nonostante la caviglia che faceva male. Stavo correndo per la vita, non potevo fermarmi. Ero talmente distratta dalla caviglia che non mi accorsi di essere finita in un vicolo cieco. C'era puzza di spazzatura e ormai non potevo più scappare. Ero talmente affaticata che non avevo la forza di urlare. Quando sentii i passi del maniaco di fronte a me, con un ultimo sprazzo di energia gli tirai un calcio dritto in mezzo alle gambe. Il maniaco gemette dal dolore e si accasciò a terra. Lo vidi in faccia e realizzai che non era un maniaco, era Matteo!

 Oh caz... Era Matteo! Che figura...

- Oh...Scusa...Non avevo capito...Che eri tu...- Dissi ansante. Volevo sotterrarmi. Provai a muovere un passo verso di lui, ma la caviglia mi faceva troppo male. Mentre correvo ero presa dall'adrenalina, quindi non avevo considerato molto il male, ma ora faceva malissimo e mi si era gonfiata la caviglia. Mi sfuggì un lamento. Lui guardò la guardò e si tirò su. - Per una principessa non male, però il calcio non era così doloroso. Piuttosto, la tua caviglia?- Lo guardai in faccia, un po' imbarazzata. - Ehm... Mi fa molto male... Scusami ancora...Ma non ti avevo proprio riconosciuto, pensavo fossi un maniaco, scusa.- Sorrise e mi disse: - Tranquilla, era legittima difesa... Riesci a camminare? Non mi sembra...- Sbuffai.- Ma sì che ce la faccio...AH...Ok, forse no...- Provai a fare un passo ma con scarsi risultati .-Ho capito principessina.- Disse sbuffando e mi prese in braccio. -MA CHE...?Ehmmm...Scusa ma...-  -Shhh- Fece lui, mettendomi un dito sulle labbra. Stavo morendo dall'imbarazzo. Mi portò a casa e io non ribattei. Mi fece aprire la porta e mi mise a sedere sul divano. Gli dissi dov'era il ghiaccio e mentre lo andava a prendere mi tolsi scarpe e calzini. Lui entrò nuovamente in salotto, con il ghiaccio in mano. -Dove sono i tuoi?- Chiese mentre mi alzava la caviglia per metterla su un cuscino. -Non lo so. Non so nemmeno se e quando tornano.- Dissi con amarezza. Non avevo la minima idea di dove fossero, a volte erano a lavoro, altre in qualche locale a divertirsi. Ero io a pulire la casa, ero io a prendermi cura di me stessa, ero io a cucinare e a volte ero io ricordare a loro che avevano una figlia. Può sembrare molto doloroso, ma quando ci si fa l'abitudine, resta solo l'amarezza della solitudine. Tanto io ci stavo bene da sola. - Ma come fai scusa? Chi si prende cura di te?- Chiese come se gli importasse davvero. -Solo io, ma cosa te ne importa? A me va bene così, tanto non posso fare diverso.- Dissi. Lui mi guardò con un misto di curiosità e pena per me.

No, ti prego, non guardarmi così, non farlo, non voglio che le persone si dispiacciano per me.

 Pensai, sentendomi già irritata da lui. -Non osare guardarmi così! Non sono un cucciolo sperduto per una città. Se devi avere pena per me puoi anche andartene.- Dissi, giusto perché la mia voglia di prenderlo a calci in culo era già salita alle stelle. Lui mi sorrise e provò a toccarmi la caviglia. Repressi un grido di dolore. -Dovresti andare a fartela controllare.- Disse risoluto. Non se ne parlava. Avevo bisogno di un genitore per andare in ospedale e figurarsi se mia mamma si sarebbe degnata di venirci con me. Avevo compiuto diciott'anni, ma non mi avrebbero comunque fatta entrare.- No, un po' di ghiaccio e passa tutto. Non mi sono fatta nulla, è solo una storta, tra poco passa.- Dissi sicura. In fondo era vero: mi ero già slogata la caviglia in passato e questo male era niente in confronto a una slogatura. -Basta che guarisci in fretta, principessina. Stasera ti aspetto al Tokyo. Sai dov'è?- Annuii. -Mi raccomando, fatti carina- In quel momento ripresi coscienza di me stessa e mi opposi.- Io non ho mai accettato di venire con te!- Lui mi guardò beffardo e mi rispose:- Infatti non era una richiesta, era un ordine, principessina!- Quanto rimpiangevo di non potermi muovere! Gli avrei tirato volentieri un altro calcio tra le gambe. Andò verso la porta di casa e mi disse:- Sappi che se non ti presenti di tua  volontà ti verrò a prendere io.- E se ne andò prima che potessi colpirlo con un cuscino. Ancora non capivo il perché di tante cose che aveva fatto, ma mi sentivo strana. Mentre mi perdevo nei miei pensieri scivolai nel sonno, vedendo i suoi occhi bellissimi ancora nei miei. 

Spazio autrice:

Siccome oggi è la prima volta che pubblico ecco anche il secondo capitolo! Non abituatevi eh! Spero che la storia vi stia piacendo, lasciate un commento e votate per farmelo sapere! Baci<3

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