Capitolo 26

1.4K 55 2
                                    

Sarah

Saliamo in macchina in totale silenzio. Io non parlo, lui nemmeno. Per i primi cinque minuti si sente solo il rombo del motore, i clacson, il vociare esterno. E forse anche il rumore di tutti i miei pensieri. O almeno questo è quello che sento io.

Poi, con la mano libera, sblocca il suo cellulare e me lo passa. "Scegli la musica" Tiene lo sguardo dritto sulla strada, non si volta a guardarmi. Prendo il cellulare e clicco sulla prima canzone che trovo nella sua home. Galassie di Irama. Canticchiamo per tutta la durata della canzone. Lui continua a guidare, senza una meta, senza avermi chiesto dove deve accompagnarmi. E io non glielo dico.

Poggio la testa al finestrino, le luci di Milano che scorrono davanti ai miei occhi. In silenzio, ascolto la sua voce, leggera, che si insinua nelle mie orecchie. E mi rilasso. Parte una seconda canzone e lui istintivamente ride. Mediterranea. La canzone del suo guanto contro Mida. Con Francesca Tocca.

"Saretta sembra che stai rosicando più di Raimondo"

La battuta di Lucia mi torna in mente. Quella fatta proprio durante quel guanto, mentre io guardavo l'esibizione e più la guardavo più il fastidio aumentava. Il modo in cui la toccava, il modo in cui gli era piaciuto. Il ricordo più bello e il più terribile. Per lui. Per me solo terribile.

Lui canta, mentre continua a guidare. E poi ad un certo punto cambia il testo, come nella sua cover.

"Sarah Toscano non ti merito però" Sgrano gli occhi, senza il coraggio di voltarmi a guardarlo. Coincidenza o no, deve fermarsi ad un semaforo rosso. E quindi si volta verso di me.

"Manco così riesco a farte parlà, Sarè?"

"Riciclando barre?" La battuta mi esce un poco più acida del previsto. E lui quasi ride.

"Chi te lo ha detto che sono riciclate? Il nome doveva essere quello ma magari pensavo a qualcun altro" Punto i miei occhi nei suoi, giusto per vedere se è serio o se mi sta prendendo in giro. Ma non sembra, anche se stento a crederci. Alza una mano e piano piano la avvicina al mio viso, spostando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio.

"Magari doveva essere così come l'ho detta ora" La sua mano ruvida mi accarezza il viso. Senza volerlo chiudo gli occhi, beandomi di quel tocco. Un clacson suona prima che io possa dire qualcosa. Il verde è apparso sul semaforo e nemmeno ce ne siamo accorti. Riparte ma prima di farlo, prima di mettere la prima marcia, prende la mia mano e la posa sul cambio. La sua sopra. Il tutto con una naturalezza assoluta, come qualcosa che ormai sei abituato a fare.

"Facciamo una deviazione?" Non è lui a chiederlo a me. Sono io che lo chiedo a lui. Sono un controsenso, me ne rendo conto. È tutta la sera che ripenso alle sue parole, ma gli ultimi minuti mi hanno offuscato la mente. E non voglio che mi porti a casa. Voglio rimanere con lui. Anche se non so in che veste. Amici? Di più? Non lo so. So solo che è quello che voglio. Quindi, quando sorride e annuisce, scrivo l'indirizzo su Google Maps e lascio che la voce robotica gli indichi la strada.

....

Parcheggia dopo quasi venti minuti. La mia mano è ancora al caldo, sotto la sua. Dobbiamo separarle per scendere dalla macchina.

"Dove siamo?" Chiede, guardando il parco che si presenta davanti a noi. È poco distante da casa di mia sorella ed è il posto in cui, negli ultimi due anni, ho passato le mattinate, ogni qual volta venivo qui a trovare Giulia. Lei la mattina andava a lavorare e io venivo qui, il quaderno e la penna in borsa. Mi sedevo su una panchina e scrivevo, versi, pensieri e alla fine canzoni.

Essenzialmente non ha nulla di speciale, è un semplice parco, qualche gioco per bambini, delle panchine, recinzione per i cani. Ma per me è casa ormai.

Ossidiana \\  HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora