3 † Haverock: la città-specchio †

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«Il portale?!» chiese Harvey disorientato.

«N'Uovo! L'opera di Prasto! Quell'enorme cerchio un po' schiacciato che in realtà rappresenta un uovo! Si trova nella radura» rispose Ellen entusiasta, già diretta nel cuore del bosco. «Ma come fai a non conoscerla?» borbottò. «La sua simbologia è importantissima.»

«Ehi, aspetta! Fermati!» Ellen continuò a camminare imperterrita alla ricerca del suo ritorno a casa.

Harvey con un movimento silenzioso e quasi invisibile le si palesò di fronte. «Dove stai andando?»

«Ma come hai fatto?! Un secondo fa eri laggiù vicino alla roccia!» si fermò incredula.

«Prima di cercare questa misteriosa scultura forse dovremmo fare una sosta, non credi?!» La prese per mano trascinandola con sé verso il sentiero.

Ellen lo seguì completamente assorta. Le loro dita intrecciate emanavano affabili energie ma lui sembrava non accorgersene. Si soffermò ad esaminare dei dettagli sul suo braccio, punteggiato da fini peli corvini che nascondevano piccole cicatrici d'argento, lasciandosi guidare nella natura verso il vialetto lastricato che ora riusciva a scorgere chiaramente.

La sua pelle era calda e diafana, morbida e delicata ma allo stesso tempo forte e indistruttibile che solo un essere divino poteva possedere.

Ellen non riusciva a smettere di fantasticare sulla vera natura di Harvey, bastava che lui la sfiorasse per risvegliare in lei tutti i suoi sensi e il caldo profumo del respiro sulla sua pelle amplificava ogni percezione come se condividessero la stessa energia.

Mentre continuava a viaggiare con la mente, non si era resa conto che aveva iniziato ad accarezzare la mano di Harvey col polpastrello. Smise subito, imbarazzata, sperando che lui non se ne fosse accorto e notò per la prima volta il suo vero aspetto: indossava una camicia bianco perlato di un tessuto simile al lino, con pantaloni aderenti lacerati da un lato ed un bellissimo bracciale con una pietra blu.

Al primo impatto ad Ellen le era sembrato impeccabile, solo adesso li notò. Dove i suoi vestiti erano strappati c'erano graffi e coaguli di sangue scuro.

«Cosa sono quelle ferite?» gli domandò.

Harvey si voltò a guardarla e la irradiò con un luminoso sorriso. «Siamo arrivati, ecco la città!»

Troppo concentrata a scrutarlo, Ellen non si era resa conto di camminare su un sentiero circondato da bellissime case in stile medievale, intatte, che, anche se antiche, parevano perfette come se la loro bellezza fosse stata cristallizzata da qualcosa di mistico.

«Ti piace la città? Fu costruita all'epoca dei miei antenati alla metà del XIII secolo. Si narra che una antica maledizione le impedisca di cambiare aspetto: qui tutto rimane invariato.»

Infatti ad Ellen sembrava una città appena costruita, nel pieno della sua bellezza, senza imperfezioni.

Non c'era casa che fosse scolorita o tetti sgretolati; nessuna finestra che non si chiudesse alla perfezione, nessun scalino, portico, tegolo fuori posto... una città senza tempo. Un luogo che solo a pensarci metteva i brividi; com'era possibile che nulla fosse cambiato?

La prima cosa che Ellen aveva imparato era proprio il fatto che niente rimane uguale a se stesso. Tutto, anche se in maniera impercettibile, cambia con le diverse esperienze. Gli amici, i pensieri, i gusti, le passioni.

Ora cosa le era rimasto? Le uniche persone a lei care erano suo padre e Oliver. E gli amici? Quelli erano spariti senza motivo. Ma Ellen era forte, era lei la sua metà perfetta alla quale potersi sempre aggrappare.

«Benvenuta ad Haverock!» esclamò Harvey in una vellutata melodia.

«Quindi è questa la famosa Haverock!» Ellen ebbe il forte presentimento che quell'immutabile paesaggio nascondesse qualcosa. «Tu dove abiti?» gli domandò.

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