Capitolo 24

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I miei occhi stanno mentendo pensò Achal. Sivert fu semplicemente meravigliato ed entusiasta.
Come poteva essere vero?
In fondo, era passato solo un mese, ma si commosse comunque. Barry lo abbracciò una volta, poi si allontanò il giusto per guardarlo bene e tornò a strizzarlo.
«Dannazione... mi sei mancato!» disse.
«Non potete esser qui!» Achal era incredulo.
«Oh, e io vecchio? Non ti sono mancato?» domandò Sivert ridendo .
«Ah, ah! Vecchio a chi?» Si abbracciarono felici.
«E tu? Uccellaccio? Stai bene?» ironizzò il fabbro afferrandogli fortemente la mano.
«Mai stato meglio...» rispose il mezzofalco «Sono contento di vedervi ancora tutti interi!»
«Oh.. non ci sottovalutare su, io e il ragazzo ce la siamo cavata alla grande. Abbiamo un sacco di cose da raccontarvi!»
«Non ne dubito.» Kir guardò Achal, sorrise e lo cinse a se.
Tra loro era tutta un'altra cosa, avevano trascorso tanti anni insieme nella casa fuori dal Bosco di Haroonwall. Seppur in quel periodo il mezzofalco non avesse potuto dimostrar apertamente il proprio affetto, Achal gli voleva bene e riconosceva ora in lui, un fidato amico.
Il saluto con Edwald fu più moderato, ma carico lo stesso di coinvolgimento. Erano di nuovo tutti insieme. Erano di nuovo una squadra.
Poi arrivò il momento delle presentazioni.
«Se siamo qui, è grazie a questa donna!» spiegò Edwald «Helen, ti presento i compagni di cui ti abbiamo parlato. Lui è Achal, il più giovane del gruppo.»
«Onorato!»
«E lui è Sivert.»
«Spero che questi tre, si siano comportati bene con lei!» ironizzò il fabbro.
Dietro al velo si intravide un sorriso. «In principio hanno rischiato grosso, ma poi si sono dimostrati molto convincenti!»
All'improvviso qualcosa attrasse l'attenzione di Edwald.
I miei occhi stanno mentendo pensò e il tempo si fermò.
Solo l'amore può fare tanto e il suo era lì. Dove non doveva essere, ma c'era. Nell'ultimo posto dove avrebbe immaginato di rivederlo. Non era nella sua testa, lei stava camminando verso di lui. Qualcosa gli salì fino all'altezza del petto, un fremito, forse un imbarazzo. Non capiva bene. Senti le note di un pianoforte. No, dovevano essere violini. Forse, violini e pianoforte insieme. Poi arrivò il calore, in tutto il corpo: era l'anima in movimento che esprimeva le sue certezze. Nessun dubbio, nessun ripensamento: davanti a lui c'era l'unica chiave per tutte le sue serrature interiori. Semplicemente lei.
Si strinsero con dolcezza e rimasero immobili in quel momento tanto atteso per entrambi. Azura sollevò il mento e lo guardò fisso per un istante. Tornò ad appoggiare la guancia al petto di lui e gli disse: «Ti odio!» Non era vero. Lo amava: nulla importava più, ora era tornato e non l'avrebbe più lasciato andar via.
«Per l'amor del cielo, stai bene!?» domandò lui prendendole le mani.
«Ora sì!»
«Ti credevo malata.»
«Hai saputo?»
«Poco niente, ma ero tremendamente preoccupato! La riabbracciò.
Lei sorrise, poi una smorfia di inquietudine si manifestò sul viso. «Sono cambiate tante cose da quando sei partito, sono dovuta scappare! Anche Elar è qui con me.»
«Più tardi mi racconterai tutto nei minimi dettagli. Ora vieni, ti devo presentare una persona.»
«No. Aspetta! Qui nessuno sa chi sono, Froberàn ha ritenuto più saggio cambiarmi di nome e...»
Gli suonava tutto molto strano. «Froberàn è qui? Con te?»
«Sì, Abo. Eravamo nei guai e lui ci ha condotto al sicuro in questa abbazia.»
«Ma come diavolo avete potuto fidarvi di lui, dopo quel che ha fatto al torneo!?»
«Lo so, lo so... calmati per favore! Ora sei quì e affronteremo i problemi con più serenità.» Le chiacchierate con l'abate davano i suoi primi frutti. «Su, avevi qualcuno da farmi conoscere, no?»
«Sarà meglio che righi dritto, se no...»
Azurà sospirò. «Forza, andiamo!»
Achal aveva assistito all'incontro dei due e le domande sorsero spontanee. Si rivolse all'amico mezzofalco. «C'è qualcosa che dobbiamo sapere?»
Kir indugiò. «Emm... forse Barry ne sa di più!»
«Brutto vigliacco.» disse «Eh... sai... i rapporti di lavoro possono "complicarsi" talvolta.»
«State dicendo... lei e lui... cioè... Oh, santo cielo!»
«Davvero?» domandò Sivert.
«Già.» confermò il mezzofalco.
Intanto Azura ed Abo giunsero.
«Helen, ti presento Azura, Governatrice di Varineo!»
Si strinsero la mano, mentre un pizzico di gelosia turbò l'animo di Azura. Cosa c'entra questa con il mio Abo?
«Piacere, Helen Demetrick!»
«Helen è la Regina delle Terre di Tunk, ci sta aiutando  molto!»
«Demetrick, non mi era estraneo infatti! Perdonate il modo in cui vi accolgo nelle nostre terre, vestita così, con due stracci addosso. Avessi saputo avrei organizzato.»
«Non vi ponete di questi problemi, conosco la situazione in cui versate.»
Per un attimo Azura si risentì. Ebbe la sensazione di non avere più nessuna autorità. Certo, Helen aveva ragione, avrebbe dovuto non preoccuparsi di quelle frivolezze, ma intanto lei era vestita di tutto punto, come se fosse appena uscita dalla sartoria. Addirittura il velo pensò. Ma forse era solo la gelosia. Non ci badò.
«Bene! Avremo tempo di colloquiare e conoscerci meglio!»
Poi arrivò Frobèran.
«Signor Edwald, come...»
Non ebbe tempo di dir una parola di più, che Abo gli portò la punta della spada alla gola. «Non ti azzardare...»
«Abo!» lo richiamò Azura.
Non ascoltò e lasciò la lama dov'era.
«Signor Edwald...» Anfus spostò la lama con le dita. «Siamo in un abbazia, per cortesia!»
«Abo, per piacere...» ci riprovò lei.
Rinfoderò l'arma senza distogliere lo sguardo dal traditore. «Ricorda, non abbassare la guardia... ricorda.»
Sembrava non averlo impensierito, ma gli sarebbe stato con il fiato sul collo, al primo sbaglio questa volta ci sarebbe andato giù pesante.
«Piacere, Anfus Froberàn, si ricorda di me, ho fatto visita a vostro padre più di un anno fa.» afferrò la mano di Helen «Condoglianze per la sua perdita!» Ovviamente era ben informato, era il suo lavoro.
«Risparmi il fiato.» si ritrasse «Queste persone non sembrano rispettarla e aver molta fiducia in lei, quindi non se la aspetti da me!»
Era meglio star zitto per questa volta.
Azura rimase colpita. Che carattere! Si sentì di nuovo inferiore, o forse era ancora la gelosia.
Pranzarono tutti insieme, Froberàn compreso. L'abate aveva intuito la necessità del gruppo di dialogare e fece preparare una lunga tavola in una stanza a parte, lontana dai monaci. Helen ed Azura occupavano il posto da capotavola, ai lati tutti gli altri.
«Caro Anfus, come intendi rientrare a palazzo?» domandò innervosito il Giocatore di carte.
«Useremo il vecchio passaggio, lo stesso che avete utilizzato per scappare.» si rivolse a tutti «Lo faremo di notte, con tranquillità!»
Sivert intervenne: «Quella via nn sarà più agevole, se ci infiliamo di nuovo lì sotto, rischiamo di finire come topi in gabbia.»
«E perché mai!?»
«Elar non è l'unico a conoscere quella via.»
«Credo sia meglio agire di giorno invece.» propose Abo «Lo faremo durante le ore del mercato, mischiandoci tra la gente.»
«Così entriamo in città e non a palazzo!» sottolineò Barry.
«È vero, ma non è necessario. La gente appena riconoscerà la sua Governatrice reclamerà il trono.»
«E voi lascereste la vostra Governatrice in mezzo alla folla? Le rammento che con ogni probabilità, la stanno cercando per ucciderla. Se qualcuno si accorgesse di lei, la toglierebbero di mezzo in un istante. È un testimone molto scomodo: l'unica in grado di affermare di non aver contratto una malattia e di scagionare i vostri compagni Sivert ed Achal dall'accusa di rapimento!»
«Tocca a me decidere se correre questo rischio o meno!» intervenne lei.
«Se necessario, in meno di un'ora posso avere qui una trentina di uomini pronti a dar man forte!» aggiunse Helen.
Rischiava un incidente diplomatico, ma non poteva starsene con le mani in mano.
«Ma non dica idiozie!» esclamò Froberàn
La voce di Edwald tuonò: «Porti rispetto!! È al cospetto di una regina.»
Divenne rosso dall'imbarazzo. «Signora, non era mia intenzione offendere, ma come potete aver trenta uomini qui, in un luogo dove non conoscete nessuno, eccetto noi?»
«Questo non le riguarda. I miei uomini ci saranno, quando sarà il momento!»
Ovviamente non tutti i presenti colsero il significato di quelle parole, ma nessuno oso andar oltre con le domande. In qualche modo Helen avrebbe provveduto.
Sivert si fece velenoso. «Piuttosto, quando ti troverai tra la folla, cerca di badare a te stesso, qualcuno potrebbe riconoscerti e rimediare all'errore commesso!»
Il viso di Froberàn si fece tirato: «Dialogar con voi sta diventando complicato. Comunicatemi quando volete partire. Io ci sarò!»
Si alzò dalla sedia e se ne andò.
Ci fu una rapida occhiata di sguardi, ma tutto sommato non dispiacque a nessuno. I due gruppi appena ritrovatisi ebbero così il modo di confrontarsi e di mettersi al corrente l'un l'altro in merito alle vicende dell'ultimo mese: si parlò della liberazione di Barry, di Bedektor, dell'incontro con Helen Demetrick, della sabbia, della malattia del sonno di Azura, della fuga da Varineo, di Ghirod e infine di Birger.
Erano successe tante cose, ma altri guai non tardarono ad arrivare. Per quanto l'abito e il fiato glielo permettessero, Hola corse più in fretta possibile ad avvisare l'abate, ma ormai gli uomini di Ghirod erano già entrati. Ci furono delle grida e del fracasso. Impossibile per Ewdald e i suoi non udire.
Scattarono in piedi.
«Azura, Helen, non muovetevi da qui dentro!» ordinò Abo.
Annuirono entrambe, proprio nell'istante in cui la porta fu sradicata. Un energumeno, grande quasi quanto il varco che si era creato, oltrepassò con prepotenza la soglia, brandendo un'ascia dalle dimensioni impressionanti. Il gruppo sguainò le spade, ma indietreggiò. Turbava tant'era brutto.
Entrarono altri tre uomini, più accettabili per dimensioni. Si mossero agili per la stanza, con coltelli in pugno. Uno di loro si fiondò subito verso Sivert. Il fabbro riuscì a sottrarsi in tempo all'affondo e rispose con un calcio alla gamba, facendolo cadere al suolo. Tento di trafiggerlo, ma l'uomo rotolo sul pavimento, veloce come una ruota e in un attimo tornò a riattaccare.
Barry ed Achal si gettarono incontro agli altri due e così, ad Edwald toccò il più grosso.
Con una forza sovrumana, roteò verso di lui l'enorme arma facendogli saltare la spada dalle mani. Un dolore al polso lo avvisò della potenza di quell'urto. Fece qualche passo all'indietro, stringendo la parte dolente con l'altra mano. Era arrivato il momento di usare le carte: ne lanciò un paio, spostandosi verso sinistra, poi altre due e altre due ancora.
Il gigante tutto si aspettava fuorché quella mossa: riuscì a schivare le prime due, le altre lo colpirono al braccio con cui teneva l'ascia. Urlò. Non dal dolore, ma dalla rabbia. Portò l'arma sopra la testa, pronto a sferrare un colpo letale. Pesante e violenta scese sul pavimento. Ci fu un forte tonfo. Edwald era riuscito a schivare il colpo.
Mentre il bestione tentava di risollevare la pesante arma, Kir prese la rincorsa e, con un calcio a piedi uniti al petto, lo scaraventò contro la parete. Rimasto privo dell'ascia, cominciò a menare pugni verso il mezzofalco, ma nessuno lo colpì. Troppo lenti.
Edwald ne approfittò per recuperare la spada, saltò, l'affondò nel ventre dell'avversario e scese elegante a terra. L'energumeno fece qualche passo all'indietro colmo di dolore, poi stramazzò al suolo privo di vita.
In inferiorità numerica, gli altri tre non durarono molto ancora. Se avessero saputo del rientro del resto del gruppo, sarebbero di sicuro venuti in molti di più.
L'abate sopraggiunse dopo pochi minuti, sbigottito davanti quel raccapricciante spettacolo. «Oh, cielo! Cosa volevano queste persone da voi!?» domandò indignato.
Arrivò anche Froberàn. «Ho sentito urlare, cosa...»
«Dobbiamo andarcene, qui non è più sicuro!» Edwald ignorò entrambi. «Helen, sei pronta?»
Fece segno di sì con la testa.
«Ora capirete come abbiamo fatto a trovarvi!»
La regina prese la sua sacca e ne estrasse il bauletto.
«Fidatevi di me e tutto andrà bene! Quando abbiamo deciso di raggiungervi, ci siamo affidati alla sabbia contenuta in questo bauletto. Ora faremo lo stesso per recarci a Varineo. Capirete presto!»
Edwald si rivolse dispiaciuto al religioso: «Ci dispiace di aver portato la morte in questo bellissimo luogo! Siamo gente buona, possiate perdonarci.»
«Questa gente è morta, chi siete?»
Azura si avvicinò e le spiegò tutto.
«Mi dispiace di averle mentito Abate Joya, ma non potevamo correre questo rischio.» disse lei «Vi prego di far restare ancora con voi Elar e Frank, loro non c'entrano niente!»
Il monaco non sembrava d'accordo, ma la sua benevolenza alla fine la spuntò. «Sì, ma appena avrete ripreso il vostro posto a Varineo, dovranno andarsene!»
«Non si preoccupi.»
Helen si assentò per circa una mezz'oretta. Ritornò affermando di aver una trentina di uomini fidati, scelti tra l'esercito di Ma Chais, già a Varineo. Toccava solo più a tutti loro trasportarsi in città.
La regina decise di effettuare due viaggi, dividendo così il gruppo, onde evitare di perdere qualcuno per strada. Prima venne il turno di Sivert, Barry e Kir, poi fu la volta di Edwald, Frobèran, Achal ed Azura.
La meraviglia balenò negli occhi di chi lo aveva fatto per la prima volta. Non ci fu molto tempo per le spiegazioni: Helen aveva dato appuntamento ai suoi al margine della piazza e da lì a poco avrebbe dovuto farsi trovare.
Così fece.
A capo del drappello di uomini, c'era un certo Erast, comandante delle guardie di Ma Chais, un personaggio di poche parole, dall'aspetto fiero e dai modi schietti. Era un bell'uomo e aveva un debole per la sua regina, ma a lei non interessava, o forse non se n'era mai accorta.
La vide arrivare e cercò di sistemare gli umili abiti indossati per quell'occasione. «Mia regina!» accennò un inchino. «I miei uomini sono già sparsi tra la folla. Se è necessario, sono pronti ad intervenire.»
Il venerdì il mercato non terminava all'ora di pranzo, ma si protraeva fino a cena. L'affluenza nel pomeriggio calava, ma la quantità di persone presenti in quel momento era sufficiente per passare inosservati.
«Ben fatto!» disse lei «Io ora devo sparire, con questo velo rischio di attrarre l'attenzione su di me. Vi raggiungerò appena possibile. Abbi cura di queste persone... e state attenti!»
Helen si allontanò ed Erast rimase con Azura e gli altri.
Nonostante la sciarpa e il cappuccio, la Governatrice si sentiva centinaia di occhi addosso. Ogni uomo intorno a lei pareva ostile. Con la sabbia avrebbe potuto balzare direttamente all'interno del castello, ma chi le avrebbe garantito l'incolumità? Era stata addormentata e derubata del proprio posto, di chi si poteva ancora fidare?
«Procediamo fino alle scalinate, dall'altra parte della piazza.» disse Edwald, tirandosi la bandana fin sopra al naso, «Da lì, la Governatrice sarà ben visibile e potrà attirare gli occhi della gente.»
Non avevano un vero e proprio piano, l'importante era non cadere in qualche imboscata, poi il resto l'avrebbe fatto la folla.
A rilento, schivano uomini e donne carichi di borse contenenti ogni sorta di cibaria. Abo allargava la strada ed Erast chiudeva il gruppo.
Fu per una serie di coincidenze che alcune guardie guardarono in quella direzione, proprio nel momento in cui il cappuccio di Sivert cadde all'indietro, strattonato da un bambino in braccio al padre. «Ivan, tieni le pani a posto!» lo aveva ripreso l'uomo «Lo scusi buon uomo!»
Il pargolo rise.
Il fabbro scattò come se si fosse ustionato una mano. Tenendo bassa la testa, si rimise il cappuccio.
«Si figuri!»
Ma il pasticcio era fatto.
I soldati borbottarono qualcosa tra di loro e gesticolarono per indicare la strategia da adottare.
«Fermi!» gridò uno di loro.
Il panico li invase. Edwald prese Azura per mano, e la tirò a sé invitandola, non di certo con buone maniere, a correre. Il resto del gruppo cercò di farsi largo tra la gente, ancora inconsapevole di quel che stava accadendo, ma altre guardie giunsero per bloccarli frontalmente. Erano in trappola!?
Si creò un fuggi fuggi generale e poco a poco, la piazza si svuotò della metà.
Erast si fermò, sguainò la spada e i suoi uomini gli furono intorno. «Cinque di voi scortino la Governatrice fino alle scalinate!»
Gli uomini di Varineo, per ora erano in minoranza, ma presto i rinforzi sarebbero giunti dal castello. Bisognava fare in fretta.
Lo scontrò cominciò.
Il clangore del metallo echeggiava tra le mura delle case, insieme alle grida della folla spaventata e agli urli di chi invece incitava.
Erast meritava il posto che occupava: era un ottimo combattente, fendeva l'aria con rapidità, non lasciando via di scampo all'avversario. I suoi non erano da meno, li aveva allenati personalmente, uno per uno. Qualcuno cadde al filo della lama dei soldati di Varineo, stramazzando al suolo, incredulo dell'avvicinarsi della fine.
Edwald diede un calcio al primo soldato che gli si presentò, facendolo cadere rovinosamente in mezzo ad una montagna di cesti di vimini e ne atterrò altri tre lanciando le carte. Riuscì così momentaneamente a dileguarsi. Altri otto uomini gli sbarrarono la strada pochi passi più avanti. Lo riconobbero.
«Si fermi Signore, non ci costringa ad usare la forza.» disse uno di quelli.
«Lasciatemi passare!»
«Non possiamo, abbiamo un ordine di cattura nei suoi confronti!»
«Ah.. .sì? E con quale accusa?»
«Avete ucciso due dei nostri a Fogabizia?«
Abo non ebbe il tempo di dire una parola.
Azura si tolse sciarpa e cappuccio e si parò dinanzi a lui. «Riconoscete anche me?»
La guardia ci mise un istante a dar un nome a quel volto. «Mia Signora...» si inchinò, seguito da tutti gli altri «Cosa? È riuscita a fuggire?» Non sapeva quale domanda farle prima: chiederle della sua salute o del suo rapimento.
«Fermate i vostri, subito!»
L'uomo si levò in piedi e ordinò di rinfoderare le spade.
Erast e i suoi si bloccarono di riflesso, ma preferirono tenere le lame ancora pronte all'uso.
Un mormorio si levò tra la folla:

...la Governatrice...
            ...ma era malata...
    ...Sì! Sì! È lei... Azura!
        ...non può essere...
                ...la Governatrice Azura?...


Poi scese il silenzio.
«Aiutate, i feriti!»
«Subito, mia Signora!»
Alcuni soldati rimasero incerti se obbedire ai suoi ordini, per ora Ghirod era ancora il Governatore in carica.
«E voi che fate?»
Non se lo fecero ripetere una volta di più, temendo una futura ramanzina.
Edwald e Azura raggiunsero finalmente le gradinate a lato della piazza. La gente guardava attendendo spiegazioni.
Lei cominciò: «Miei cari, sono stati giorni difficili per me, questi, lontana dalla mia amata città e da voi, mio amato popolo. Vi hanno raccontato di una malattia del sonno che io avrei contratto, ma nient'altro si trattava di un espediente per spodestarmi...»
Un brusio di voci serpeggiò tra la folla.
«Un espediente creato a regola d'arte da chi ora ha preso il mio posto!»

        ...Ghirod?...
    ...Ghirod!...
                ...È stato lui...

«Alcuni uomini, accusati inseguito di rapimento, hanno rischiato la propria vita, per la giustizia e per la verità,  portandomi via dal castello. Il loro è stato un gesto di grande valore. Ma non si sono limitati a quell'unico atto di coraggio, oggi sono qui con me per aiutarmi a riprendere ciò che mi è stato ingiustamente tolto!»

                ...Morte a Ghirod!...
        ...Traditore!...

Sivert si voltò in direzioni delle voci. Riconobbe uno dei due uomini della locanda. Alla fine il tuo compagno aveva torto! pensò.

    ...Andiamo a prenderlo!...
            ...Sì... andiamo!...
        ...Sì... forza...

Le voci si intensificarono.

        ...Prendiamolooo!!..
                ...Sì... andiamo!!...

Mentre la folla urlava vendetta la Governatrice aggiunse: «E farò di tutto affinché un affronto così non si ripeta nella storia di Varineo!»
La folla esplose. Come l'acqua in un imbuto, si accalcarono tutti contro il portone del castello.  Battevano forte i pugni e reclamavano Ghirod. La tensione era palpabile, ma Azura sperava tanto in una soluzione pacifica e nel buon senso delle guardie all'interno: se avessero usato la forza verso quella gente, sarebbe stato un massacro.
Con gran meraviglia di tutti, Ghirod apparse sul camminamento al di sopra dell'ingresso. Volavano insulti e bestemmie. Un corno venne suonato e la folla abbassò i toni, abituata al richiamo all'ordine.
«Popolo!» gridò lui. «Quale ragione ha la vostra amata Governatrice di trascorrere il proprio tempo con un traditore come Froberàn?» Lo indicò con il braccio teso verso il basso.
Ancora camuffato, l'Informatore si sentì gli sguardi addosso.

    ...È vero...
            Sì... è lui... Froberàn...


«Quell'uomo è responsabile dei disordini del torneo e ora lo ritroviamo a confabulare con lei. Qualcosa non torna, non trovate? Questo posto le spetta di diritto, ma possiamo fidarci noi tutti di una donna che se ne va a spasso con un criminale?»
«Falla finita e consegnati!» pronunciò con rabbia Edwald. «Sei soltanto un bastardo!»
«Oh... quali modi! Per non parlare poi di lei e dei suoi amici, signor Edwald. Siete stati visti assassinare due soldati! Per quale motivo, poi?»
«Stai mentendo!» gli urlò Sivert.
«Mentendo? Abbiate il coraggio di negarlo pubblicamente!»
«Le cose non sono andate come le descrivi e lo sai bene! Vuoi solo salvarti la tua pellaccia schifosa!» continuò Edwald.
«La mia coscienza è più che a posto, ve lo garantisco. Non sono io ad aver rapito la Governatrice, ma due dei tuoi! Azura, ti sei chiesta se non hanno preso in giro anche te? Puoi fidarti di loro? Cosa sai dell'improvvisa partenza della tua guardia personale?»
Era vero. Lei non ricordava nulla, quel che conosceva lo aveva appreso dopo il suo risveglio.
E se mi avessero mentito? pensò. Se fossi stata realmente malata e mi stessero usando per rientrare al castello dopo l'omicidio di quei due?
Sul suo volto si vide comparire il dubbio.
«Azura, non crederai...» disse Abo.
«Dimmi che non è vero...»
Se fosse andata così, le sarebbe crollato il mondo addosso.
«Certo che no! Come diavolo ti può venire in mente un simil pensiero!»
«Lo so, non dovrei... quali prove abbiamo contro di Ghirod?»
«Se non fosse per Achal e Sivert, saresti ancora sdraiata nel tuo letto, dannazione!»
«Azura!» alzò la voce Ghirod «Rientra a castello, sarò lieto di darti il posto che ti spetta. Mi accusi di aver in qualche modo causato la tua malattia del sonno, ma come avrei fatto?»
La gente taceva.
«Aprirò il portone, ma Edwald e i suoi dovranno essere arrestati! Ho una decina di testimoni per le loro colpe.»
Azura si trovava davanti ad una decisione difficile. Lì fuori era una persona come tutte le altre, senza potere. Aveva l'occasione di spodestare Ghirod, ma come avrebbe potuto voltare le spalle al suo amato? Se non lo avesse fatto, sarebbero riusciti a fuggire da quella piazza sani e salvi?
«Questo è un ricatto!» affermò lei.
«Questa è giustizia!»
«Azura, no...» Edwald lesse nei suoi occhi: lo avrebbe fatto.
«Mi dispiace... io ti credo, ma non basta!» Le scese una lacrima. «Deve crederlo tutta Varineo. Ti prego non opponete resistenza.» Si voltò. «Guardie! Scortate questi uomini fin dentro il cortile!»
Le intenzioni di Ghirod erano chiare: il trono ormai era perduto, ma così facendo si era risparmiato la pena capitale. Aveva giocato bene le sue carte.






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