7- Matteo

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Ero appena tornato da casa di Valentina. 

Sbaglio o mi aveva snobbato, a cena? 

Sapevo che avrebbe voluto parlare di più, ma era come se avesse pensato che non potessi capire solo perché la mia vita era andata un po' meglio della sua. Mi sentivo leggermente offeso. Però ero fiero del fatto che si fosse leggermente aperta a me. Lo sapevo che c'era altro sotto ciò che mi aveva detto, ma avevo deciso di non approfondire, per lasciarle i suoi spazi e i suoi tempi. Probabilmente lei sapeva molto su di me, visto che essendo popolare, la mia vita era ormai di dominio pubblico. Oltre alle domande fatte a cena, avevo provato a farla sorridere un po' per tutto il pomeriggio, ma senza successo.

 E' davvero impossibile! Ma almeno lo sa fare? Un attimo... Ma perché mi importa se sorride o no? Tanto devo solo lavorare con lei e poi addio. E' solo questo che voglio, giusto?

 Iniziavo a dubitare di me stesso. Sentimenti a parte, avevamo fatto una grande scoperta. Avevamo trovato quello strano quadernino, antico e ben conservato. Valentina mi aveva chiesto se il nonno mi avesse dato un quadernino, come il suo, ma non mi ricordavo. Lo cercai tutta la sera, ma non trovai nulla. Ad un certo punto scesi in salotto, dove mia madre stava leggendo una rivista con una tazza di tè. - Ciao mamma.- Dissi sedendomi sul divano. - Hey.- Disse lei, posando la rivista e rivolgendomi uno dei  sorrisi che riservava solo al suo bimbo. - Ti ricordi se il nonno mi avesse dato un quadernino, insieme alla collana?- Le chiesi. -Mmmhhh... Non mi pare. No, no, nessun quadernino. Perché?- Chiese accigliata. - Così, per curiosità- Dissi. Non volevo dirle nulla. Quindi, io non possedevo nessun quadernino o diario. Allora avremmo dovuto concentrarci solo sul diario di Anna. Salii in camera mia e presi il telefono. Scorsi tra i contatti e trovai "Principessina". L'avevo segnata così per non sbagliarmi. Cliccai sull'icona della chiamata e misi il telefono vicino all'orecchio. - Pronto? Coso?- Disse lei. - Principessina, scusa l'ora, ma volevo avvisarti che io non ho ricevuto nessun quadernino.- La sentii sbadigliare dall'altra parte. Mi sentii in colpa per averla svegliata. Avevo notato le sue occhiaie, probabilmente faticava a dormire e io l'avevo svegliata proprio quando si era addormentata. - Oh, ok. Non importa. a domani, Coso.- Disse e mi chiuse il telefono in faccia. Ok, l'avevo fatta innervosire.

 Punto uno: non chiamarla dopo le dieci di sera. 

Dopo di che, mi misi in pigiama e mi stesi sul letto. Provai a dormire, ma in testa mi continuavano a ronzare le sue parole. Continuavano a comparirmi i suoi occhi verde smeraldo, che ormai erano sbiaditi dall'indifferenza e la solitudine, ma che brillavano leggermente quando venivo a casa sua o mi sorprendeva a guardarla. Continuavo a vedere le sue labbra carnose e rosate davanti agli occhi. Decisi di cercare di distrarmi mettendo un po' di musica, ma ovviamente, tra la riproduzione casuale venne fuori People you know di Selena Gomez. Pensai immediatamente a lei. Mi diressi al piano e iniziai suonare le prime melodie che mi vennero in mente. Erano tutte per lei. La melodia che mi ricordava la sua voce, la melodia che mi ricordava della sua solitudine, la melodia che mi ricordava il suo buio. Facevo così, quando non riuscivo a togliermi qualcosa dalla testa: suonavo e suonavo fino allo sfinimento. Mi aiutava a liberare la mente, a esprimere ciò che non sapevo dire. Quando ebbi finito, mi misi nel letto e chiusi gli occhi. Vidi ancora quegli smeraldi. Non riuscivo ad estirparli dalla mia mente.

  Forse non riesci a farlo, perché non vuoi farlo.

 Disse la voce della mia coscienza. Forse aveva ragione, ma non le diedi ascolto e mi misi a dormire.

Una spiaggia mi circondava. Il mare era mosso, le nuvole erano grigie e c'era aria di tempesta. Un po' più in là, una ragazza dalla chioma svolazzante mi dava le spalle. Provai a raggiungerla, ma non potevo muovermi. La ragazza iniziò a singhiozzare e un fulmine colpì il mare. Un pianto sempre più disperato si propagò nell'aria. La ragazza si inginocchiò, schiacciata dal peso del dolore e delle urla disumane vennero lanciate in aria. La disperazione di quelle grida era talmente potente da farmi sentire schiacciato a terra. La ragazza si stava accartocciando su se stessa, senza smettere di straziarsi. La tempesta infuriava su di noi, il vento le stava scompigliando i capelli. Fu allora che li vidi, i suoi bellissimi occhi verdi torturati da una pena orribile, una pena che vive nelle radici della sua anima. Un ultimo urlo, più potente degli altri fu scagliato in aria e tutto finì con un fulmine.

Mi svegliai di soprassalto, tutto sudato. Era come se nel sogno fossi riuscito a vedere il male l'affliggeva,  che le impediva di vivere con leggerezza, che le faceva così male da farla disperare. Sperai di essermi sbagliato.

Spazio Autrice:

Ed eccoci qui! Chissà cosa accadrà nel prossimo capitolo... Lo scoprirete mercoledì! Se vi è piaciuto commentate e mettete una stellina🤍

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