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🏈📖

RASHAD

Guardiamo Blake andare via con l'auto, ma vediamo una seconda persona all'interno, e questa persona ha i capelli ramati.
E chi è l'unica persona che conosciamo ad avere i capelli ramati?
Quella dannata ragazzina. Madison Lewis.
Perché la sta mettendo in pericolo così?

Guardo le mie braccia.
Le ferite si stanno cicatrizzando.
Non so che diavolo mi è passato per la testa, ma la pressione che mi stavano mettendo il football e gli studi mi ha portato a tentare di suicidarmi.

Un'idea che fino alla settimana prima non credevo mi sarebbe mai appartenuta.
Per fortuna il destino ha voluto continuare a farmi vivere e ha deciso di farmi solamente perdere i sensi.
Mi dovevo spingere più in là, avrei dovuto continuare, ma sono svenuto prima di riuscire a concludere.
Sarei morto a minuti se Blake non avesse sfondato la porta.
I miei genitori sono più che preoccupati della mia situazione, ma averci provato mi ha fatto capire che cazzata stavo facendo, quindi non credo ci riproverò mai.

 La ripresa è stata abbastanza semplice.

Certo, sono stato ricoverato due giorni e poi ho dovuto riposare un altro giorno a casa, ma il mio corpo è riuscito a riprendersi, nonostante tutt'ora abbia bisogno di fermarmi ogni tanto e fare qualche esercizio di respirazione.
Ho sempre odiato me stesso e tutte le aspettative che le persone hanno su di me e forse sono proprio queste aspettative le responsabili del peso che sentivo per i risultati sportivi e scolastici.

 «Ti prego dimmi che ho visto male. Dimmi che non sta portando Madison alla fabbrica» dice Bruce.

Io mi mordo la lingua e annuisco.
«Era proprio lei» rispondo.
Lui calcia il cestino della spazzatura e si avvolge le tempie con le mani, immergendo le dita tra i capelli.
«Cazzo!» continua a ripetere.
Non sono solito a vedere Bruce così per qualcuno.
Sono sicuro che Madison gli piaccia sul serio, ma che a lei non importi nulla di lui.

 Bruce si ferma e mi guarda.

«Andiamo a prendere la mia macchina. Li raggiungiamo» dice dopo qualche minuto di crisi.

 Saliamo in auto e partiamo.

Il viaggio non è brevissimo, ma andando veloci arriveremo prima che possa accadere qualsiasi cosa, o almeno spero. 

Una cosa è certa. L'incontro che sta per avvenire non è pacifico e nemmeno una chiacchierata. Questa è roba seria. Roba che un adolescente comune non può nemmeno immaginare, ma d'altronde noi non siamo normali adolescenti. Siamo ragazzi messi di fronte alla parte peggiore della vita. 

Sappiamo benissimo che loro sono quasi arrivati, ma non importa.
L'importante è trovarli vivi.
«Hai le pistole nel cofano?» chiedo.
Lui annuisce, senza staccare lo sguardo dalla strada e accelera.

 Durante il tragitto non penso a Blake, non penso a Madison, non penso a cosa sta succedendo in questo momento.

Riesco solo a pensare alle sensazioni che ho provato quel giorno.
Alle sensazioni che ho provato mentre ero in quella vasca e prima di entrare in quel bagno.
Ricordo perfettamente come sono entrato in quella casa, distrutto.
Ho cominciato a guardare la partita, ma poi non ce la facevo più.
La testa mi doleva e mi pulsava.
I muscoli si tendevano e il caldo devastante si alternava al freddo pungente, nelle mie ossa.
Sudavo in ogni momento, ma non poco, veramente tanto.

Il respiro si faceva sempre più pesante e non avevo più voglia di controllare tutte queste cose.
Volevo solo che tutto questo finisse.

Mi sono alzato e sono andato nella camera di Bruce.
Ho cercato un temperino nei cassetti della sua scrivania e ho tolto una lama.
Sono andato in bagno, ho chiuso a chiave e ho guardato quella vecchia vasca riempirsi.
Non ho pensato ai momenti belli, non ho pensato alla famiglia o agli amici.
Ho solo pensato a quelle voci che mi dicevano di dovere per forza ottenere il massimo, ho pensato ai miei lati peggiori e oscuri. 

Ho chiuso gli occhi.
Ho tolto la maglietta, le scarpe e i calzini, e sono entrato nella vasca con ancora i pantaloni.
Ho chiuso di nuovo gli occhi e ho iniziato ad affondare la lama.

Il dolore straziante si è appropriato di me.
Adesso era lui a controllarmi, non io a controllare lui. Più sentivo dolore, più volevo morire e smettere di sentire. 

L'odore del sangue mi ha impregnato le narici.
Il colore rosso ho cominciato a colarmi su tutto il braccio.
Ho continuato.
Volevo che tutto questo finisse, e poi... tutto nero.
Non riesco a ricordare altro.
Ho un piccolo flash dei medici sull'ambulanza che mi continuano a rianimare e poi di nuovo tutto nero, fino a quando non apro gli occhi e mi trovo su un letto d'ospedale, con il braccio fasciato e la flebo.

 Ricordo di aver chiesto cosa fosse capitato e tutti i ricordi tornarmi in mente.

Ricordo quanto mi sono sentito stupido e in colpa.

 Mentre penso a queste cose mi accorgo che Bruce sta fermando l'auto.

Scendiamo e apro il cofano.
Apro il grosso baule nero e ne estraggo due pistole, delle tre presenti.
Bruce prende le scatole di proiettili e ne estrae quelli necessari.
Io controllo che le pistole non siano danneggiate, mentre Bruce carica quella che ho già controllato.
Sento la pressione del tempo che scorre come non l'ho mai sentita. 

Due persone a noi care stanno rischiando la vita e il solo pensiero che potrei lasciarli morire mi fa stare male. 

Nonostante sia passato meno di un minuto sento come qualcosa che mi dice di star impiegando troppo tempo.
Poi afferriamo anche un piccolo pugnale di emergenza, ma mentre finiamo di sistemare siamo costretti a voltarci di scatto in contemporanea.

 Sentiamo un rumore acuto e improvviso.

Riconosciamo benissimo questo colpo.
Uno sparo.
Qualcuno ha appena sparato.

 Ci guardiamo, e dopo un piccolo momento di smarrimento e di panico, afferriamo le pistole, chiudiamo il cofano, e corriamo verso la fabbrica, che è circa a qualche decina di metri da noi.

Le gambe sono tese e la tensione è palpabile, ma corro, cercando di arrivare lì il prima possibile, consapevole del fatto che potrei trovare il corpo del mio migliore amico lì per terra, sanguinante o forse privo di vita.  

Maybe madly in love with youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora