Capitolo 9

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Achal voleva a tutti i costi incontrare il Giocatore di Carte quella sera, pertanto uscì silenziosamente dalla stanza lasciando Barry appisolato sul letto. Scese nel grande salone e passò frettolosamente dove poco prima Edwald e Froberàn avevano discusso. Davanti a se comparvero una serie di gradini che svoltavano sulla destra non permettendogli di vedere dove avrebbero condotto. Salire quella scala significava molto probabilmente accedere ad una zona vietata per i partecipanti al torneo e passare guai seri, ma pensò che se fosse riuscito a consegnare il medaglione, questa sua infrazione sarebbe sicuramente stata perdonata. Cautamente pesava ogni suo passo per evitare il minimo rumore, appoggiandosi al muro laterale in mattoni. Arrivò presto in cima, scorgendo una zona molto più illuminata di quella da cui proveniva. Le pareti erano disseminate di grossi quadri raffiguranti battaglie leggendarie e illustri personaggi di corte. Le finestre sul lato sinistro si scorgevano appena tra le tende color indaco. Tutte le porte erano chiuse e il silenzio sembrava farla da padrone, ma all'improvviso una maniglia cigolò echeggiando per il corridoio.
Preso dal panico, Achal sparì dietro alle pesanti stoffe che si ammucchiavano sul pavimento, cercando il più possibile di far tacere il suo respiro. Dalla porta di fronte ne uscì un uomo calvo dalla pelle molto chiara, ma fu fortunatamente richiamato subito a rientrare: «Signor Froberàn! Suvvia resti, resti. Troviamo una soluzione!» pronunciò una voce maschile calda e sicura.
La porta rimase socchiusa permettendo ad Achal di seguire il resto della conversazione. «Non mi sembra proprio opportuno andarsene così da questa stanza, lei sa benissimo in che posizione rischiosa ci troviamo entrambi. Si sieda, non si faccia pregare!»
«Preferisco rimanere in piedi!» esclamò adirato «Come può chiedermi una cosa del genere, è troppo rischioso... Se mi scoprono dovrò sparire da qui per il resto dei miei giorni! Lo capisce questo!»
«Abbassi... la... voce!» scandì il suo interlocutore. «I nostri soldi le hanno sempre fatto comodo fino ad ora, vuole proprio girarci le spalle nel momento del bisogno? Continui a fare quello per cui è pagato e tutto filerà liscio come l'olio.»
Froberàn si calmò e ammorbidì i tratti del suo volto. «Ho cercato il mezzopennuto in lungo e in largo, mi son anche spinto fin a Kakarat spacciandomi per un certo Carl Borfen, non so neanche da dove diamine mi sia uscito questo nome. Sembra sparito, perché pensate debba venir proprio qui al castello in questi giorni?»
«Il giovane boscaiolo si è iscritto al torneo!»
«Che cosa? Crede abbia qualcosa in mente?»
«Non credo: dalle informazioni di cui disponiamo dovrebbe essere in totale ignoranza riguardo al suo "amico", ma lo stiamo tenendo d'occhio. Dopo che quel Kir Halcon ci è sfuggito, abbiamo dato una "riordinata" alla casa del pivello, ma del medaglione nessuna traccia. Pensavamo di trovarcelo tra i piedi e invece ci spunta tra gli spadaccini. A parer mio Halcon tenterà di riunirsi con il ragazzo per assicurarsi della sua incolumità e, se così fosse, lei non dovrà farselo scappare un'altra volta!»
«Edwald mi controlla e sospetta di me! Agire qui è folle!» la sua voce si fece irrequieta «E le guardie? Come possiamo rapire una persona sotto gli occhi di tutte quelle guardie e di tutta quella gente!»
«È per questo che la pago! Questo è un suo problema, non mio!» l'uomo fece un ghigno malizioso.
«Se vado a picco, la trascinerò con me fino sul fondo dell'oceano ne stia pur certo! Il suo flaccido sedere da Consigliere si dovrà accontentare dei tavolacci della galera, anziché di quella poltrona che si ritrova!» Froberàn si congedò sbattendo la porta, ignaro che qualcuno potesse aver udito le parole di quel colloquio.
Achal era incredulo. Rimase ancora nascosto giusto il tempo di aver campo libero. Sfrecciò lungo le scale senza più preoccuparsi di essere visto o sentito e con il soffio di un cavallo irruppe nella propria camera. «Mastro Barry, Mastro Barry si svegli presto!» urlò strattonandolo «Siamo in pericolo tutti quanti!»
«È già... mattina?» chiese frastornato dall'improvviso risveglio.
«No! Non è mattina, si alzi forza! Il medaglione lo ha ancora, vero?»
L'armaiolo si sedette a bordo letto. «Ma, ma... certo che ce l'ho ancora, che ti è preso?»
Achal gesticolava senza interruzioni. «I rapitori di Kir si trovano qui al castello, capisce?»
«Calmati Achal e prendi fiato!» disse Barry cercando di smorzare i toni.
Achal si riempì i polmoni e lasciò andare di colpo tutta l'aria incanalata. «Mentre lei dormiva, ho curiosato un po' qua e là e...»
Il bottegaio interruppe il giovane ragazzo: «E perché stavi curiosando?»
«Mastro Barry mi lasci parlare!»
«Va bene...» sorvolò. «Va avanti.»
«Come stavo dicendo, ho curiosato un po' qua e là. Casualmente mi sono imbattuto in due individui che discutevano in merito a Kir. Per ciò che mi è stato possibile, ho ascoltato la loro conversazione e ho scoperto che, per fortuna non lo hanno catturato, ma gli voglio tendere una trappola proprio qui, durante il torneo se fosse necessario!»
«Li sapresti riconoscere se li vedessi di nuovo?»
«Uno l'ho solo sentito parlare, mentre l'altro l'ho visto bene in faccia e lo ha chiamato...» esitò giusto un secondo «mi pare Froberàn! Sì, Froberàn!»
Barry rimase impietrito dal sentir pronunciare quel nome. «Che cosa? Froberàn? Anfus Froberàn!?»
«Bè... credo di sì! Perché chi sarebbe?»
«Anfus Froberàn è l'Informatore ufficiale di Varineo. Non può essere immischiato in questa storia, non è possibile!» L'armaiolo si alzò in piedi e si passò una mano sulla nuca, come per scuotere un po' i pensieri. «Ne sei proprio sicuro?»
«Sì, ne sono certo Mastro Barry, ed era al quanto preoccupato di dover intervenire qui al castello.»
«E dell'altro, che mi dici?»
«Niente nome, ma è un Consigliere!»
«Un Consigliere?» esclamò stupito «Santo cielo! Questa faccenda sta prendendo una brutta piega ragazzo mio!»
«Almeno sappiamo che Kir sta bene.»
«Sì, per fortuna!» l'armaiolo si sedette nuovamente sul letto. «Forse questo dovresti tenerlo di nuovo tu.» affermò mentre cercava di slacciare la catenella del medaglione dietro al collo.
Achal si fece pensieroso. «È più al sicuro con lei, mi creda! Anche se non sospettano che io sia a conoscenza di Kir e tutto il resto, potrebbero usarmi come esca per ricattarlo. Pensi che colpo se mi trovassero il medaglione addosso!»
«Dannazione, siamo venuti qui per risolvere un problema, invece siamo finiti nella tana del lupo!»
«Non ci resta che seguire il piano iniziale: consegnare il medaglione ad Edwald!»
Barry lo osservava parlare ammirandolo per la sua forza d'animo: «Non vorresti che questa storia fosse mai cominciata?»
Achal sorrise. «Non saprei risponderle! Ormai la pentola è sul fuoco, bisogna continuare a rimestare.»
«Ben detto ragazzo!» esclamò Barry balzando in piedi. «Ora andiamocene a letto, domani ti spetta un altro duello!»
«Già, il torneo. Ero quasi riuscito a dimenticarmene!»
«E io che sto qui a fare?!» ironizzò il bottegaio.
«Me lo chiedo anch'io!» finse serietà, il boscaiolo.
«Fila a dormire, mascalzone!» Il bottegaio rincorse per la stanza il giovane, riportando sul volto di entrambi la serenità persa per quegli accadimenti poco rassicuranti. «Se ti acchiappo, la pagherai molto cara... mooolto cara!» aggiunse con il fiato spezzato.
I due dormirono fino a mattina inoltrata, fecero una sostanziosa colazione a base di pane, burro e latte, e seguirono le gare antecedenti il proprio turno.
Il tempo non prometteva molto bene quel giorno: abbondanti nubi cariche di pioggia si estendevano minacciose per miglia e miglia, creando un atmosfera cupa e surreale. Una luce fioca e diffusa illuminava il castello, tanto che al suo interno, i servitori non avevano ancora provveduto allo spegnimento delle candele e delle fiaccole.
Achal si stava preparando per scendere in campo: cotta di maglia, elmo, stivali, guanti e spada. «Masto Barry, che mi dice di questo Sivert Morten?»
«Nulla di specifico, so solo che viene dalla città di Monadict.»
«Punti deboli, strategie da adottare... niente?» chiese in maniera sarcastica.
«No, mio caro... ma bada a non sollevar sospetti!»
«Non si preoccupi, starò attento!» affermò con convinzione il ragazzo.
«Ora va! In bocca al lupo!»
Achal neanche rispose e corricchiando raggiunse il suo contendente.
Sivert era un uomo dalla pelle molto scura, poco più alto di lui, dai capelli umidi e lunghi fin sotto il mento. In attesa del giudice, i due si misero a dialogare: «Ti sei battuto con astuzia, ieri!» disse Sivert.
«Più che astuzia, la definirei... fortuna.»
«La fortuna è cosa per chi ci crede. Avere fortuna significa credere al caso: tu credi nel caso?»
«No... Bè... non saprei proprio.» farfugliò Achal. Non ci aveva mai pensato prima. «Lei ci crede?»
«No, assolutamente!»
«No? E perché?»
«Tu sei qui per caso? È un caso che io e te dobbiamo batterci a questo torneo? Puoi saperlo per certo?»
Questo è pazzo! pensò Achal tra sé, tuttavia la conversazione lo incuriosiva e continuò: «Se fossi arrivato dieci minuti prima o dopo ieri mattina, non avrei incontrato quel De Boulder e oggi lei. Ma è andata così!»
«Esatto! Tutto ruota intorno alla tua volontà di fare o di non fare: un attimo di esitazione e la tua vita cambia. Questo non è caso, è scelta!»
«Se fossi rimasto ancora laggiù non avrei mai parlato con lei e affrontato questo argomento. Mi piace il suo modo di vedere le cose!» Achal si doveva ricredere: quell'uomo, con poche parole, gli aveva mostrato la vita da un'altra prospettiva.
«Perfetto! Vedo che afferri in fretta!»
Il giudice interruppe la loro chiacchierata: «Ber, Morten, questa è la vostra seconda gara, quindi presumo che sappiate già tutto quel che c'è da sapere. Determinati, ma leali!» L'uomo fece un paio di passi all'indietro e alzò il tono della voce: «Che la gara abbia inizio!»
«E che vinca il migliore.» aggiunse Sivert.
«Che vinca il migliore!» ripeté Achal.
Sivert strinse fortemente a due mani il manico della spada e assunse la posizione di difesa. I suoi muscoli erano tonici e pronti a qualsiasi sforzo, mentre i piedi erano saldi a terra come radici di alberi. Achal, al contrario, dava segno della sua inesperienza: impugnava l'arma con la mano destra e le braccia allargate, lasciando scoperto il petto e l'addome. Il suo sfidante si accorse molto presto di ciò e senza indugiare si portò in avanti con un colpo estremamente preciso diretto allo sterno. Con l'aiuto del guanto, quel violento affondo si infranse sulla lama del ragazzo.  Spiazzato, arretrò.
Che impeto! penso Achal. È la metà di quel De Boulder, ma ha il doppio della forza... Questa volta non mi basterà un po' di accortezza!
Un tuono avvertì il pubblico del temporale in arrivo e l'aria si fece carica del particolare odore di fresco e pulito. Pochi secondi dopo, le prime gocce iniziarono a picchiettare sugli elmi dei due sfidanti fermi l'uno davanti all'altro e sulle teste del pubblico accorso per la gara, sollevando un brusio di voci contrariate. Sivert sembrava non essere impensierito dall'intensificarsi della pioggia: da buon guerriero aveva saputo adattarsi a climi peggiori e un eventuale acquazzone non avrebbe di sicuro messo a repentaglio la sua vittoria.
Sferrò un altro diretto, poi un altro e un altro ancora, ma trovò sempre l'arma del ragazzo frapposta ad evitare che il suo affondo andasse a buon fine. Questa volta Achal decise di passare all'attacco e si lanciò verso il suo avversario mirando al basso ventre. Sivert non si fece prendere alla sprovvista e ne deviò con un colpo violento la traiettoria. La folla senti stridere le due lame e ne seguì un esclamazione di stupore generale. Fendevano le gocce d'acqua facendole schizzare in ogni direzione, mentre i loro vestiti erano ormai zuppi e appiccicati alla pelle. Achal iniziava a sentirsi fiacco, le forze lo stavano abbandonando: tutta quell'acqua non gli aveva reso vita facile, al contrario di Sivert che appariva rinvigorito come una pianta appena annaffiata.
Le maldestre movenze del ragazzo cominciavano ad  insospettire l'attento sfidante che cerco di vederci più chiaro: «È molto particolare il tuo modo di combattere, dove hai imparato?»
Achal fu attraversato da una vampata di calore sprigionatasi dal petto che salì fino ad arrossire le gote. «Non ci conosciamo ancora così bene da svelarti particolari della mia vita! Non credi?» sorrise nascondendo la ovvia verità.
«Non ti basta sapere il mio nome?»
«No affatto, non è mia abitudine dire molto di me al primo appuntamento!» Achal roteò la spada alla bene meglio e cercò un affondo per distrarre il suo avversario.
Sivert si gettò all'indietro evitando il contatto. «Aaaah!» gli uscì dalla bocca «Non sei altrettanto abile di spada come di lingua!?»
«Neanche lei finora è riuscito ad impensierirmi più di tant...»
 Senza dargli il tempo di terminare, Sivert si mosse abilmente, riuscendo con uno sgambetto a farlo capitolare a terra lungo e disteso. Gli puntò la spada alla gola e disse: «Ti arrendi?»
Stupito e spaventato, il giovane restava immobile, incerto su come affrontare quella situazione. È la fine! pensò.
Smise di piovere e in quel preciso momento accadde l'impensabile. Un urlo tra la folla attirò l'attenzione di tutti. In pochi istanti iniziò a dilagare il panico, si spingevano l'un altro cercando di scappare da quelle bestie apparse misteriosamente da sotto gli spalti: centinaia e centinaia di coleotteri, grossi quanto un pugno, correvano veloci in cerca di cibo. Chi ce li aveva addosso e chi tra i capelli. Pianti e urla divennero la colonna sonora di quegli istanti.
Tutto accadde molto in fretta: Achal era ancora a terra quando qualcosa gli ruzzolò addosso urtandogli il braccio.
«Attento!» esclamò Sivert acchiappandolo per la cintura.
Il ragazzo fu sbalzato via e al suo posto si alzò una densa nuvola di fumo color grigio-cenere. A poco a poco l'aria ritorno pulita e un potente ruggito riempì le orecchie di tutti i presenti: un maestoso leone affamato e colmo di rabbia era comparso dal nulla.
«È quello da dove spunta?» chiese incredulo Achal.
«Scansati!» gridò Sivert.
Achal non esitò ad obbedire e si fece da parte.
Un suono di tromba avvisò dell'avanzata delle guardie: circondarono la bestia e le puntarono contro una lancia per ogni uomo. L'animale era chiaramente spaesato. Agitato, si muoveva a destra e a sinistra cercando un varco tra quel cerchio appuntito. Intanto, gli insetti si spinsero fino al centro del cortile, raggiungendo i piedi dei soldati. Uno di questi si accorse di averne uno sul collo e iniziò ad urlare e a dimenarsi per toglierselo di dosso. Abbassò istintivamente l'asta, lasciando uno spazio scoperto sufficiente affinché il leone potesse fuggire. Gli saltò sul volto ferendolo a morte e fu in quel momento che Edwald decise di intervenire.
Saltò dalla torretta e dopo un volo di tre o quattro metri, atterrò sul terreno sabbioso. «Portate il veleno! Presto!» gridò a squarciagola. «Guardie, riacciuffate quell'animale!»
Achal era salito su un muretto dove i coleotteri non erano ancora arrivati. Da lì, osservando quello scenario di caos, scorse un viso conosciuto. Kir!? Il mezzofalco era accerchiato da tre uomini, minacciato con lunghi pugnali.
È questo il piano di quel Frobèran?
Il ragazzo corse verso il suo amico, tra quel tappeto di insetti giganti, calciando e spiaccicando. Da solo avrebbe ottenuto ben poco, quindi cerco di attirare l'attenzione del Giocatore di carte. «Edwald, aiuti quell'uomo!» sbraitò.
Abo girò la testa e scorse Kir reagire alle intimidazioni di quei brutti ceffi. Achal arrivò per primo e sorprendendo uno di loro alle spalle, gli piombò addosso facendolo sbattere sullo spigolo di un gradone. Edwald si buttò in aiuto dei due, ma un quarto individuò gli si scagliò contro placando la sua cavalcata. Volarono calci e pugni. Se ne liberò in un batter d'occhio, ma altri si fecero sotto.
Sivert intervenne a dar man forte, sguainò la spada e ne ferì un paio lasciandoli al suolo sanguinanti. Che diavolo sta succedendo?» domandò rivolgendosi ad Edwald.
Abo lo ignorò, indaffarato dalla lotta.
Sivert aggirò il suo compagno di battaglia e giunse in ausilio di Achal. «Ragazzo, mi dovrai delle spiegazioni, quando manderò al creatore questi qui!»
«Vorrei averne anch'io!» disse Achal con lo sguardo verso il mezzofalco.
Un pugno sonante mandò il ragazzo a terra. Con la vista annebbiata, riuscì a cogliere i movimenti di Edwald mentre dava un assaggio della sua proverbiale arte delle carte: l'aria sibilò e il cartoncino lambì la gola dell'uomo che aveva colpito il giovane, facendolo stramazzare al suolo. Ad una velocità impressionante, lanciava quelle lame di carte colpendo i suoi avversari: era preciso più che con la spada, difficilmente un suo colpo falliva.
Gli ultimi rimasti si diedero alla fuga confondendosi tra la folla ancora nel panico per quei fatti sconvolgenti. Il leone fu sedato e catturato e gli insetti bruciati.












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