shizu
"Questa va agli Uenoyama... E questa la prendo io, va bene?"
Mi girai, cercando di mantenere l'equilibrio sulla sedia. Avevo in mano due bottiglie, che sarebbero finite in una busta insieme a molte altre, vuote, mezze piene, mai aperte e quasi finite.
"No... Lasciami il vino rosso... È italiano, per davvero... È costato un sacco di soldi..." Cercai di girarmi ancora di più, e guardai Hiiragi dritto negli occhi. Si stava stringendo nella propria coperta a quadri, potevo vedere solo la sua testa rivolta verso di me e la sua mano con tanto di sigaretta.
Aveva le occhiaie, più di quante non gliene avessi mai viste, sembrava malato.
La notte in cui Ritsuka era venuto a darmele di santa ragione, mi ero svegliato in ospedale con le dita intrecciate con quelle di Hiiragi, e quando mi aveva abbracciato, avevo sentito un peso enorme abbandonarmi, e mi ero sfogato un po' con lui. I suoi occhi erano spenti, tristi e persi, e non ce l'avevo fatta. Avevo cominciato ad andare a trovarlo a casa sua ogni giorno, anche se i ragazzi non lo volevano vedere. Avevo scoperto che andava avanti ad alcol e nicotina, in poco tempo il suo appartamento era diventato un disastro, non mangiava più se era da solo e c'erano pezzi di oggetti rotti sparsi ovunque. Quando andavo a trovarlo, mi portavo via una bottiglia, ma appena tornavo ne trovavo tre in più, e ancora più disordine, così dopo qualche settimana mi ero deciso ad andare a mettere a posto e gli avevo detto chiaro e tondo che gli avrei preso tutte le bottiglie perché quella storia doveva finire prima che fosse troppo tardi.
"È per questo che lo prendo io." Gli sorrisi appena, e lo vidi tremare e distogliere lo sguardo.
"Lasciami qualcosa, per favore?"
Sospirai, e chiusi l'armadietto. Misi la borsa sul bancone della cucina, e dopo essere sceso dalla sedia ci infilai dentro anche le due bottiglie che avevo in mano.
"Ci sono delle birre nel frigo... Ti ho comprato anche del cibo fresco, però devi mangiarlo, okay?"
"Hm... Il mio portafoglio è nello svuotatasche..."
"Zitto, non mi servono i tuoi soldi..." Misi la sedia a posto, guardandomi intorno. Avevo pulito tutta la casa, ero soddisfatto. "Ho bisogno di parlare con te, però."
Mi guardò con gli occhi lucidi e il respiro accelerato.
"Forse è un buon momento per tirare fuori la prima birra..."
"No, fermo. Stai lì..." Andai a sedermi sul tavolino da caffè davanti al divano. In quel momento, che ero faccia a faccia con lui, riuscivo a vedere quanto fosse dimagrito. Guardai le mie braccia e le mie gambe, chiedendomi se io gli avessi dato la stessa impressione qualche settimana prima.
"Beh, se devi parlare, parla..."
Buttai giù un po' di saliva.
"I ragazzi ti vogliono vedere."
"Menti."
"Sì. Ma io voglio che tu li veda. E tu vuoi vederli. Perciò devi riprenderti al più presto possibile."
"Sto bene."
"No."
Seguì un momento di silenzio troppo lungo.
"Perché hai picchiato Ko?"
"Non mi ricordo."
"L'hai fatto, è per quello che ora sta da me."
"Non è vero."
"Sì."
Spense aggressivamente la sigaretta sul posacenere, e se ne accese subito un'altra.
"Mi odi?"
"No."
"Allora perchè hai picchiato mio figlio dicendogli che era perché assomiglia troppo a me?"
"È difficile."
"Non è vero, è semplicissimo."
"Mi hai fatto male."
"Anche tu."
"Ti sei scopato un'altra persona..."
"Anche tu."
"Solo quando ho visto che l'avevi fatto tu! Mi avevi trattato malissimo, tra l'altro... e poi ero arrabbiato, e mi mancavi..."
"Anche... Tu."
Mi spostai, mettendomi sul divano accanto a lui.
Lui appoggiò la sua testa sulla mia spalla.
"La mia vita mi sta scivolando dalle mani..." Lo guardai con la coda dell'occhio, prendendogli una mano.
"Ero solo... Così distrutto... E solo... Ho fatto una cazzata... E poi ne ho fatte altre mille... Non avrei mai dovuto lasciarti andare, Shizu... E ora non posso tornare indietro... Mi dispiace tanto..."
Lo zittii, perché sentire quelle cose faceva stare male anche me.
"Facciamo un tè, dai..." mi alzai, guardandolo un'ultima volta prima di andare di nuovo al bancone della cucina.
"Devi solo scusarti con loro... Capiranno. Ti vogliono tanto bene... Sei il loro papà."ko
"Amore, dai... Non ho voglia di andare a casa, Yuki è sempre in camera con Kin e mio padre non è neanche a casa, per favoooooooore...."
"Devo provare! Non posso saltare tutte le ore che dovrei dedicare al violino..."
"Dai, puoi provare anche se ci sono io..."
"No che non posso!"
"E che cazzo, però. Studi sempre! Non ti importa niente di me, ma solo del tuo stupido violino, dopo tutto quello che ho fatto!"
Non mi ero accorto di aver alzato la voce, o almeno, non volevo.
Reshui mi guardò con gli occhi lucidi, andando a sedersi sul letto.
"No, no, no, no. Scusa, amore. Non volevo urlare, lo giuro. Ti fidi? Scusa, non penso quello che ho detto, era solo... Ugh..."
"Hai così paura della mia reazione che preferisci ritirare la verità?"
"Rere..."
"No, tranquillo... Hai ragione."
Mi prese dal collo della maglietta, mettendomi sotto di lei e baciandomi.
"Dovrei dedicare più tempo a te." Mi baciò tutte le clavicole. Io le sorrisi.
Lei non sorrise.omitsu
E così, alla fine ero appoggiata al suo petto, con un po' di fiatone e le coperte che arrivavano sotto al petto. Le sue mani mi stavano ancora accarezzando, fermandosi sui punti sensibili del mio corpo che mi facevano lamentare, e di conseguenza che facevano ridere lui. Smise di giocherellare con i miei capelli quando gli passai di nuovo la canna che ci eravamo preparati poco prima, e lui mi sorrise.
"Ti piace davvero?"
"Ah? Sì, è erba buonissima..."
"No, scemo... Parlo del mio corpo..."
"Huh? Perché dovrei avere problemi col tuo corpo? Ti ho sempre trovata sexy, Omi. Solo che, sai, data la situazione, non potevo andare in giro ad urlarlo ai muri..."
Ridacchiai.
"Non parliamo di lui, per favore. Non dopo che farlo con te me l'ha fatto dimenticare un po'..."
"Hm, e va bene, tesoro." Continuò ad accarezzarmi le spalle, e i fianchi, e le gambe... Ci baciammo ancora e ancora.
Neanche Yuki aveva mai potuto fare cose del genere.
"Quindi... Pensi ancora che io sia gay?"
Scoppiai a ridere.
"Sta' zitto, Hitoshi!"
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It's a Family Matter (Given ITA)
FanficOrmai i nostri adorati personaggi di Given sono mariti, mogli e genitori. Essendo molto legati, sono rimasti tutti amici, e i loro figli si conoscono tra di loro come se fossero fratelli. Tra amori, dolori e avvenimenti inaspettati, l'adolescenza di...