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La sera era calata e un altro giorno di lavoro era terminato. Cleo era stanca e sentiva un gran bisogno del suo caffè preferito, quello che solo l'Elly's Pancake House poteva fare. Così si avviò a passi leggeri verso il bar, senza aver bisogno di prestare troppa attenzione alla strada, che conosceva ormai a memoria.

A Chicago continuava a far freddo e il cielo, terso e coperto dalle nuvole, sembrava voler lasciar andare dell'acqua, da un momento all'altro. Si strinse nel suo cappotto, guardando il cielo e lasciando che i suoi pensieri vagassero.

Erano passati due giorni dall'ultima volta che aveva visto Harry, dalla discussione che aveva finito per far salire a galla ciò che non avrebbe mai pensato di provare. Era difficile dover ammettere che qualcosa era cambiata, che il suo cuore aveva deciso di cedere a qualcosa che le era ancora sconosciuta. Non avrebbe dovuto lasciarsi andare così, lasciare che qualcuno come Harry riuscisse a filtrare tra le piccole crepe che c'erano sul suo muro, perché questo significava mettersi in gioco, rischiare che qualcuno le spezzasse il cuore e lei non voleva che succedesse. Essere debole, vulnerabile, erano opzioni che aveva sempre scartato perché sapeva che avrebbero portato ad un dolore che lei non avrebbe sopportato. Essere debole non faceva per lei, essere forte, invece, era l'unica possibilità che aveva per sopravvivere. Ma tenere alla larga dei sentimenti così grandi, come l'amore, era qualcosa di impossibile anche per una con grande volontà e forza come lei. Tenere fuori dalla propria vita l'amore si era dimostrato facile, fino ad allora, fino ad Harry. Ma Harry non era la persona giusta, non poteva esserlo. Non per lei.

Harry le assomigliava troppo. Guardare Harry era un po' come guardarsi allo specchio. Harry era inaffidabile. Harry era cinico e acido quando voleva. Sapeva essere un ottimo amico, ma un pessimo amante. Non lo aveva mai visto innamorato, non lo aveva mai visto con la stessa ragazza per più di due giorni. Lui scappava dall'amore, da qualsiasi sentimento potesse avvicinarsi solo minimamente ad esso, ed era quello che aveva fatto lei, fino a quel momento.

Ma per quanto tempo ancora potevano nascondersi dall'amore? Per quanto tempo ancora avrebbero potuto sperare che la freccia di Cupido li mancasse? Beh, non per molto a quanto pareva, perché Cleo doveva ammettere che qualcosa stava succedendo, che scappare non aveva fatto altro che peggiorare la situazione, perché in quel momento era più terrorizzata che mai. Ma provare qualcosa per Harry era da pazzi, era come buttarsi da un precipizio con la consapevolezza che ad aspettarla lì giù c'era solo l'asfalto. Provare dei sentimenti per Harry era da incoscienti, ed essere incosciente non era da lei. Cleo era quella razionale, era quella che valutava qualsiasi situazione attentamente prima di poter decidere il da farsi, era per quello stesso motivo che l'amore non aveva mai fatto per lei. Amare qualcuno significava buttarsi da un grattacielo. Amare voleva dire essere irrazionali e lasciare alle emozioni il potere su tutto e lei non poteva permetterselo.

Tutti quei pensieri, però, non sarebbero serviti a nulla perché quel sentimento sarebbe rimasto sotterrato nella parte più profonda della sua anima e del suo cuore. Tutte quelle congetture sull'amore e su Harry erano solo fantasie, perché lui non avrebbe mai potuto lasciarsi andare in qualcosa del genere, anche se le aveva fatto credere il contrario. Harry non era pronto per qualcosa di così grande e nemmeno lei lo era.

Cleo arrivò fuori al grande bar e spinse la porta a vetri, lasciando che il caldo della grande sala l'avvolgesse completamente, riscaldando il suo corpo ancora intorpidito dal freddo. Quel posto era speciale, con quel colore delle pareti così caldo e l'ambiente suggestivo ed intimo. Avrebbe passato tutto il suo tempo lì, se solo avesse potuto farlo davvero. Si guardò intorno, notando che quella sera il locale era quasi vuoto, a parte qualche cliente sparso qui e lì e... Improvvisamente il suo sguardo cadde sul tavolo dove era solita sedersi, quello di fianco la grande vetrata che le permetteva di dare uno sguardo sul mondo esterno. Due grandi occhi verdi erano puntati su di lei, inchiodandola sul posto tanto che erano intensi e pregnanti. Il respiro le mancò e tutto intorno a lei diventò sfocato, tranne quei due occhi giada che, solo in quel momento, si accorse gli fossero mancati. Patetica. Lei e i suoi pensieri erano patetici, e il suo cuore che continuava a battere incessantemente, frenetico e nervoso. Quello sguardo era patetico. No. Quello sguardo era bellissimo e snervante allo stesso tempo.

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