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🏉🎸

BRUCE

Quella maledetta consapevolezza di essere il più debole nonostante mi debba mostrare forte mi sta perseguitando sempre di più.
È come stare bloccato nel bel mezzo dell'oceano durante una tempesta.
Le onde, la pioggia, i fulmini, sono abbastanza forti da ferirti, ma non riescono mai a prenderti in pieno in modo da ucciderti.
E un po' mi chiedo perché.
Perché non possono travolgermi completamente e mettere fine alla mia sofferenza, invece di prendermi parzialmente e farmi soffrire? Perché?

Apro la porta di camera mia e arrivo in cucina.
Lancio uno sguardo al divano dove mio padre sta dormendo beatamente, e mi trovo a sbuffare. Odio vederlo a casa. 
Solitamente torna talmente ubriaco da non riuscire ad arrivare al letto, o almeno questo accade le poche volte che torna.
A me va bene così.
Insomma, se lui non è a casa, i miei amici possono venire qua tranquillamente e io sono leggermente più spensierato, se lui fosse perennemente qua la mia vita sarebbe un incubo ancora maggiore.

 Da quando mia madre se n'è andata via completamente, promettendo di tornare a prendermi, penso a lei continuamente.

Non posso biasimarla. Vivere con mio padre è come vivere con un mostro in cerca di prede. E la sua preda preferita era proprio mia madre.
La insultava continuamente e io odiavo sentirli lanciare oggetti e urlare.
Ho passato la mia infanzia correndo da un posto all'altro.
Scappare di casa era diventata un'azione giornaliera.
Scappavo dalle urla, dai pianti della donna che mi ha messo al mondo, dai vetri rotti, dai pugni al muro di mio padre.
Scappavo dall'ambiente tossico che si era creato.

Mi rannicchiai all'angolo della mia camera, tappandomi le orecchie. 
Lo stavano facendo di nuovo. Stavano litigando. 
Ogni lacrima che scendeva era una sofferenza troppo grande da sopportare, ogni singhiozzo era una richiesta d'aiuto, ma nessuno poteva sentirmi; nemmeno l'anziana signora che abitava di fronte. 
Mi misi ad ondeggiare leggermente e canticchiare, cercando di lasciarmi cullare dalla spensieratezza, ma era impossibile. 
Ogni vetro rotto, ogni insulto, era una lama conficcata nel mio cuore. 
E solo lì capii che ero destinato a non ricevere amore, e passare la vita a dare senza ricevere, ma, alla fine, con dei genitori del genere impari ad accontentarti. 

 Apro il frigorifero e bevo un pochino di latte, poi vado a lavarmi, in modo da poter andare a scuola.

Faccio la doccia, mi metto la divisa scolastica, e aggiungo il mio solito giubbotto, poi esco da casa e salgo nella mia auto nera lucida con i sedili color caramello.
La metto in moto e una scarica di adrenalina mi attraversa il corpo, per via del ricordo della gara d'auto clandestina in cui ho vinto i soldi per questa macchina.

 Arrivo nel parcheggio scolastico e, dopo aver salutato i miei amici, vado in palestra per incontrare il coach e la squadra.

«Vi ho chiamati perché questa squadra sta fallendo. Siete distratti, non siete motivati, non mettete passione in quello che fate. Si può sapere che vi sta succedendo?» dice il coach una volta entrato nello spogliatoio.

Siamo tutti seduti nelle panche e lui ci scruta in silenzio.
«Colin guarda la palla, guarda i movimenti e muovi quelle gambe quando sei in campo. Sei veloce, molto veloce, quando vuoi. Sfrutta questa tua abilità. Jackson tu sei forte, hai dei muscoli con un grandissimo potenziale. Usali e lancia quella palla. Thomas concentrati di più. Stai attento ai movimenti altrui. Non pensare solo a quello che devi fare tu. Bruce. Sei veloce, agile, forte. Corri. Resisti. Non mollare. Impegnati di più. In campo devi dimenticare tutti i problemi e svuotare la mente» dice, continuando con tutti gli altri giocatori.
Dimenticare i problemi. Ovvio. E come faccio? Come si svuota la mente? Come faccio a dimenticare momentaneamente tutto? Se mi dicesse anche questo sarebbe più semplice. Molto più semplice.

 Mi cambio, in modo da poter tranquillamente eseguire l'allenamento, e arrivo in campo.

