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☕🎸

NOAH

Apro gli occhi e una luce accecante mi invade.
Vedo sfocato, non capisco dove sono.
Poi metto a fuoco il soffitto totalmente bianco, arricchito con tutte quelle luci.
Mi guardo il corpo e indosso un camice d'ospedale.
Sono legato al letto tramite i piedi e non capisco il perché.

 Ad un certo punto la porta bianca si spalanca e una donna con un camice e una cartelletta in mano viene verso di me.

Mi siedo e la guardo.
«Come ti senti, Noah?» mi chiede.
Io la guardo, mi strofino gli occhi con i palmi delle mani e mi guardo attorno.

«Sono confuso. Cosa ci faccio qua?» chiedo.
Lei si siede sulla poltrona davanti al mio letto e accavalla le gambe.
«Tuo padre ha richiesto il tuo ricovero in questo istituto psichiatrico. Ti ha portato qua e ha detto che eri svenuto per un esaurimento» spiega.

Spalanco gli occhi e comincio ad arrabbiarmi.
«Grady Lewis non è mio padre. E io non sono pazzo. Vuole solo sbarazzarsi di me» sibilo.

 Lei sorride e annuisce.

«Oggi dovrai sostenere degli esami. Adesso ti slego, ma prometti di non distruggere nulla».
Sono confuso. Molto confuso. Troppo confuso.

 Quando esce prendo il telefono che mi hanno lasciato sul comodino e compongo il numero di Cora.

«Chi parla?» chiede.
Sorrido nel sentire la sua voce e mi alzo in piedi.
«Cora, sono Noah. Il marito di mia madre mi ha portato in un istituto psichiatrico e sono bloccato qua, però sappi che puoi venire a trovarmi quando vuoi. Cora tu lo sai che non sono pazzo e non ho nulla» dico velocemente.

 «Sì, Noah. Lo so che non sei pazzo. Verrò a trovarti oggi stesso».

Tiro un sospiro di sollievo, la saluto e chiudo la chiamata.
Vado a lavarmi i denti, e mi guardo allo specchio.
Ho un aspetto orribile.

Due grosse occhiaie violacee contrastano la pelle bianca e le labbra sono gonfie e rosse. Grady deve avermi drogato per farmi svenire e non farmi ricordare nulla.

 Arrivo in una stanza, dove all'interno ci sono: un lettino, una scrivania con una sedia e due poltrone, e infine una grande sedia vicino al lettino.

Il signore scrive qualcosa al computer, poi mi saluta.
«Allora Noah. Siediti pure sul lettino. Faremo un piccolo controllo e poi ti farò qualche domanda» dice.

Vado sul lettino, e sono costretto a tenermi la testa tra le mani per un forte dolore alle tempie.
La luce della piccola torcia mi invade l'occhio e subito dopo anche l'altro.

La lucina sbatte violentemente contro le mie iridi, provocandomi un altro dolore acuto.

 Dopo il controllo mi siedo in una delle due poltrone davanti alla scrivania.

«Assumi droghe o farmaci di un qualsiasi tipo?».
Scuoto il capo.
«Ne sei totalmente sicuro?» chiede guardandomi attentamente.

Annuisco senza paura.
«Noah. Non finirai nei guai. Non metterò in mezzo la legge, ma devo sapere se assumi droghe o farmaci. O magari se ne hai assunto anche una piccola e unica dose recentemente».
Sbuffo e mi lascio andare contro lo schienale della poltrona.

«Glielo dirò una sola volta, dottore. Non ho mai assunto droghe e non prendo nessun tipo di farmaco».

 Lui annuisce e segna qualcosa nel computer.

«Hai passato un bel trauma da quel che mi hanno detto i tuoi genitori. Hai ancora qualche flashback improvviso nella tua mente?».
Attento, Noah. Attento.
Scuoto il capo.
Lui annuisce e si segna un'altra cosa.

«Soffri d'insonnia o di qualche disturbo del sonno?».

Provai più volte a rotolarmi nel letto, a tenere gli occhi chiusi, contare, fare qualsiasi cosa, ma ormai erano passate ore e non riuscivo a farmi cullare dal dolce senso del sonno.

Scuoto il capo.
«Hai incubi la notte? Ti capita mai di svegliarti per essi in certe condizioni anomale?».

Mi svegliai nel buio, scattando seduto. Un altro incubo.
Il sudore mi colava sul viso e la bocca arida mi chiedeva pietà.
Il cuore batteva forte contro lo sterno. Il petto ansante mi allarmò.

Nego con il capo.

 «Ti capita mai di sentirti estremamente felice, entusiasta, e poi d'un tratto sentire tutto andare male, sentirti triste, distrutto?».

No, questo no.
Nego con il capo, un'altra volta.
«Senti, Noah. Quello che mi dici non corrisponde a quello che il tuo patrigno, Grady Lewis, mi ha raccontato. Sei totalmente sicuro delle tue risposte?» chiede dopo qualche minuto.
Annuisco.
«Sicurissimo, dottore» dico.

 Dopo una ventina di minuti vengo accompagnato in stanza.
Questo, più che un centro psichiatrico, sembra un carcere.

Do un calcio al letto.
Non riesco a credere che ci è riuscito. Non riesco a credere che è riuscito a farmi chiudere in un istituto psichiatrico.

 Dopo aver pranzato la porta si spalanca di nuovo.

«Noah, hai visite» dice una donna, lasciando che Cora entri in camera.
La donna chiude la porta, ma sono sicuro sia ancora qua fuori.

Cora corre verso di me e mi abbraccia.
Non ci penso nemmeno un secondo. La bacio come se fosse la cosa più preziosa che possiedo.
«Hai un aspetto davvero terribile» dice ridendo.
Le prendo il viso tra le mani e lascio che la mia fronte si tocchi con la sua.
«Cora promettimi che non mi abbandonerai da un giorno all'altro».

 Lei sorride e mi dona un piccolo bacio sulla guancia.

«Te lo prometto» sussurra.

Dopo aver mangiato il cibo che mi hanno portato per la merenda, la porta della mia stanza si apre ancora.
Grady è venuto qua.
Mi sollevo in piedi e con passo svelto lo raggiungo.

«Contento ora? Sei felice di essere riuscito a chiudermi qua?».
Lui sorride.
«Sei malato, Noah. Questa è la cosa giusta» dice.

Lo guardo con odio e chiedo all'infermiera di non farlo accedere mai più, che non voglio visite da parte sua.
L' infermiera mi assicura che non gli permetteranno più di entrare qua nella mia stanza e se ne va via, portando con sé anche Grady. 

Non può vincere. Non può vincere di nuovo. Non lo lascerò vincere. Non glielo permetterò. Voglio vederlo crollare.

Maybe madly in love with youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora