Cap. 19. "Ecco quanto ti amo".

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ALASTOR📻

Approfondii quel bacio, trasformandolo un vero e proprio limone. Quando mi staccai vidi che Lucifero aveva le lacrime agli occhi.
«Hey, che succede?». Chiesi poggiandogli una mano sulla guancia.
«Mi sei mancato da morire». Poi mi afferrò il viso e mi baciò di nuovo. Indietreggiò alla cieca verso il letto, colpito il bordo di buttò all'indietro portando me con se.
Risi. «Vedo che a qualcuno sono mancato più di quanto vuole dare a vedere». Scherzai.
«Sta zitto Al!». Poi mi ribaciò.
Portò una mano all'orlo dei miei pantaloni, cercando disperatamente di toglierli.
"Per tutti i gironi quanto lo prenderò in giro dopo questo". Pensai.
Gli levai l'unico indumento che indossava che separava ciò che desideravo da me.
Lasciai una scia di baci fino ad arrivare all' inguine. Lucifero aveva il collo inarcato ed una mano in bocca.
Guardai la sua lunghezza per qualche secondo, poi la presi in bocca fino all'ultimo centimetro.
Sentii Lu emettere un respiro tremolante.
Iniziai a muovere la testa, facendo godere il piccolo biondo sotto le mie grinfie.
Aumentai la velocità del ritmo e non ci volle molto prima che Lucifero mi venisse in bocca, rilasciando uno stridulo:
«Alastor~». Sorrisi alla vista della "fragilità" di Lucifero in quel momento.
«Ora tocca a te, fammi venire il prima possibile e io ti darò quello che vuoi... Che vogliamo entrambi». Bisbigliai nel suo orecchio.
Lucifero mi spinse di lato e con un gesto secco sfilò sia pantaloni che boxer, per poi non aspettare un secondo di più a infilarsi il mio membro fino alla gola. Buttai la testa all'indietro e sorrisi mordendomi il labbro quando Lucifero iniziò subito con un ritmo irregolare ma allo stesso tempo straziante.
Venni in poco più di un minuto.
Lucifero alzò il volto per guardarmi, chiedendomi:
«Vuoi farmi aspettare ancora o vuoi farmi urlare il tuo nome?». Ridacchiai e lo tirai a me come se stessi prendendo in braccio un bambino per poi poggiarlo sulle mie ginocchia.
Subito Lucifero si sistemò sul mio membro, prendendolo fino alla base.
Entrambi ansimammo.
Persi totalmente il controllo quando Lucifero mi diede un morso netto e profondo sul collo, quasi più netto e profondo dei miei, sia in campo erotico, sia quando sono a digiuno per due giorni.

Gli afferrai i fianchi e lo buttai sul letto, facendogli emettere un piccolo gemito.
Iniziai a muovermi, provocandogli dei gemiti non indifferenti. Lui poggiò una gamba sulla mia spalla pre farmi scivolare meglio.
Lo guardai.
Aveva la mano destra sopra la testa, e ci stringeva il lenzuolo. Il collo inarcato, gli occhi chiusi e la bocca aperta.
Ne approfittai per baciarlo.
Lui subito ricambiò, portando le mani sul mio viso e avvicinandomi di più a se, emettendo vari mugolii.
Si staccò solo per inarcare il collo, stringermi i capelli e gemere. Ma non lasciò il mio viso, facendo ricadere il mio fiato ansimante sul collo.
«Oddio Al~». Ansimò quando inizia a massaggiare la sua lunghezza con la mano.
Dopo poco venne, sporcandosi il ventre. Mi ci volle poco e venni anch'io.
"Dio quanto mi è mancata questa sensazione".
Pensai.
Lucifero allentò la presa sul lenzuolo e interruppe i gemiti.
«Cazzo...», boccheggiò. Io ero ancora sopra di lui, quindi ne approfittai per baciarlo di nuovo.
«Play room?». Chiesi con il fiatone. Lui mi guardò per qualche secondo per poi rispondere:
«Sì, sì e mille volte ancora, sì».
Con uno schiocco di dita portai Lucifero sul letto a baldacchino, e io mi materializzai nell'angolo.
Lucifero mi guardava raggiungere il tavolo con il dado con uno sguardo di pura lussuria.
Lanciai il dado in modo che ai fermasse ai piedi del letto.
«Che è uscito?». Chiesi.
Lucifero si sporse e lesse.
«Due». Mi rispose. Sorrisi malizioso e lo vidi avere un piccolo fremito di eccitazione.
Presi le due aste appese al muro e mi avvicinai a lui.
«Sdraiati». Dissi dolcemente. Lui ubbidì.
Allacciai le apposite cinghie dell'asta più lunga alle caviglie. E quella più corta, di circa venti centimetri, ai polsi. Emise un respiro tremolante.
Lo girai in modo tale da fare stare tutto il suo corpo sul letto ed alzai l'asta più lunga per passarci sotto.
Non persi tempo e lo penetrai. Gememmo entrambi mentre una sensazione più che familiare pervadeva i corpo di entrambi.
Schioccai le dita dita e apparve il sex Toy dell'ultima volta intorno alla sua erezione.
«Al...», ansimò.
«Ti fidi di me?». Mi chiese guardandomi.
«Certo, perch-».
«Lascia fare una cosa a me per te, ma non devi andare nel panico». Mi disse. Lo guardai confuso, poi sentii uno schiocco di dita e qualcosa dentro di me.
«Lu no io-».
«Fidati, non ci pensare, pensa a me». Ammiccò.
Seguii il suo consiglio ed iniziai a muovermi, facendo gemere entrami. Ma quel... Coso, mi dava troppo fastidio... Troppi brutti ricordi...».
«No Lu, non c'è la faccio». Dissi uscendo da lui.
«Hey, non ci devi pensare. I-»
«I-io non sono come te. Lu, ti supplico, toglilo... M-».
«So perfettamente cosa ti ricorda, ma così lascerai a quello stronzo bastardo l'ultima parola. Lo lascerai vincere. Fidati lo so. È brutto, almeno le prime volte. Non sto dicendo che le prime volte con te non mi siano piaciute, ma Lilith... Lei insisteva per questi giochi perversi, ed io ero quasi costretto a farli. Un sex Toy è molto peggio di una persona vera, e io te lo posso assicurare». Mi zitì. Sospirai.
«È già al minimo?». Chiesi titubante.
Lui annuì. Sbuffai e rientrati dentro di lui.
Gemette. Lo facemmo entrambi. Iniziaiw muovermi, concentrandomi solo su Lucifero. O almeno provarci.
Dopo poco iniziammo entrambi ad emettere sonori gemiti. E presto venimmo insieme.
Uscii da lui e mi misi accanto.
«Sai... Avevi ragione, non è stato terribile, almeno non come lo ricordavo...». dissi guardandolo. Lui girò la testa nell' mia direzione.
«Sì, ok, ma ora mi sleghi?». Disse facendo cenno all'unica asta che riusciva a vedere.
Mi presi alcuni secondi per guardarlo meglio.
Aveva i piedi appoggiati al letto, e di conseguenza le gambe aperte. Il viso arrossato, i capelli scompigliati, le braccia incastrate dietro la schiena e il fiatone.
Mi alzai e lo sglegai e spendi il sex Toy, non prima di dargli un dolce bacio.

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