Essendo vuoto fa quasi più impressione di vederlo pieno di gente.
Inizio il riscaldamento, provando a dimenticare i problemi, ma non ce la posso fare. Non posso dimenticare. Non posso fare finta che non esistano. Non posso giocare come se tutto andasse bene, ma non posso nemmeno usare lo sport come valvola di sfogo, in quanto potrei ferire qualcuno.

 Quando cominciamo a provare i tiri, uso tutta la forza che ho in corpo e i muscoli cominciano a tirare terribilmente. La sensazione più bella e colmante del mondo. I muscoli che quasi cedono. I muscoli che si ribellano per il troppo sforzo. Ma almeno so di star facendo qualcosa di buono.

Segno il punto e il coach mi fa i complimenti per il tiro perfetto a quella distanza.

Ringrazio, consapevole di averlo fatto semplicemente per sentire quel dolore muscolare che amo.

 Sarò debole dal punto di vista psichico, ma fisicamente mi definisco un mostro.

Ho una sopportazione del dolore molto elevata e amo il dolore fisico.
Amo sentire il mio corpo quasi distruggersi.

 Finisco l'allenamento occasionale, che in teoria non avrei dovuto fare, e vado a fare una doccia.

L'acqua gelida mi scorre sul corpo e le ossa mi si gelano.
È dicembre, ma la doccia fredda dopo l'allenamento non me la deve togliere nessuno.

 Metto la divisa scolastica e vado nel corridoio, dove incontro Blake e Rashad.

Do una pacca sulla spalla del secondo e gli chiedo come va.
Rashad è forte emotivamente, ma anche quelli più forti cedono.
E lui ne è la prova. In quanto da un giorno all'altro ha tentato il suicidio.
Da quel momento è continuamente in terapia e prende dei medicinali, che lo stanno letteralmente rovinando.
Da quando li prende è sempre stanco, con poche energie. Ha difficoltà a dormire e ha delle occhiaie perenni.

 L'unica cosa in cui mette tutta l'energia sono gli allenamenti, e le ragazze.

È davvero una delle persone più buone che esistano su questo pianeta. Ha un cuore d'oro, anche se tende a nasconderlo.

 Blake è molto più complicato ed enigmatico. Non ci parla mai di cosa prova e di come sta. Non ci parla mai di sé stesso. È molto taciturno, ma a noi va bene così. Ne ha passate tante anche lui, e non è corretto che tutti lo temono.

Se solo sapessero tutta la storia non si comporterebbero così, ne sono più che certo, ma lui non ha la minima intenzione di parlarne con nessuno.
Non vuole mai tirare fuori quell'argomento.

 Dopo la scuola ci incontriamo ad un pub che ha aperto da poco e prendiamo qualcosa da bere. È molto affollato. C'è la musica alta, ed è buio, ma ormai frequentiamo solamente posti del genere.

Ed è lì che la vedo.
Indossa un vestito corto rosso e dei tacchi alti neri.
Bella con il drink in mano, ed è bellissima. È sicura di sé, sa come muoversi, si diverte, e non nota nemmeno che la maggior parte degli sguardi sono posati su di lei. Madison è semplicemente magica.

 Non è con Ava, e nemmeno con Ryan. Sta ballando con una ragazza che non avevo mai notato prima. Anche lei non scherza con la bellezza. I riccioli d'oro si muovono a ritmo di musica, ed è un po' più goffa di Madison nei movimenti, ma questo la rende ancora più attraente.

Il nasino con la piccola curva le rende il profilo unico, e il trucco con i brillantini che porta le dona divinamente.

 Mi avvicino alle due.

Madison mi saluta immediatamente, ma per la prima volta non guardo lei.
Guardo la bionda.
Il fisico è esile. La vita è stretta e i fianchi larghi. Un fisico che mi fa impazzire.
Porta un vestito lungo, nero e aderente.

 «Tu chi sei?» urlo per sovrastare la musica.

Lei mi guarda e arrossisce.
L'ho seriamente messa in imbarazzo per così poco?
Ma cazzo, è bella con le guance così rosse.

 «Sono Claire. Piacere di conoscerti» risponde bevendo un sorso del drink che ha in mano.

Cominciamo a ballare, e mi dimentico Madison. Mi dimentico tutto, per la prima volta.

 A fine serata accompagno Claire a casa sua e quando poi arrivo in camera mia vado a dormire felice.

È bellissima. 

Maybe madly in love with youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora