Capitolo 3

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Sarah

"Gio non ce la faccio più, ho bisogno di aria" Mi scosto dalla presa del ballerino di latino, che mi ha fatto volteggiare per il salone di Martina come se fossi una trottola. Avevamo iniziato a ballare una bachata, dopo non so a che altro ballo siamo passati.

Sono brilla, non ubriaca. Questo è quello che cerco di dire agli altri, anche se il mio equilibrio mi tradisce ogni volta. Purtroppo non reggo molto bene l'alcol, ma questa volta posso dire di non essere andata molto oltre. Anche se tre shottini di tequila hanno fatto il loro effetto.

Mi dirigo verso l'esterno per prendere una boccata d'aria.

"Dove vai Saretta?" Mi blocca Mida che si trova vicino alla porta, una mano sul fianco di Gaia. Gli faccio cenno con la testa verso fuori.

"Mettiti una giacca almeno che fa freddo" La ballerina mi porge la prima giacca che trova a portata di mano. Esattamente quella che mi aveva dato Holden e che io avevo abbandonato sulla poltrona non appena rientrata a casa.

Le sorrido ed esco fuori. Non sento più tanto freddo come prima, anche se la giacca mi dà un piacevole senso di calore. Il profumo che emana è rilassante e non posso fare altro che portarmi il colletto al naso, per respirarlo ancora di più.

Che stai facendo, Sarah? 

La voce nella mia testa mi risveglia. Imbarazzata da me stessa metto le mani nelle tasche per riscaldarle e faccio un giro attorno alla casa, arrivando davanti alla piscina, coperta visto che è inverno. Mi siedo su una sdraio che trovo lì accanto e tiro fuori il cellulare dalla giacca.

È notte e sono anche un poco brilla, quale miglior momento per scrivere?

Apro le note e rileggo le righe che ho scritto mentre ero sul treno.

Succede quando mi guardi

Con quella faccia da schiaffi

Che mi spieghi le ali

E con quei fogli bianchi

Fai degli origami

Perché siamo pazzi

Succede quando mi baci

Che facciamo dei danni

E ci incastriamo perfetti

Come gli ingranaggi

Le altre parole mi escono di slancio, senza pensarci troppo. Scrivo altre frasi, alcune le cancello non del tutto convinta, altre le sistemo. Non so nemmeno a cosa sto pensando mentre scrivo. A volte scrivo ciò che mi capita, altre mi ritrovo a scrivere di miei film mentali e di cose che vedo nelle serie tv. Qualche anno fa avevo persino scritto una canzone su Chuck e Blair di Gossip girl. Devo dire che non era male, per quel che ricordi.

"Vedo che la giacca te piace abbastanza" Sobbalzo, alzando gli occhi dal telefono e trovando davanti a me Holden. Ero talmente presa dallo scrivere che non l'ho sentito arrivare. "Mi hai spaventata" Il tono un po' più alto del solito, dovuto un poco alla tequila, un poco alla sua presenza che oggi mi ha già scombussolato molto. È da tutto il giorno, da quando Martina ha fatto quelle battute, che continuo a pensarci. A pensare a lui, a tutta la situazione in casetta, al rapporto che man mano stiamo stringendo, al modo che ha di capirmi.

È stato l'unico che dopo l'uscita di Holy, il quale, dopo il periodo di frequentazione che avevamo avuto all'interno del programma, non mi aveva nemmeno salutato decentemente, non aveva continuato a chiedere come stessi e se avessi bisogno di qualcosa come tutti gli altri, ma si era seduto accanto a me, nel giardino sul retro, e aveva iniziato a raccontarmi dei suoi gatti, Aria e Latte, e di come gli mancassero. Non so perché l'avesse fatto, ma quella cosa mi aveva distratta abbastanza da non pensare più al modo in cui mi aveva trattata il rosso.

"Me ne so' accorto" Ridacchia e si siede accanto a me, accendendosi una sigaretta. Non mi guarda, lo sguardo fisso rivolto verso la piscina.

"Non me ne offri una?" È più una domanda provocatoria che una richiesta vera e propria. In realtà non ho mai fumato e non voglio iniziare ora. Gliel'ho chiesto sapendo già cosa mi dirà, perché la stessa domanda gliel'avevo fatta una volta in casetta, quando ne aveva offerta una a Mida e Ayle, che erano fuori con noi, e a me no.

"No, sei troppo piccola e fa male" Mi prende in giro, allontanando il pacchetto che stavo per afferrare. Ma io ho la risposta pronta, sempre.

"Allora se io non posso fumare perché fa male - faccio le virgolette con le dita mentre lo dico - neanche tu fumi, per solidarietà e per salvarti i polmoni" Lo guardo fisso, finchè non si gira a guardarmi anche lui. Scuote la testa e sorride - di nuovo quel sorriso che mi disorienta per qualche secondo.

Poi, inaspettatamente, alza le mani in segno di resa e spegne la sigaretta per terra. "Come dici tu, Sarè"

Restiamo in silenzio, io non ho voglia di parlare e forse anche lui. Ma non è un silenzio imbarazzante, di quello durante il quale sai che devi dire qualcosa ma non sai cosa. È naturale, non abbiamo bisogno di dire niente, siamo solo qui a goderci il rumore delle foglie degli alberi.

Dopo un poco però prendo il cellulare e glielo porgo.

"Volevi leggere quello che ho scritto, no?" L'app delle note è aperta, il testo della canzone che sta prendendo forma è tutto lì.

Mi guarda confuso, poi prende il telefono dalle mie mani e capisce. Legge attentamente, non tralasciando nemmeno un rigo. Una, due volte. Poi mi guarda e dice: "Mi piace, sa di te".

Finisce la frase ma a me sa come lasciata metà, perché non riesco a capire se c'è qualcosa in più. I miei occhi sono sui suoi quando gli chiedo: "E cosa sa di me?"

Un barlume di incredulità passa nei suoi occhi, e probabilmente anche nei miei. Non credo glielo avrei mai chiesto se fossi stata sobria, quasi sicuramente, ma ora non mi importa. Voglio sapere la risposta.

Sembra pensarci un poco su, non aspettandosi la domanda. Poi però risponde e quando lo fa sono io a rimanere in silenzio.

"Tu sai di nuvola"

Ossidiana \\  HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora