Capitolo 2

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Il ragazzo non riusciva a smettere di pensare al dialogo appena terminato con il bottegaio e numerose domande affollavano la sua mente in cerca di risposte difficili da ottenere da un cervello poco allenato a far grandi ragionamenti.
Achal lasciò cadere per un attimo l'attenzione da quei pensieri e si ricordò del suo fedele amico che era volato via durante il dialogo con il pescivendolo. Data l'ora di pranzo, la piazza del mercato si stava svuotando a poco a poco, cani e gatti gironzolavano tra gli ultimi banchi rimasti in cerca di qualche avanzo con cui pasteggiare.
Il giovane fischiò per richiamare a se il falco. Alzò lo sguardo al cielo per tenere d'occhio tutto lo spazio sovrastante la piazza, ma dell'animale non vi era traccia.
«Non hai ancora trovato il tuo amico?» domandò qualcuno alle spalle di Achal.
Il ragazzo non voleva far allarmare inutilmente il pescivendolo. «Signor Hiddinks non si preoccupi, si farà vivo presto. Sarà sulla mia spalla lungo la strada di casa.»
Un po' perplesso e dispiaciuto l'uomo torno alle sua faccende.
Achal percorse il tragitto che portava alla Porta Sud della città alzando frequentemente gli occhi in cerca del suo compagno. I raggi del sole gli impedivano di mantenere lo sguardo al cielo per lungo tempo e il loro calore rendeva la camminata assai stancante.
La Porta Sud era il principale dei tre ingressi alla città di Varineo e si ergeva interrompendo le lunghe mura di cinta percorribili sulla sommità. Le due torri laterali in pietra stringevano fra di se un grosso e spesso portone di legno molto stagionato, che durante il giorno era solito lasciarsi aperto per facilitare l'ingresso ai passanti. Col sopraggiungere della notte, invece, veniva inderogabilmente chiuso, affinché niente o nessuno potesse accedere alla città senza un permesso scritto e accordato dalla Governatrice in persona. A picchetto, mai meno di una decina di guardie. Lo spiazzo davanti al portone raccoglieva la strada che costeggiava internamente le mura e il viale centrale proveniente dal castello in cui Achal stava camminando.
Il ragazzo oltrepassò il varco verso l'esterno della città senza far caso alla guardia che lo stava osservando e proseguì lungo il sentiero diretto al Bosco di Haroonwall. Una nuvola oscurò per qualche minuto il sole dandogli un po' di sollievo dal suo continuo infierire. Tutto intorno regnava la calma. Tutto era fermo, immobile, solo ogni tanto si udiva in lontananza il verso di qualche uccello palesemente diverso da quello del suo amico volatile. Unicamente il verde dei campi rendeva meno scoraggiante la vista di quel ancora lungo percorso fino alla sua abitazione.
Achal era solito transitare lungo il sentiero che aggirava il bosco, per evitare l'incontro indesiderato di qualche animale pericoloso, ma quel giorno decise di attraversarlo per risparmiare tempo, ansioso di verificare se Kir fosse già rientrato a casa prima di lui.
I raggi del sole bucavano solo qua e là la fitta vegetazione del bosco, permettendo così al ragazzo di godere finalmente dell'ombra delle grosse querce centenarie che costeggiavano ambo i lati della stradina.
La sensazione di benessere però svanì quasi subito.
Man mano che vi si addentrava, la luce diminuiva e il timore di imbattersi in situazioni pericolose cresceva ad ogni passo. I rumori gli parevano sempre più sinistri, facendo scaturire in lui l'impressione di essere seguito.
Achal si voltò per assicurarsi di esser solo. Riprese immediatamente a camminare velocemente con il cuore che batteva sempre più forte, trovandosi così a correre senza neanche accorgersene. Galoppava a testa bassa, inciampando sui ramoscelli secchi che stridevano sotto alle scarpe dalla suola sottile. La tranquillità dei campi fuori dal bosco era solo più un ricordo, anzi, un desiderio che per sua fortuna però non tardò a manifestarsi: l'uscita del querceto era proprio lì davanti a lui.
Placò le sue paure, scoprendole a poco a poco sempre più infondate e inconsistenti. Passo dopo passo, il cuore rallentava il suo pulsare e la serenità tornò di nuovo a diffondersi nell'animo.
Si lasciò il bosco alle spalle, mentre il sole tornò a picchiettare sulla chioma riccia ondeggiante ad ogni passo. In lontananza, il profilo rincuorante della sua modesta abitazione.
La casa sorgeva su una poco pronunciata collinetta. Piccola e interamente in legno, era composta da due stanzette adibite a camera da letto e sala da pranzo. Separatamente sul retro, vi era un capanno per gli attrezzi del mestiere. Tutto intorno, uno steccato delimitava la sua proprietà. Al di fuori solo campi e sterpaglie.
Achal si accorse che accanto alla porta d'ingresso vi era un uomo seduto per terra. Rallentando un po' la sua andatura, sgranò gli occhi in cerca di una conferma più precisa.
Cercando di mostrarsi il più sicuro e convincente possibile, gridò non appena appoggiò una mano alla staccionata. «Chi sei?»
L'uomo non rispose ne si mosse dalla sua posizione.
«Esci immediatamente dalla mia proprietà?» si alterò percorrendo il vialetto d'accesso alla casa.
«Son io...» sussurrò a malapena l'individuo.
«Santo cielo, ma lei è ferito! »
«Aiutami, ti prego, devo aver un vetro conficcato nella spalla!»
In che guaio si sarebbe cacciato aiutando quell'individuo? Non poteva saperlo. Magari tra breve avrebbe avuto la casa piena di brutti ceffi pronti a fargli la pelle. Cercò di non cedere alla pena, ma non avrebbe dormito la notte con il destino di quell'uomo sulla coscienza. Diffidente, ma obbligato dal suo buonismo, non poté che cedere.
«Che diavolo ha combinato? Forza si tiri su. Venga dentro puliamo la ferita!»
Il giovane boscaiolo tirò fuori dalla sacca la chiave, sostenendo con il braccio sinistro lo sconosciuto. Aprì e con un piede spinse la porta per liberarsi il passaggio. «Non so chi lei sia, ma mi deve qualche spiegazione. Non tocchi niente! Stia sdraiato qui sul letto, prendo dell'acqua.»
«Fai in fretta.» disse l'uomo stringendo la mano di Achal «Non c'è molto tempo. Possono avermi seguito.»
Il ragazzo si irrigidì e tirò via la mano. «Se lei è immischiato in qualche brutto pasticcio, se ne vada immediatamente. Glielo sto dicendo in maniera garbata, è già tanto che non la caccio a calci nel sedere.
«Calmati!»
Il giovane indietreggiò finendo contro la guardaroba. «Ascolta: so che ti suonerà strano tutto quello che ho da dirti, ma devi starmi a sentire!» fece una smorfia di dolore. Come poteva dirgli quelle cose? C'erano parole più giuste di altre? «Per anni hai posseduto un falco, lo hai accudito con amore seguendo le indicazioni che tuo padre ti ha lasciato in punto di morte. Un giorno ti disse anche di averlo ricevuto da tuo nonno...»
Achal era sbigottito. Come poteva quello sconosciuto conoscere quelle cose? «Kir? Dov'è il mio falchetto?» Pensò al peggio. Era morto? Una logica spietata gli attraversò la mente.
«Devi sapere che Kir non è un semplice falco...»
Il giovane lo guardò smarrito, era come in trance. Un misto tra un "non me lo dire" e un "che assurdità vai dicendo".
«Lui può assumere sembianze umane! Non mi crederai da subito, ma sono "io" quel falco!» Osservò per un istante la reazione del ragazzo, ma continuava ad aver lo stesso sguardo sperduto. «Hai sempre pensato che fossi un uccello come tanti altri, ma ti sbagliavi. Anzi era quello a cui dovevi credere fino ad oggi!»
Achal si girò e franò sopra alla prima sedia che gli venne a tiro. «Mi... mi... mi stai dicendo che tu sei il mio Kir? Kir? Proprio quel Kir?» domandò incredulo.
Annuì. «Aiutami con questa ferita e ti dimostrerò che non sto mentendo.»
Achal si levò in piedi e senza dire una parola andò a riempire un catino con dell'acqua pulita.
Kir strinse i denti, cercando di non aggravare ulteriormente quella situazione già fin troppo delicata con le sue parole «Ho dovuto dirtelo così bruscamente. Come ti ho già detto, ho paura di esser stato seguito da coloro che mi hanno rapito.»
Kir strappò la camicia all'altezza della ferita, ormai intrisa di sangue. Il vetro si era conficcato un paio di centimetri dentro la carne, fortunatamente senza rompersi e recidere nulla di vitale. Con l'aiuto di un paio di pinze, Achal estrasse il vetro dalla spalla. La ferita cominciò a grondar sangue, non sarebbe bastato ripulire.
«Dobbiamo chiuderla o si infetterà.»
«Ti procuro ago e filo, ma te la devi vedere da solo. Spacco legna tutto il giorno, non ho molto la mano ferma.»
Dopo aver fasciato, il giovane pretendeva risposte.
«Come posso fidarmi di te?»
«Domanda pure ciò che vuoi, saprò risponderti solo nel caso io conosca bene te o la tua casa.»
Achal pensò un secondo. «Dove tengo i miei conti?»
«In un diario dentro la cassettiera in camera da letto.» rispose prontamente.»
«E lo zucchero?»
«In quell'anta lassù in alto.»
Il boscaiolo accennò ad un sorriso. «Come si chiamava mio nonno?»
Ci fu un attimo di silenzio. «Benjamin, ovviamente! Prima di lui ho conosciuto Herman, suo padre, e prima ancora Isak. Procedendo a ritroso... Adam, Boyd, Coen, Dave...»
«Ok, ok ti credo. Basta che la smetti!» Lo guardò fisso per un attimo negli occhi. «Ma quanti anni hai?
«Molti ragazzo mio, molti!»
Kir si alzò cercando di non muovere troppo la spalla dolorante. «Non abbiamo molto tempo come ti ho già detto: ti anticipo che non conosco tutta la storia in se e le vere motivazioni per cui sono tenuto a fare ciò che faccio ormai da secoli.»
«Secoli?» interruppe Achal.
«Sì... secoli... Secoli fa, appunto, mi è stato affidato un incarico molto importante e fino ad oggi è andato sempre tutto per il meglio. Non posso raccontarti proprio tutto, metterei troppe vite in pericolo. Ti posso dire però, che mi stanno cercando e vogliono questo.» Kir frugò nella tasca destra dei suoi pantaloni e ne estrasse un medaglione. «Questo è il medaglione della Confidenza, non so che funzione abbia di preciso, ma deve essere consegnato al signor Abo Edwald al più presto possibile.»
«Non mi vorrai dire che tutte quelle cose sulla Confidenza sono vere?» chiese sconcertato il ragazzo. Dove aveva già sentito quel nome? Pensò un secondo e ricordò: in mattinata alla bottega di Mastro Barry. «Abo scorbutico Edwald, il Giocatore di Carte?»
«Come scusa?»
«Lascia perdere.»
«Comunque, vedo che lo conosci... Meglio così dato che dovrai andarci tu a portarglielo.»
«Io? No, no. Stai scherzando, vero? Non se ne parla neanche.» affermò deciso.
«Senti Achal, non c'è tempo per gli scherzi. Qui non si tratta di me o di te, ma della tutela di chissà quante persone. Prendi questo medaglione e vai dal signor Edwald. Io cercherò di farti guadagnare tempo e di sviare la loro ricerca. Loro pensano che tu non sia a conoscenza dei fatti.»
«Ma loro chi? Chi ti ha rapito? Non ci capisco niente?« la testa del ragazzo esplodeva di domande.
«Non lo so, cercavano quello.» indicò il medaglione nelle mani del ragazzo «Conoscevano parte degli eventi che dovrebbero essere segreti. Non so come possano sapere queste cose, ma le sanno.»
«Ma come ti sei fatto questo brutto squarcio?»
«Ti ricordi quando sono volato via dalla tua spalla?» Achal annuì.
«Bene. Ho fatto il mio solito girò di perlustrazione dall'alto, giusto per sgranchirmi le ali. Poi sono sceso in un vicolo dove ho preso sembianze umane. Dal nulla sono sbucati quattro brutti ceffi e uno di loro mi ha tramortito con l'impugnatura della spada facendomi perdere i sensi.» disse Kir toccandosi la testa dove aveva ancora il bernoccolo. «Mi sono svegliato in una stanza. Mi tenevano bendato e legato ad una sedia. Ricordo che intravedevo le figure di due uomini. Uno non ha mai parlato ed è rimasto sempre seduto in un angolo ad osservare l'altro che mi tempestava di domande e parlava ad una spanna dalla mia faccia.»
Achal si alzò dalla sedia pensando a tutte quelle cose che Kir gli stava raccontando e a quanto la sua piatta vita stava per cambiare. Aveva sempre desiderato un po' di avventura, ma tutto questo lo stavo sconvolgendo.
«Come hai fatto a scappare?»
«Ho notato che dalla mia sinistra proveniva della luce. Ho tirato una testata all'uomo e mi sono buttato dalla finestra conficandomi un vetro nella spalla.»
«Ma non eri legato?»
«Sì, mi sono trasformato durante la caduta, sciogliendo così le corde, anche se ho rischiato molto data la ferita.»
«E... il medaglione dove lo tenevi?»
«Nel capanno degli attrezzi, qui da te.»
«E ora?» domandò comunque intuendo già la risposta.
«Ora devi fare la tua parte amico mio. Ti sono stato vicino in ogni momento e percepisco il tuo scontento per la vita mediocre che dici di avere. Adesso hai l'occasione di far parte di qualcosa di molto più grande. Sappi che non te lo avrei chiesto se non fosse necessario!»
«Ho paura di non essere all'altezza. E se que... que... quelli mi trovano?» balbettò il giovane.
«Non succederà. Come ti ho già detto, pensano che tu non sappia niente. Verranno dietro a me. Fidati!»
Achal guardò il medaglione che teneva fra le mani sapendo che la sua coscienza non gli avrebbe mai permesso di tirarsi in dietro, come quando poco fa trovò quell'uomo ferito davanti alla porta di casa. Il pensiero volò al giorno in cui suo padre gli fece tenere per la prima volta sulla spalla quel falchetto. Aveva solo cinque anni, e ora quel animale gli stava parlando sotto forma umana chiedendogli di prendere parte ad una avventura che chissà quali pericoli avrebbe generato. Sospirò profondamente e assentì.
«Forza, muoviamoci!» Il mezzofalco gli mise una mano sulla spalla. «Devo cambiarmi da testa a piedi. C'è sangue dappertutto.»
«Non c'è problema. Ma tu dove andrai?»
«Andrò per qualche giorno a Kakarat da un vecchio amico che mi deve un favore, poi verrò a cercarti. «Kir fece una pausa, un'altra fitta si fece sentire. «Abo Edwald è la guardia del corpo della Governatrice. Non sarà facile avvicinarlo lo sai vero?»
«Sì, lo immagino.» La mente di Achal tornò per un attimo hai discorsi con Mastro Barry. «Ti prendo gli indumenti che ti occorrono, serve altro?»
«Qualcosa da mangiare per il viaggio e poi mi metto subito in cammino. Di volare non se ne parla.»
«Ma aspetta un attimo!» Achal ebbe un'illuminazione «Se sei arrivato fin qui, avrai di sicuro visto dall'esterno il posto dove ti avevano richiuso?»
«Sì, come ho fatto a dimenticar questo particolare!?» esclamò Kir colpendosi leggermente la fronte con il palmo della mano. «La cosa strana è che durante la fuga, mi accorsi di non trovarmi più a Varineo, ma a Gaelle, in un edificio apparentemente diroccato. Hanno aspettato che mi trovassi da solo per catturarmi. Mi stavano tenendo d'occhio chissà da quanto tempo!»
«Non so che dire, sembra tutto così assurdo.»
«Lo è, ma ne verremo a capo non ti preoccupare. Ora è meglio che me ne vada da qui. Ho già tardato troppo.»
Il mezzofalco si incamminò per la strada che conduceva al villaggio di Kakarat lasciando il suo amico in balia di ricordi, pensieri e domande.

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