Giorno 1
Holden
Quando apro gli occhi non me ne rendo conto subito. Le mura bianche della mia camera per un attimo mi sembrano quelle blu della casetta. Mi sembra pure di sentire Giovanni lamentarsi. Invece no, sono a casa mia, nella mia stanza, con le valigie ancora da svuotare. Con Aria che salta sul letto e si accoccola vicino al mio braccio. Mi sono mancati, mi è mancata questa normalità.
Prendere questa decisione non è stato facile, ma ho dovuto, per la mia salute mentale. Non ho retto più. La pressione era troppa, le cose da fare anche e le aspettative ancora di più. Il panico è arrivato piano piano, prima i battiti che acceleravano, poi le mani sudate, il respiro corto, il peso sullo stomaco, il tremolio, l'ombra sugli occhi. Tutto sembrava cadere a pezzi su di me. E non sentirmi compreso è stata la sensazione peggiore di tutte. Sentirmi dire che facevo solo quello che mi andava e il resto lo trascuravo senza problemi mi ha fatto andare fuori di testa. E ho sbroccato. La mezz'ora dopo quasi non la ricordo. È stato tutto molto veloce, il modo in cui ho fatto le valigie, quello in cui ho salutato i presenti. Ho avuto tempo di fermarmi a pensare solo appena salito sul taxi.
Solo una cosa ho fatto lentamente. Quando l'ho vista, in mezzo alla pila dei miei vestiti, la felpa verde era sulla sedia. È stata l'ultima che ho preso e stavo quasi per metterla in valigia. Poi ci ho ripensato, per tutte quelle volte che lei l'aveva addosso. Ho ripensato a tutte le volte che Lil o Giovanni la indossavano e lei li guardava storto, per poi andare a riprendersela non appena questi la poggiavano da qualche parte. E la felpa era tornata nella mia stanza solo pochi giorni prima, assieme ai panni appena lavati. Perciò l'ho piegata, con cura, non come avevo fatto con tutti i vestiti nella valigia, e l'ho lasciata sul letto. Non sono riuscita a salutarla ma quella gliel'ho lasciata. Perché ormai era più sua che mia.
Quando sono arrivato a casa, i miei fratelli mi aspettavano davanti al portone. Li ho chiamati sul taxi e pensavano che li stessi prendendo in giro. "Jo non ce credo più ai tuoi scherzi del cazzo" mi ha detto Jader. Poi però hanno capito e sono corsi a casa mia.
Ieri non hanno fatto molte domande. Ora invece sono qui, seduti sul mio divano, con sguardo interrogativo. E io sono pronto a spiegargli tutto. Le ragioni di questa mia decisione. Ma alla domanda "Sicuro, Jo? Non è che te ne penti?" non so cosa rispondere.
Non è che me ne pento?
Giorno 2
Sarah
Manca precisamente una settimana alla prima puntata del serale. E l'ansia si inizia a percepire. Tutti ci chiediamo chi sarà il primo ad andare via, cosa accadrà. Tutte domande senza risposta ovviamente. L'atmosfera tesa non si è allentata, anzi è aumentata. Mari, Petit e Dustin sono più preoccupati di prima. Essendo rimasti solo in tre partono svantaggiati.
L'assenza di Holden in casetta si sente, o forse sono solo io a sentirla. Non so. Mari mi ha spiegato cosa è successo, la lezione mancata, l'attacco di panico, la litigata con Rudy, il modo in cui ha reagito.
E se da un alto posso anche capire le ragioni che lo hanno fatto andare via, dall'altro avrei voluto che si fermasse un attimo a pensare, che ne parlasse con qualcuno. Ci sarebbe riuscito, ad andare avanti nonostante tutto. L'avrebbe superata. E invece ha deciso di mollare. Di buttare nella spazzatura sette mesi di duro lavoro.
Non ho più preso la felpa. E nessuno l'ha toccata. Come se ci fosse un tacito accordo sul fatto che dovessi essere io a prenderla e toglierla da quell'angolo di letto. Ma non lo faccio. Ogni giorno, quando dopo le lezioni mi dirigo verso il giardino b per scrivere, così come facevamo assieme, la guardo. Poi però vado avanti.
STAI LEGGENDO
Ossidiana \\ Holdarah
FanfictionMa se vuoi, ora ti porto a casa Un bacio sa di marijuana Addosso solo una collana Fuori è buio come l'ossidiana