Chapter 12

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Garett Craven e Byron Wuss. Questi sono i nomi dei tizi che hanno rapito Brooklyn.
Pare che siano dei criminali professionisti e che stessero tenendo d'occhio già da tempo la famiglia Wright.
Alan, il padre di Brooklyn, sta cercando di fare il possibile per rintracciare il luogo da dove è stato mandato il messaggio con cui i rapinatori hanno chiesto 500.000 mila sterline come riscatto. Ma fin'ora, la polizia non è ancora riuscito a far nulla. Come sempre del resto.
Sono già passati tre giorni.
Mi chiedo come stia Brooklyn.
Sono corso subito fuori a cercarla, quando Sophie me l'ha detto. Non so cosa mi fosse preso, cosa mi aspettassi, ma sono saltato sulla moto, come se non potessi fare altrimenti, e ho perlustrato tutte le strade della città.
È stato sciocco da parte mia, pensare di essere in grado di ritrovarla subito. Davvero stupido. Mi sembra di non fare altro che stupidaggini, ultimamente. Sopratutto quando si tratta di Brooklyn.
Sento che sto per impazzire, da un momento all'altro. Perché sono così preoccupato per lei, da non riuscire neppure a dormire? Che casino, ragazzi.
Mi scompiglio i capelli, come se potessi tirare fuori da quell'ammasso disordinato una soluzione. Nulla.
   Mercoledì. È mezzanotte passata. Oggi è il mio giorno di riposo. Riposo, per chiarire, solo dal lavoro.
Non sono ancora riuscito a prender sonno. Sembra impossibile, in questa tempestosa notte di febbraio.
Il cielo che di giorno mi era sembrato così calmo, sta ora scatenando tutta la sua furia. Tuoni e lampi dappertutto. Mi alzo da letto e scendo al piano terra per vedere se Lucy è riuscita ad addormentarsi.
Mi avvicino a lei e vedo che ha gli occhi chiusi, ed è assorta da un sonno profondo.
Le carezzo una guancia e sorrido debolmente.
Salgo nuovamente in camera mia e mi distendo sul letto, prendendo la palla di neve che mi aveva regalato Brooklyn l'ultimo dell'anno, sulla London Eye.
Giro la chiavetta sul lato, e subito, lentamente parte una dolce melodia di pianoforte.
Chiudo gli occhi, penso a quella notte, e mi pare siano passati dei secoli.
...quella dolce melodia, che suonava silenziosa in quell'urlare incontrollato delle persone ... I fuochi d'artificio... La città tutta illuminata, con le finestre delle case che sembravano migliaia di stelle luccicanti...
Brooklyn, quand'è che mi sono legato così tanto a te? Mi domando, e la risposta vaga per la mia testa, si va a nascondere da qualche parte a me ignota, e non vuole essere trovata.
La dolce melodia continua a suonare, e la stanchezza ha la meglio su di me.
L'ansia si fa da parte, si annoia a tormentarmi da sveglio e preferisce che mi addormenti, in modo tale che possa inquinare anche i miei sogni. E io, che sono esausto, glielo lascio fare.

Brooklyn, scusami. Non sono stato in grado di trovarti... Non ho fatto abbastanza. Perdonami.

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