𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢𝐧𝐨𝐯𝐞:

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A un cuore in pezzi nessuno s'avvicini senza l'alto
privilegio di aver sofferto altrettanto.
(Emily Dickinson.)

Socchiusi la porta di casa e, dopo aver posato la borsa, attraversai il soggiorno, varcai la soglia della portafinestra e uscii sul terrazzo.

Mi sentivo molto confusa e turbata per via di quello che mi aveva detto Chris, ma stavo comunque cercando di non allarmarmi come al mio solito.

Magari si erano davvero incontrati per caso, no?

Sapevo che era una coincidenza abbastanza strana ma non volevo comunque disperarmi e pensare al peggio, non ancora perlomeno.

«Can?» lo richiami, affacciandomi dalla portafinestra della sua camera da letto, notando poco dopo la luce del bagno accesa.

Mi morsi il labbro ed entrai, camminai lentamente lungo la stanza, affacciandomi poi alla porta del bagno. Lo trovai davanti lo specchio, con addosso un pantalone nero elegante.

Mi poggiai con la spalla allo stipite della porta e, non potendo farne a meno, mi beai di quella vista.

Era davvero molto, molto, attraente.

Osservai le sue spalle larghe e forti, scendendo poi fino alle braccia muscolose e alle mani, risalii, osservando i suoi capelli lunghi, legati come al solito in un codino.

Osservai il suo viso, incredibilmente perfetto, ricoperto da una folta barba, poi osservai il naso, linerare e dritto, spostandomi infine sugli occhi, quegli occhi scuri e profondi da farmi perdere la ragione ogni volta.

Fu allora che il suo sguardo incontrò il mio, le sue labbra si piegarono inevitabilmente in un sorriso luminoso, poi si voltò.

«Che cosa ci fai tu qui?» chiese confuso, ma piacevolmente sorpreso, non appena prese una camicia bianca poggiata lì di fianco, sul mobile.

«Pausa pranzo» risposi, scrollando le spalle, «E come mai Matteo ti ha lasciata uscire? Il locale non era al completo?» chiese confuso, scossi la testa, «Poca gente per via della pioggia improvvisa, Chris infatti mi ha detto che potevo andarmene...» spiegai, lui annuì.

«E quindi... hai pensato di venire da me» constatò incrociando le braccia al petto, osservandomi con attenzione, «Sinceramente mi è sembrata la cosa più sensata che potessi fare, soprattutto dopo che mi hai mandato quel messaggio...» commentai, lui accennò un sorriso.

«Ho solo detto la verità» commentò, «Spero di non averti disturbato allora...» gli dissi, «Potresti mai disturbarmi?» chiese inclinando il capo, mi morsi il labbro e gli andai incontro, «Ti stavi preparando per uscire?» chiesi poi, notando i suoi vestiti, «Si, ma ho ancora mezz'ora a disposizione.»

«Allora posso restare visto che sentivo già la tua mancanza...» mormorai, lui allungò il braccio e infilò una mano fra i miei capelli, «Anche io sentivo già la tua mancanza ragazzina...» commentó, accennai un sorriso.

«Sei riuscita a parlare con tuo fratello?» mi chiese poi, scossi la testa, «No purtroppo, ed è proprio per questo motivo che sono qui» risposi, lui aggrottò la fronte, «Che vuoi dire?» chiese confuso.

«Mio fratello è dovuto andare ad un appuntamento di lavoro, così, nemmeno stavolta ho potuto dirgli di noi, e, pensavo che... nel dubbio, potevamo stare di nuovo insieme...» risposi, scrollando le spalle, seppur con un certo imbarazzo, Can rise.

«Aspetta... Hai forse paura che tuo fratello ti dica di dover stare lontana da me?»

Si.

Avevo paura di perderlo e, avevo paura di perdere tutto ciò che stavamo costruendo, per cui si, nel dubbio, volevo sentirlo di nuovo mio.

Hidden Hearts || Can YamanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora