Capitolo 19

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Holden

"Non ti devi avvicinare a lei, lasciala in pace. Ti tolleravo perché pensavo ci tenessi, ma cazzo già è la seconda volta che la fai stare così"

Le parole di Mida continuavano a girarmi in testa. Avevo combinato un casino e lo sapevo, anche se gli avevo detto di farsi gli affari suoi. Cercava di proteggerla e questo lo apprezzavo, ma non avrebbe dovuto proteggerla da me. Non volevo farle del male, anche se l'avevo fatto con quella cazzata.

Non sarebbe dovuto succedere. Me lo ero ripetuto tantissime volte, perdendoci anche il sonno. Mi chiudevo tutto il giorno in studio, registravo, montavo i pezzi, li sistemavo solo per non pensare ad altro. Per non pensare a lei, immobile, dentro lo sala di registrazione, a guardarmi mentre io scappavo. Come un codardo.

Perché ci sono certe cose che non posso gestire, non in questo momento. Non posso starle accanto come vorrebbe lei, pur volendolo anche io. Non posso dirle che andrà tutto bene, perché non lo so nemmeno io.

Glielo avevo detto, qualche giorno dopo. Era seduta in cucina, una tazza di latte in mano e i biscotti accanto. Era completamente sola quando sono entrato, lo sguardo perso nel vuoto e un biscotto in mano a mezz'aria. Non parlavamo da tre giorni, da quanto era successo. Mida mi aveva già minacciato di starle lontano, il giorno dopo, quando l'aveva vista rientrare a casa piangendo, gli occhi rossi e gonfi e lei si era rintanata tra le sue braccia, spiegandogli tutto alla fine. Lui mi aveva aspettato, fino a mezzanotte, quando ero rientrato in casetta. Lo avevo trovato fuori in veranda, lo sguardo più serio del solito e le braccia conserte.

"Stalle lontano, non ha bisogno di questo, adesso"

Ma non potevo farlo, dovevo darle una spiegazione. Quindi mi sono seduto accanto a lei. Non si è voltata a guardarmi, ha continuato a tenere lo sguardo fisso in avanti.

"Mi dispiace, non avrei dovuto trattarti così. Ora non posso farlo, non me la sento. Per favore, ti chiedo solo di capirmi" La mia era una supplica, un voler essere perdonato. Ma lei, in tutta la sua compostezza, aveva mormorato un "Okay" ed era andata via. La tazza piena di latte ancora sul tavolo.

Non parlavamo più. Erano pochi i momenti che passavo in casetta, ma erano quelli che facevano più male. Ogni sera andavo nel giardino sul retro, sperando di trovarla lì. Ma non c'era mai. Non era mai nel mio stesso posto.

Avevo passato la puntata successiva a guardarla da lontano, nella tuta rossa che sembrava essere stata cucita sul suo corpo, mentre girava per lo studio accompagnata dai ballerini. Faceva brillare il palco e tutti se ne stavano accorgendo.

Era agitata, prima di iniziare la registrazione. Continuava a tamburellare le dita sul tavolo su cui era appoggiata. Mi ero avvicinato, sotto lo sguardo attento di Mida, pronto a sferrare un pugno se solo avessi detto qualcosa di sbagliato, e le avevo chiesto cosa avesse, se andasse tutto bene. Anche stavolta non mi aveva guardato, non lo faceva più. Aveva solo scosso la testa e io le avevo detto di non preoccuparsi.

Era uscita Sofia alla fine. E lei era rimasta molto male. Era una di quelle con cui aveva legato di più. Lei, Marisol e Sofia erano ormai un trio stabile in casetta. Anche io avevo legato con la ballerina. Impossibile non farlo. Mi chiamava Pippi, ancora non so il perché ed era una delle persone che portava più allegria in casa. Non era raro trovarla a ballare per casa anche senza musica, divertendosi anche da sola. Ma ormai mancavano due puntate alla finale e tutti saremmo dovuti andare via, chi prima e chi dopo.

......

I Zerbi-Cele eravamo tutti seduti in veranda. Gli altri erano già a letto, stranamente. Dustin e Mari stavano discutendo di qualche coreografia che avrebbe dovuto preparare lei. Aveva male al ginocchio ma non lo dimostrava, tutto sembrava venirle bene.

Ossidiana \\  HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora