Era tutto buio, non vedevo nulla. Sentivo di trovarmi in acqua. C'era qualcosa vicino a me, lo sentivo. Percepivo che c'era qualcosa di grosso che stava per succedere, però era come se non riuscissi a capire cosa, come se mi mancassero delle informazioni, come se non sapessi qualcosa di importante. Un piccolo raggio di sole stava lentamente illuminando tutto. Ora riuscivo a distinguere il corpo di un ragazzo, un corpo atletico e ben scolpito. Il volto da angelo era incorniciato dai capelli neri come la pece. I lineamenti del volto erano perfetti, marcati ma delicati allo stesso tempo. Aveva gli occhi chiusi, ma quando li aprì, vidi dentro di essi il mare, come se facessero parte di ciò che ci circondava. Matteo era splendido. Sembrava un dio appena caduto dall'Olimpo.
Mi svegliai dolcemente, con ancora quel sogno incastrato nelle palpebre. Erano le 18:30, quindi mi iniziai a preparare. Non sapevo esattamente perché alla fine ci stessi andando per davvero, ma avevo la sensazione che fosse giusto andarci.
Mi diedi una lavata e iniziai a pensare a cosa mettere. Non mi dispiaceva l'idea di indossare giusto un paio di pantaloni sportivi e la felpa, ma poi mi ricordai che io non esco mai con un ragazzo e che non fosse il caso di vestirmi male l'unica volta nella mia vita.
Trovai un top nero a fascia con i dettagli argentati che misi senza indugiare e come pantaloni misi i miei cargo neri con la catenina. Misi un po' di mascara sulle ciglia, un po' di eyeliner giusto per definire il mio sguardo e un lucidalabbra alla ciliegia sulle mie labbra carnose che erano sempre screpolate. Misi anche qualche gioiello, per arricchire la mia esile figura: degli anelli semplici su alcune dita, i miei orecchini ad anello argentati e tenni addosso la mia solita catenina.
Mi fermai ad osservare quest'ultima: era una specie di moneta spaccata a metà. Dove fosse la parte corrispondente non ne avevo idea. Questa collanina me l'aveva regalata mia nonna sul letto di morte, facendomi promettere che non l'avrei mai tolta.
Be', in effetti, non l'ho mai fatto.
Una volta acconciati anche i capelli uscii di casa. Niente borsa, con i cargo potevo tenere tutto nelle tasche. Mi diressi verso il Tokyo, un ristorante di cibo orientale. Durante il tragitto, ricevetti una chiamata da un numero sconosciuto. Risposi e riconobbi immediatamente chi c'era all'altro capo del telefono.- Principessina! Come sta la tua caviglia?- Chiese con tono squillante. -Bene, grazie. Mi dici dove hai preso il mio numero di telefono?-
Giuro che stavolta lo ammazzo.
-Non lo vuoi sapere. Comunque...Ci vieni all'uscita?- Chiese. -Sì, sono per strada.- Dissi sbuffando.- Ottimo, allora a tra poco!- E mi chiuse il telefono in faccia. Mi scappò un sorrisetto che mi obbligai a cancellare. Andai nell'elenco delle telefonate e cliccai sul suo numero. Salvai il contatto con "Matteo" e poi rimisi il telefono in tasca.
Dopo un po' di strada arrivai di fronte al Tokyo e lui mi stava già aspettando. Aveva una semplice maglia bianca e dei semplici jeans un po' larghi, ma era bellissimo. Appena mi vide fece un sorriso da far svenire dieci ragazze e ricambiai alzando leggermente gli angoli della mie labbra. -Hey, principessina, vedo che cammini bene.- disse premuroso. Mi avvicinai e gli risposi.- A quanto pare. Su, entriamo che ho una fame da lupi e fidati che non vuoi sapere come divento quando sono affamata.- Entrammo all'interno del locale, che era allestito come un tipico ristorante orientale. Ci sedemmo e ci portarono il menù.
Mentre analizzavo i piatti proposti, lanciai delle occhiate a Matteo, che stava in realtà fingendo di leggere il menù e continuava ad osservarmi con un volto serio.
Non siamo qui per dire sciocchezze. Glielo si legge in faccia.
Spazio autrice:
Ecco il terzo capitolo, spero che la storia vi stia piacendo, come al solito vi chiedo di votare e lasciare un commento. Da oggi una novità: i prossimi capitoli saranno pubblicati solo di mercoledì! A presto<3
[revisionato. PS: so che è corto, ma anche con la revisione certe cose non si possono sistemare]
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Il Filo del Destino
ChickLit" Amavo i paesaggi invernali perché all'apparenza, sembra tutto morto, ma in realtà sta aspettando di sbocciare, sta aspettando la primavera. Amavo quei paesaggi perché mi rispecchiavano: stavo aspettando la mia primavera, ma sembravo morta. " Valen...