you're an angel

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Himari
"Hey..."
Era mattina, ed ero seduta sul "mio" letto a guardare il muro, cercando di trovare la forza di prepararmi per uscire dalla stanza.
Non appena sentii una voce familiare, ma non così tanto, mi girai di scatto, aprendo appena la bocca.
"Uhm... Sì, ecco, non è che sono muta, Himari" Chunhua si avvicinò a me, ma tutto quello che riuscii a fare fu guardarla e stare zitta.
"Ho... Parlato con Minori, tipo... Tutta la notte. Mi ha aiutato molto... Molto di più di quanto riesca a fare papà, comunque. O chiunque altro..."
Era strano essere quella zitta tra le due, ma avevo così tanti pensieri in testa che non riuscivo a parlare.
"M-mi dispiace tanto per come mi sono comportata."
La vidi sedersi accanto a me, scostandosi una ciocca di capelli dal viso e abbassando la testa verso il pavimento.
La guardai ancora, ma non dissi nulla.
"Lo so anche io di avere due padri, e praticamente tutti i miei fratelli e amici... Ugh. Lo so, mi sono comportata come hanno sempre fatto tutti con loro, e mi dispiace, ma... Io non capisco, lo sai? Perché essere qualcosa che può portare a così tanto dolore? Perché non scegliere la via facile? Ti basta stare con un maschio, non lo so..."
Strinsi una mano in un pugno, sospirando piano.
"Chun, non è una decisione. Sono felice che tu non sappia cosa vuol dire, ma non puoi pensare di capirlo, se non lo sai."
I suoi occhi incrociarono i miei, ed erano bellissimi e lucidissimi. 
"Ma io lo so! Ho passato tutta la vita, anche se corta, a sentire insulti su insulti per quello che è la mia famiglia, ad essere presa di mira perché pensavano tutti che i miei genitori mi avessero resa gay. Questa cosa ha definito tutte le mie relazioni nel modo più brutto possibile, e quindi ho deciso che io non sarei mai stata così... Ho iniziato a odiare tutto e tutti perché non ce la facevo più a urlare, a litigare, a controbattere... finché a un certo punto ho smesso di rispondere. E allora prendevo gli insulti, li chiudevo in un piccolo cassetto della mia mente, e rimanevano lì. Così, a casa, quando ero circondata da persone del genere, ho smesso anche di parlare, perché non ne volevo più sapere niente. Non vedo solo l'ora di andarmene via... Quando ho conosciuto te, davvero, pensavo che sapessi cosa vuol dire, ma non lo sai... Anche tu sei come loro..."
Iniziai a giocare con i miei braccialetti, nervosa. 
"Chi ti ha detto di me?"
"Ho visto il tuo cellulare, ecco tutto..."
"Sai che... io sto ancora scoprendo me stessa, non sono propriamente lesbica, ecco..."
"Non importa... Non importerebbe neanche se lo fossi... È che io non voglio più proteggervi... e proteggere me stessa."
"Va bene, uhm... Mi dispiace di averti messo addosso un peso in più..."
"Dispiace a me di non poterlo portare. Ti voglio bene, Himari..."
Mi abbracciò in un lampo, e poi fu subito fuori dalla mia camera, e sospirai ancora una volta, appoggiandomi alle mie mani.

Shin
"Beh, sembra che tutto sia in regola, no?"
Guardai Koi con un sorriso, era venuto con me dal dottore per controllare il bambino, e mi aveva regalato dei fiori per tirarmi su. Probabilmente non sapeva che non me ne sarei fattx niente, ma apprezzavo il pensiero. Koi era stato con me per ogni passo della questione bambino, e gliene ero gratx. Non osavo immaginare a quando sarebbe dovuto andarsene.
"Sì... Grazie di essere venuto con me." Gli diedi un bacino sulla guancia e lui sorrise.
"Allora... Cosa pensi di fare? Non importa cosa decidi, ti aiuterò sempre!"
Ridacchiai a bassa voce, poi lo guardai dritto negli occhi, prendendogli una mano.
"Vorrei tanto tenerlo... Starai con me, no?"
Vidi un grande sorriso sul suo volto, e non ebbi il tempo di dire nulla perché mi prese in braccio e mi fece saltare tra le sue braccia.
"Yay! Sono così felice... Certo che starò con te!"
Risi, prendendolo per le guance e stampandogli un bacio sulle labbra.
"Ah-"
Mi mise subito giù, coprendosi la bocca e facendo un passo indietro. I suoi occhi erano praticamente fuori dalla sua testa.
"Scusami, Koi, lo faccio come niente, non..."
Lo vidi scuotere la testa.
"Non fa niente... È che era il mio primo... Vero bacio, ecco."
Piegai un attimo la testa di lato.
"Vero?"
"Beh, ho baciato persone da attore, e... Sì, ecco... Non fa niente, sono... Tanto felice che sia stato con te."
Sorrisi, scompigliandogli i capelli.
"Sei un angelo, Koi."
Mi abbracciò di nuovo, stretto.
"Ora dobbiamo dirlo ai tuoi... No?"
Lo guardai male. "Sai proprio come rovinare un momento perfetto, eh? Sì, credo che dovremmo."

Mafuyu
Parcheggiai l'auto vicino al cancello della comunità psichiatrica, prendendo un respiro profondo e maledicendomi per non essere riuscito a portare Ritsuka insieme a me.
Entrai, continuando a deglutire nonostante fossi abituato a quel tipo di mondo, ma non appena vidi la faccia che aspettavo da così tanto tempo, il mio cuore si sciolse e andai ad abbracciare aritsune, mio figlio.
"Papà..."
"Tranquillo, papà è qui... Torni a casa con me oggi, hm? Torni a casa" Sorrisi, con qualche lacrima sul viso, e gli baciai la testa,  accarezzandogli il viso sulla cicatrice che gli segnava la pelle.
"Devo parlare un attimo coi dottori, poi sono subito da te, hm? Come ti senti?"
"Uh... Non toccarmi, papà..."
Sorrisi, togliendo le mie mani dal suo viso e mettendomi dritto.
"Sei cresciuto tanto, hm?"
Lo vidi alzare le spalle e poi stringersi su se stesso.
"Parliamo dopo, okay? Arrivo subito."
Andai a parlare con i dottori che si erano occupati di lui per mesi e mesi, e mi informarono sulla sua situazione attuale, che evidentemente era diventata abbastanza stabile. Li ascoltai con un sorriso, dato che era passato troppo tempo da quando avevo sentito buone notizie riguardo ad Aritsune.
"Bisogna evitare di disturbarlo particolarmente, dato che col cambiamento di ambiente potrebbe essere difficile per lui abituarsi... Ma non credo sarà un grosso problema per la sua schizofrenia..."
"Okay, okay..." Annuii velocemente, non vedendo l'ora di poterlo portare a casa.
"Fatelo sentire amato, ma tenetelo d'occhio, e... sappiate che comunque è una persona, normale, ed è un ragazzo che deve fare le sue esperienze. Conosce i suoi limiti e conosce la sua malattia, è un bravo ragazzo. Lei lo sa più di noi..."
Ringraziai i dottori velocemente, felice di sentire parole confortanti, e poi andai subito a infilare mio figlio in macchina.
"Sei felice di tornare a casa?"
"Sì... però avevo un po' di amici... Posso tornare qualche volta?"
Sorrisi. "Certo che puoi, Ari... Mi sei mancato tanto, lo sai?"
Annuì e basta. "Come stanno i miei fratelli?"
"Bene, tesoro, non vedono l'ora di vederti..."
"Okay."

It's a Family Matter (Given ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora