Capitolo 11

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Holden

Emanuel ha eliminato Simone. Lui mi aveva confessato che se lo sentiva, che questa era la sua ultima settimana qui, ma io gli avevo detto di stare tranquillo, che non sarebbe stato così. E invece mi sbagliavo. Perchè ora lui è qui, davanti alla porta della casetta, con sei mesi di programma chiuso nelle valigie.

"Sei la prima persona che voglio vede' quando esco de qua, fratè" Lo abbraccio. Era una delle poche persone con cui riuscivo a parlare serenamente, di tutto. La prima con cui ho parlato appena arrivato in casetta, quella con cui potevo permettermi di fare battute che gli altri non capivano.

Mentre saluta tutti mi viene un'idea. Corro in camera e recupero il libro che ha più importanza per me, "Il giovane Holden". Scrivo due frasi e ritorno in cucina.

"Tieni, c'ho scritto dentro una cosa, poi te la leggi" Porgo il libro a Simone, che mi guarda sorpreso.

"Me stai a dà il giovane Holden? L'originale?" Annuisco imbarazzato, gli altri ci guardano e sorridono. "Io te amo fratè" Esclama, facendo ridere tutti, me compreso. "Io te amo" Gli faccio eco e lo abbraccio.

Saluta gli altri e quando arriva il turno di Sarah mi guarda e mi fa l'occhiolino.

"Prima o poi pensi di dirglielo a Saretta che sei cotto di lei o continuerai a non parlarle?" Simone si siede sul letto accanto a me e mi guarda. Non so che espressione devo aver fatto, ma lui scoppia a ridere. Una di quelle risate fatte di cuore.

"Ma che stai a dì, Simo" Non è il primo che insinua questa cosa, già Gaia aveva fatto delle battute, dopo che ci aveva trovati abbracciati.

"Sto a dì che la guardi come un pesce lesso e da quanto non parlate più sei tornato l'Holden dei primi mesi, sempre per le tue. Guarda che lo vedo che ogni volta che torni in casetta la cerchi, anche se poi non le vai mai a parlare. Per non parlare delle prove di ieri dove non le hai staccato gli occhi di dosso nemmeno per mezzo secondo. Vedi di darti una svegliata Jo"

La conversazione di due giorni prima mi torna in mente. Dopo quello che lui mi aveva detto, io avevo sostenuto la mia tesi. Tra me e Sarah non c'era nulla. Però passare del tempo con lei mi mancava. E questo lo ammettevo solo a me stesso, non con pochi problemi.

Perché allora non trovavo il coraggio di andarle a parlare?

.....

Non dico una parola per tutta la durata della cena. Tutti parlano della puntata, della gara inediti, della gara cover a cui hanno partecipato solo le tre cantanti donne per scelta dei prof. Gara che ha vinto Sarah cantando Moi Lolita. Sentirla in puntata è stato meglio che alle prove e se ne sono accorti tutti, soprattutto il giudice, Wad, e anche Rudy. Ma si parla soprattutto della prima maglia del serale assegnata a Dustin e l'ansia per qualcuno inizia a farsi sentire. Io però penso ad altro.

"Vieni a fumare?" Mi chiede Petit e lo seguo fuori, sedendomi sulla panchina bianca, lui in quella di fronte, vicino la porta.

"Tutto apposto?" Prova a domandare, ma annuisco semplicemente e allora capisce che non mi va di parlare. Man mano ci raggiungono anche Ayle, Lucia e Mari, che prende posto vicino al suo ragazzo, seguita dall'americana. Il cantante livornese, invece, si siede vicino a me, dandomi una pacca sulla spalla e accendendosi una sigaretta.

Ho gli occhi bassi sul telefono, che posso usare solo per altri dieci minuti, quando sento la porta aprirsi e richiudersi subito dopo.

"Posso?" La sua voce mi fa alzare subito lo sguardo verso di lei. È stretta nella mia giacca, che ancora continua ad indossare nonostante tutto, e aspetta una mia risposta. Al buio le lentiggini risaltano ancora di più e anche i suoi occhi sembrano brillare.

Mi faccio di lato, stringendomi verso Ayle e le lascio spazio. Molto poco spazio, perché le nostre braccia sono completamente appiccicate tra loro. Prova a spostarsi, cercando di sistemarsi al meglio, ma con poca riuscita.

"Non so dove mettere il braccio" Dice piano, rivolta a me, quasi ridendo. E al suono di quella risata mi sento meglio.

"Possiamo tagliarlo, volendo" La prendo in giro. Poi, però, le prendo il polso e incrocio il suo braccio con il mio. "Così va bene?" Lei annuisce. Gli occhi sono puntati nei miei e siamo così vicini che riesco a vedere le sfumature oro nel marrone della sua iride. Quando mi volto verso gli altri lo sguardo di Lucia è su di noi. Sorride e poi continua la conversazione con Marisol.

Passiamo un'ora fuori, io e Sarah nella stessa posizione. Non l'abbiamo cambiata nemmeno quando Ayle è rientrato in casa. Dopo poco lo ha seguito anche Lucia, dicendo che voleva andare a dormire. E ora anche Petit e Mari si alzano e ci lasciano soli.

"Non hai sonno?" Mi chiede, voltandosi verso di me. Scuoto la testa. Decido che è arrivato il momento di chiarire, perciò mi allontano un poco da lei, così da potermi voltare totalmente e riuscire a guardarla meglio.

"Possiamo parlare?" Annuisce semplicemente. Aspetta che sia io a parlare per primo. E lo faccio.
"Me dispiace aver reagito in quel modo, ma quando sono arrabbiato non ce vedo più. Non pensavo quelle cose, soprattutto non le pensavo di te" Prendo un respiro, pronto a continuare ma mi interrompe.

"Pensavo non volessi più avere a che fare con me" È quasi un sussurro, ma lo sento bene. I suoi occhi diventano lucidi e per un attimo sento come se mi avessero dato pugni allo stomaco. Il solo pensiero che si senta così per colpa mia mi fa arrabbiare con me stesso.

Perchè l'ho sentita quando ha detto a Lucia di avere paura proprio di quello, di deludere la gente e di restare sola. Ero andata a vedere se stesse bene dopo la puntata e mi ero trovato a sentire quelle parole. Non avrei mai immaginato che quella fosse la sua paura più grande. È così solare, allegra, sempre piena di gioia che nessuno se ne accorge, che a volte si sente completamente sola. Ma io la osservo a volte e lo vedo lo sguardo perso nel vuoto, completamente assente.

"Sarè, guardami" Le sollevo il mento e porto i suoi occhi nei miei. "Qua, l'unica con cui posso parlare sei tu. Ora me ha lasciato anche Simone e sto solo. Se non parlo co' te, posso anche andarmene a casa" Le confesso, perchè alla fine è la verità. Queste due settimane senza parlarle sono state dure. Tornavo a casa solo per mangiare e dormire e lavoravo in studio perchè non volevo ritrovarmi solo nel giardino b senza di lei. Ormai era diventata un'abitudine lavorare assieme alle cover, ognuno per i fatti propri ma assieme.

Lei sorride e, mettendosi in ginocchio sulla panchina, mi getta le braccia al collo. Resto per un secondo sorpreso ma, appena il mio cervello si riconnette con il resto del corpo, ricambio l'abbraccio.

"Non te ne puoi andare, sennò poi resto sola io" Lo dice quasi arrabbiata, facendomi ridere. Le accarezzo i capelli ondulati e la sento rilassarsi.

"Sto qua, non scappo" E non lo faccio sul serio. Soprattutto ora che sembra andare tutto meglio.

Dio se mi é mancata...

Ossidiana \\  HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora