17. Eterno ritorno

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Kael si trovava nel salotto della sontuosa casa di Soren, immerso nei propri pensieri mentre esaminava il calice nelle sue mani. L'oggetto era massiccio e splendidamente lavorato, ma ciò che lo incuriosiva era il piccolo sigillo inciso vicino alla base. Un serpente avvolto in un cerchio, che sembrava voler mordersi la coda ma senza mai riuscirci. Lo stesso simbolo lo aveva trovato sulla lettera che aveva ricevuto. 

Con lo sguardo fisso sul calice, Kael tentava di decifrare quel simbolo criptico, sperando di scorgervi un significato nascosto, qualcosa che li aiutasse a collegare i pezzi di quel complicato enigma. Ma più osservava, più il simbolo rimaneva muto e impenetrabile.

Intanto, Kieran sfogliava i pesanti volumi disposti sugli scaffali della biblioteca di Soren, alla ricerca di un qualche riferimento che potesse somigliare a quel serpente che formava un cerchio quasi completo. Esaminava con attenzione le varie simbologie delle casate, tentando di trovare un collegamento che aprisse loro una nuova strada da seguire.

Anche Nassy era lì, seduta a un tavolo vicino, ma il suo sguardo sembrava assente, smarrito. Passava le dita sulle pagine dei libri con movimenti lenti e meccanici, ma Kael notava come ogni tanto si fermasse, come se avesse dimenticato cosa cercare. La sua mente era altrove, divisa tra la loro missione e qualche pensiero che la distraeva. Kael sentiva la tensione nell'aria, come una corda tesa tra loro: il suo comportamento di quel pomeriggio l'aveva scossa profondamente, e ora sembrava incapace di affrontarlo.

Ogni tanto lei sollevava lo sguardo lanciando a Kael occhiate rapide e incerte, quasi cercando un segno che le confermasse che lui fosse tornato sé stesso, che non fosse più quello sconosciuto che aveva visto quel pomeriggio. I suoi occhi erano velati da un misto di preoccupazione e di timore; sembrava voler dire qualcosa, forse chiedergli come stesse, ma si tratteneva. Kael capì che lei temeva di fare o dire la cosa sbagliata, di scatenare in lui un'altra reazione brusca. Eppure, anche nel suo silenzio, non riusciva a distogliere completamente lo sguardo da lui, come se volesse leggere nelle sue espressioni una rassicurazione che il Kael che conosceva non fosse andato del tutto perduto.

Alaric, invece, si era ritirato senza una parola nella sua stanza e non era più riapparso. Non gli aveva rivolto un solo sguardo da quando erano tornati, lasciando Kael con un senso di vuoto in petto che faticava a ignorare. Era come se avesse perso il rispetto e la fiducia del suo amico più fidato, e ogni tentativo di giustificarsi sembrava inutile.

Kael chiuse gli occhi, voleva utilizzare di nuovo la Vista sul calice e allo stesso tempo sottrarsi agli sguardi imperscrutabili di Nassy e Kieran, così provò, per l'ennesima volta a immergersi in una delle sue visioni. Un'immagine confusa iniziò a formarsi, ma, ancora una volta, fu la donna mascherata a comparire nella sua mente. Intrappolato in quella visione, poteva solo immaginare i contorni del suo volto dietro la maschera e udire, in sottofondo, quello strano canto ipnotico che lo stordiva.

Un fremito di frustrazione lo scosse, e aprì gli occhi, fissando il calice con un'espressione cupa. «Non riesco,» disse brusco, con un tono che tradiva tutta la sua impazienza. «Vedo sempre e solo quella donna.»

Sapeva che presto i suoi compagni lo avrebbero affrontato per gli eventi di quel pomeriggio. Ma a lui non importava. Non aveva alcuna intenzione di giustificarsi: era certo di aver fatto la cosa giusta costringendo quell'uomo a parlare. Il tempo era poco, e ogni singolo dettaglio poteva fare la differenza.

Quando Soren rientrò nel salotto, il suo sguardo si soffermò brevemente sul gruppo riunito attorno a Kael. Con un sorriso pacato, cercò di rompere la tensione. «Ho chiesto a Mira di preparare del tè e dei biscotti,» disse, «così da risollevarvi un po' il morale.»

Kael alzò lo sguardo verso di lui. «Soren, conosci questo simbolo?» chiese senza preamboli, mostrando il calice e indicando il serpente inciso. 

Soren osservò il calice con attenzione, ma si limitò a scuotere il capo. «No, non l'ho mai visto prima.» 

AB UMBRA LUMEN - Dall'ombra viene la luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora