20. L'unico ricordo

13 3 0
                                    

Kael si svegliò di soprassalto nel bel mezzo della notte, il cuore che batteva all'impazzata e la mente ancora avvolta nel sonno. La penombra della stanza era interrotta da un sottile raggio di luce argentea che filtrava dalla finestra, illuminando la figura che si ergeva sopra di lui. 

Lirael lo sovrastava a cavalcioni puntandogli con forza un coltello arrugginito alla gola. 

I suoi occhi, di un azzurro intenso e glaciale, brillavano come due stelle fredde nel buio, e la loro determinazione era palpabile. I lineamenti del suo viso, delicati e perfetti, erano incorniciati da ciocche di capelli corvini che portava raccolti in una coda alta. 

Il freddo del metallo lo colpì come un fulmine, un contatto tangibile che lo fece trasalire, risvegliando in lui un istinto primordiale. 

«Ridammi ciò che è mio, demonio!» esclamò Lirael, la voce ferma e autoritaria, mentre il coltello scintillante brillava minacciosamente nella penombra.

Reagendo come un guerriero addestrato, Kael afferrò il polso della ragazza e, con un movimento rapido e deciso, la fece ruotare, costringendola a perdere l'equilibrio. Si ritrovarono così sull'altro lato del letto, lui che la sovrastava con il suo peso, schiacciandola contro il materasso. 

«Dannazione, come sei entrata? Come mi hai trovato?» chiese, la voce carica di incredulità e frustrazione, mentre il viso si trovava incredibilmente vicino a quello di lei. Il loro sguardo si incrociò e Kael si sentì divertito dalla situazione, mantenendo saldamente il controllo.

Osservò Lirael, la mano di lei ancora stretta attorno alla lama, e il suo sguardo scivolò sulle sue labbra rosse, disegnate alla perfezione. In quel momento, si rese conto di quanto fosse straordinariamente bella, anche nella sua rabbia. La sua pelle, chiara come la luna, brillava nella semioscurità, riflettendo la luce argentea e conferendole un'aura quasi eterea mentre i pantaloni di cuoio grezzo e la camicia nera che indossava mettevano in evidenza le sue forme.

Con un sorriso beffardo, le disse: «Hai sbagliato a venire qui.» La provocazione era evidente nella sua voce, e Kael si divertiva a mostrarle quanto fosse facile per lui sovrastarla, come un predatore che si compiace del suo potere su una preda.

Lirael tentò di liberarsi, ma lui le strinse ulteriormente il polso, mentre con il corpo la bloccava sotto di lui. La guardò con un cipiglio, divertito dalla sua resistenza. La tensione nell'aria era palpabile, mescolando l'attrazione e il conflitto, mentre la luce argentea continuava a danzare attorno a loro, creando un'atmosfera carica di elettricità.

«Ora dimmi come mi hai trovato,» le sussurrò, la voce carica di una sfida giocosa e, mentre parlava, sentì un'inaspettata tentazione crescergli dentro,  l'impulso quasi incontrollabile di chinarsi fino a sfiorarle le labbra.

«Ti ho seguito, stupido,» replicò lei, il tono freddo, ma non poteva nascondere un accenno di frustrazione. «Ora smettila di guardarmi così e ridammi la mia collana!» Le sue parole erano taglienti, eppure Kael non distolse lo sguardo. Al contrario, quel tono deciso lo divertiva.

Avvicinò il viso, fingendo un interesse improvviso per le parole di lei, mentre in realtà continuava a studiarla con occhi maliziosi. Il suo sorriso si allargò, sornione.
«Oh, la tua collana?» ripeté, trattenendo a stento un ghigno. «Non mi sembri nella posizione per fare richieste.» 

Gli occhi di Lirael lanciavano scintille, e lei si contorse, cercando di liberarsi con tutta la forza che aveva, ma Kael non mollava la presa.
«Demonio arrogante!» lo insultò, il disprezzo evidente nella sua voce.

Kael scoppiò a ridere, senza più trattenersi. «Forse. Ma lo sapevi già quando sei venuta a cercarmi, no?» Il suo sguardo tornò a posarsi sul viso di lei, indugiando sulla bocca. «Cosa ti ha fatto pensare che sarebbe stato così facile?»

AB UMBRA LUMEN - Dall'ombra viene la luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora