22- Valentina

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-Non ci posso credere! Ti ha lanciato una busta di soldi?- Esclamò Jess inorridita. -Eh già...-  -E ti ha accusata di voler usare il tuo ragazzo?- Disse ancora più indignata. -Sì. E gli ho fatto un culo come una capanna. Dopo averlo imbottito gli ho pure detto: "la prossima volta che mi manca di rispetto in questo modo i soldi glieli faccio ingoiare, così può dire che le escono davvero dal culo"- Dico. -Brava la mia ragazza!- Disse battendomi il cinque. -E ho intenzione di fare così ogni santa volta che proverà a corrompermi. Anzi, vorrei tornare lì proprio oggi e fargli vedere quanto amo suo figlio.- Dissi determinata. -A proposito, ora che le cose si sono fatte serie... Chi è il tuo misterioso amore?- Mi domandò. -E'... Matteo Parodi.- Dissi un po' esitante. -Matteo Parodi? Cazzo che botta di culo! Qui le cose sono due: o sei una che ci sa fare o sei una maga.- Risi. -Ma smettila! E' lui che ha stregato me...- Dissi. -Come vorrei essere innamorata, insomma, il tuo sguardo è di puro amore!- Disse buttandosi all'indietro sul mio letto. -Davvero?- Chiesi arrossendo. -Oh, cara, potessi vederlo... Sembri sotto effetto di stupefacenti!- Risi per il bizzarro paragone. -Interessante scelta di parole Jess...-  -Guarda che io non scherzo! Ho visto gente con uno sguardo così solo sotto effetto di droga! Sei sicura di non esserti fumata qualcosa?- Disse. -Sicura al cento per cento, tesoro.- Continuammo a chiacchierare allegramente, mangiando un cornetto e bevendo del tè freddo, finché il mio telefono non squillò. -Oddio, non scherzavi! "Matteo cuoricino rosso" ti sta chiamando!- Disse la mia amica leggendo il display del cellulare. -Me lo passi per favore?- Le chiesi. -Tieni!- Disse lei sorridendo. Misi il vivavoce -Pronto?- -Piccola! Come stai?- -Bene amore, dimmi.- Risposi. -Ti va di venire da me? Ti porto in giardino, ho una sorpresa per te!- Sorrisi. -Ma certo! Lo sai che amo le sorprese! Mi vieni a prendere?- -Sì, ma certo! Arrivo! Vestiti fresca, farà caldo.- Mi disse. -Ok, mi preparo. Ciao!- Chiusi la chiamata entusiasta. -Piccola?! Amore?! Dio! Sto per svenire.- Disse Jess fingendo un malore. Risi. -Smettila! Piuttosto aiutami a scegliere i vestiti!- Dissi. Lei annuì e venne vicino al mio armadio. Mi fece spostare e si mise, mani sui fianchi, a studiare i miei abiti. -Ecco! Un vestitino rosa e un cappello di paglia con un nastro bianco! Ottimo! Provalo... Ce li hai dei sandalini?- Disse lanciandomi il vestito e andando subito alla ricerca dei sandali. Provai l'abito che cadeva morbido sui fianchi, con una scollatura a balcone, le spalline che sembravano delle nuvolette e la gonna fin sotto il ginocchio. Rimasi incantata dal mio aspetto. Perché non mi ero mai vestita così? Jess tornò con un paio di sandalini bianchi, mi osservò e sorrise. -Ti sistemo un po'.- Mi disse. Sciolse i capelli che avevo raccolto in una crocchia anti-caldo e li fece ricadere morbidi i tutta la loro lunghezza sulla mia schiena. Ci passò le dita in mezzo per sistemarli e poi mi mise il cappello in paglia sul capo. Sembravo una di quelle ragazze uscite da Pinterest. Mi misi la crema solare, un po' di profumo e misi i sandali. Ero proprio carina. -Sei bellissima! A Matteo verrà un colpo!- Disse. L'abbracciai. -Vado a farmi i film mentali su Shawn Mendens, ti saluto.- Mi disse scendendo le scale. La accompagnai fino alla porta e la salutai. La mia migliore amica. La luce calda del tardo pomeriggio mi accarezzò la pelle lattea come una carezza. Una piccola folata di vento mi mosse i capelli, rivolsi lo sguardo al cielo, ammirando le nuvole che passeggiavano pigre su quella distesa azzurra. Avrei tanto voluto poter camminare sopra a quei batuffoli bianchi, sentirmi libera di correre nel vento... Una voce mi destò dai miei pensieri. -A cosa pensi?- Sorrisi. Matteo. -A quanto vorrei toccare le nuvole.- Risposi con semplicità, continuando ad osservare il cielo immacolato. -Un giorno ti porterò su una nuvola, così potrai toccarla e sederti sopra di essa. - Mi rispose. Portai lo sguardo su di lui. La luce aveva baciato anche lui: la sua pelle ambrata brillava sotto i caldi raggi del sole, la sua camicia bianca era un perfetto contrasto con i suoi capelli neri come la notte, ma i suoi occhi... Cavolo, quegli occhi sembravano delle gocce d'acqua, con dei riflessi da paura. Sembravano delle onde. Mi avvicinai a lui e feci combaciare le nostre labbra. Picchiettai con la lingua sulle sue labbra che mi diedero l'accesso, iniziando una danza senza fretta. Mi piaceva paragonare i baci ai balli: c'erano i lenti, quelli romantici e dolci, poi c'erano quelli dance, quelli folli, scatenati, veloci, successivamente la toccata e fuga, ovvero il semplice bacio a stampo e poi, quelli a cui non sapevo dare un nome, ovvero quelli che erano uno strano mix di tutti, che ti spedivano direttamente in cielo. Mi staccai lentamente da lui  e gli sorrisi. -Andiamo?- Lui annuì, prendendomi per la vita e portandomi alla macchina. Mi aprì lo sportello e io entrai. Mi allacciai la cintura, lui salì, mise in moto e partimmo. Il viaggio si svolse in silenzio, per non infrangere quella bolla magica che si era creata poco prima. Parcheggiò nel vialetto di casa sua e scendemmo dall'auto. Mi prese per mano e mi portò verso una stradina ciottolata. Iniziammo a seguire quel sentiero, mentre ammiravo la bellezza di quel giardino curato e tenuto come un gioiellino. C'erano fiori di tutti i tipi, erano coloratissimi ed emanavano un profumo bellissimo. Ad un certo punto ci fermammo davanti ad una siepe con un ingresso. -Che cos'é?- chiesi. -Un piccolo labirinto. La sorpresa si trova al centro, quindi ora dovrai cercarla. Ovviamente ti accompagno, anche se so la strada.- Disse. Sorrisi e, sempre mano nella mano, entrammo nel labirinto. Dovevo guidare io, che di orientamento ne avevo poco e quando c'erano dei posti che si assomigliavano tra loro nella stessa città mi perdevo. Be', si può dedurre che non sia stata poi così veloce nel trovare la strada, ma dopo un po' di vicoli ciechi ero riuscita a trovare il centro. Proprio nel mezzo c'era un albero massiccio e ad uno dei rami era legata un'altalena in legno. Vicino, un tavolo da pic-nic era stato imbandito con cura. Sorrisi ancora di più. -Matteo... Mio dio quanto ti amo!- Dissi buttandogli le braccia al collo. Lo baciai e lui mi sollevò de terra e mi prese in braccio. Risi sulle sue labbra. Mi portò verso l'altalena e mi ci fece sedere sopra. Una volta accertato che fossi seduta bene, si mise alle mie spalle e iniziò a spingermi. Risi ancora, mentre mi aggrappavo alle corde per non cadere. Lui iniziò aggiungere più forza e ad un certo punto riuscii a toccare le foglie dell'albero che avevo capito essere una quercia. Aspetta... Una quercia? Come duecento anni fa... -Matteo, ci hai fatto caso che questa è una quercia come quella che avevamo inciso?- -Certo che ci ho fatto caso, amore.- Mi rispose. -Adesso ti faccio vedere un'altra cosa.- Mi fece rallentare e scesi dall'altalena. Mi prese nuovamente per mano e mi fece fare il giro della quercia. Prese un coltellino e me lo porse. -Rifaremo la nostra incisione, ti va?- Mi chiese. -Ma certo!- Presi dalla sua mano lo strumento e iniziai a scrivere il mio nome sforzandomi di usare una bella calligrafia. Lui scrisse a sua volta il proprio nome e sotto ci incidemmo un infinito. Una volta finito di incidere, mise il coltellino nella sua confezione e se lo mise in tasca. Mi prese in braccio come se ci fossimo sposati e mi portò dal tavolo da pic-nic. Mi mise giù e ci sedemmo al tavolo. Aprì il classico cesto per queste occasioni e tirò fuori una crostata alla marmellata alle fragole, del succo di mela, delle posate, dei bicchieri e dei tovaglioli. Mi passai la lingua sulle labbra e presi un fazzoletto, una forchetta e un coltello. Matteo mise la crostata al centro del tavolo e iniziò a tagliarla. Mi diede la prima fetta e io iniziai subito a mangiarla. Era buonissima: la pastafrolla si scioglieva in bocca, la marmellata era dolcissima e il sapore di fragola si sentiva bene. Emisi un verso di piacere e chiusi gli occhi. -Se una crostata ti fa gemere, chissà cosa cosa faresti con me...- Disse malizioso. -Lo scoprirai presto, amore.- Gli risposi provocante. -Attenta a come parli signorina.- Disse. -Sennò che succede?-  -Lo scoprirai preso.- Mi disse, ripagandomi con la mia stessa moneta. -Comunque questa crostata è buonissima.- Lui sorrise.-Be', lo spero, visto che l'ho fatta io.- Disse fiero. -E io che credevo che sapessi fare solo la pasta. Sei pieno di sorprese!- Sorrise ancora di più. Finimmo di mangiare chiacchierando tranquillamente, sorseggiando un po' di succo. Non ci rendemmo conto che si era fatto tardi finché il brontolio del mio stomaco non si fece sentire per l'ora di cena. Matteo mi propose di restare a mangiare d lui e io accettai. Entrammo in casa e l'odorino di cibo che veniva dalla cucina fece brontolare anche il suo stomaco. Andammo nella stanza interessata e scoprimmo che era stato preparato l'arrosto. La mamma di Matteo fece il suo ingresso. -Ciao Valentina! Che piacere!- Mi salutò calorosa. -Ciao!- Risposi con entusiasmo. -Ti fermi a mangiare? L'arrosto di Pina, la nostra cuoca, è fantastico!- Mi disse. -Sì, mi fermo.- -Mamma, possiamo mangiare qui? Vorrei avere un po' di privacy.- Chiese Matteo. -Va bene tesoro. Valentina, mi scuso ancora per mio marito, è una persona dal carattere difficile.- Mi disse leggermente in imbarazzo. -Non importa, stai tranquilla.- La rincuorai. Sorrise. -Allora buon appetito ragazzi.-  -Altrettanto, grazie.-  Risposi. Dopo averci rivolto un ultimo sorriso se ne andò. Matteo andò a prendere posate e piatti e io recuperai un coltello abbastanza affilato e iniziai a tagliare la carne, aiutandomi con la mia forchetta. Misi le porzioni nei piatti e ci sedemmo. Tagliai il primo boccone e constatai che era davvero buono: la carne era morbidissima e il sughetto era fantastico. -La tua cuoca ha le mani divine! E' troppo buono questo arrosto.- Dissi in estasi. Avevo letto da qualche parte che quando un cibo ci piace particolarmente è grazie alla dopamina, una sostanza che produce il nostro cervello, che ci da un senso di appagamento quando mangiamo qualcosa che contiene una certa dose di proteine e carboidrati, per spingerci a mangiarne di più. E' un meccanismo sviluppato durante l'età della pietra, che serviva a far capire agli uomini quali erano i cibi giusti per sopravvivere.

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