Capitolo 26

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Con Birger fu un dare ed avere: gli fornirono risposte e lui rivelò loro l'appena appreso. In un primo momento si era rifiutato di seguirli nel loro viaggio. Non ne voleva sapere. Temeva i Separatori. Se solo lo avessero scoperto ancora vivo, si sarebbero divertiti a causare terribili sofferenze alla sua anima e a quella dei suoi genitori per l'eternità.
Kir, però, si dimostrò alla fine molto convincente: lo fece ragionare in merito a quanto il suo contributo fosse indispensabile e sull'occasione che avrebbe avuto per riscattarsi per tutto il male fatto in passato.
«Non è mai troppo tardi!» gli disse.
Aveva colto nel segno. Valore e rimorsi. Un mix vincente.
E così accettò.
Quando giunsero nei pressi dell'abitazione di Gorium Sershei, il sesto del Consiglio, Birger non era ancora presente. Non aveva potuto utilizzare il bauletto come tutti gli altri, lui era una forza della natura. Avrebbe combinato un bel pasticcio se la sabbia si fosse persa tra i suoi sbuffi, quindi scelse di muoversi autonomamente, come aveva fatto del resto negli ultimi mesi. Passò per boschi e si infilò tra le valli, forte, potente ed instancabile. Nonostante il lungo percorso, arrivò a Wetten, nell'Amiriel del nord, soltanto un'ora dopo il resto del gruppo.
Il piccolo paese venne inaspettatamente travolto da una forte corrente, le campane del campanile suonarono come per il richiamo della messa e gli alberi si piegarono perdendo centinaia di foglie. La polvere nelle strade si sollevò, accecando i passanti e gli abiti delle signore sventolarono come stendardi.
«È arrivato!» disse Barry al riparo sotto ad un porticato.
L'aria si placò e si fece più tollerabile. Birger sussurrò tra le case, ma nessuno parve farci caso o forse nn lo sentirono affatto. Voleva un corpo. Più che volerlo era obbligato ad averlo. In quelle condizioni era potente, inarrestabile, come un Dio, ma come poteva interagire con il resto del mondo? Doveva limitarsi, scendere di nuovo nelle carne. Odiava farlo, era faticoso, frustrante. Di nuovo mani e gambe, sudore e fatica. E poi c'era il dolore: da tempo non provava più quella sensazione, ma la ricordava bene comunque. Quando una lama ti ferisce, non lascia solo segni fisici, ma anche cicatrici indelebile nella mente.
Di certo, non voleva causare a qualcuno inutili sofferenze, quindi decise di girovagare un po' per il paese in cerca di un contenitore ideale. Così, tra i Separatori chiamavano il corpo ospitante l'anima. Seguendo l'inconfondibile odore della morte, si diresse verso il cimitero. Negli anni aveva imparato a riconoscerlo molto bene, gli ricordava tanto quello del legno umido. Lì, trovò una donna china davanti ad una lapide. Piangeva, singhiozzando quasi da soffocarsi. Quella era la disperazione di chi ha da poco perso un persona cara. Riconosceva anche quella. Capì che quel corpo sarebbe stato perfetto, ma quale sconvolgimento avrebbe arrecato a quella poveretta portandole via anche la salma su cui disperarsi?
Attese fino a quando l'addolorata si allontanò. Cominciò a soffiare forte e costante verso il suolo davanti alla pietra tombale. La bara comparve sul fondo del buco appena scavato, fatta di semplici tavolacci di recupero e inchiodata alla bene meglio. Più che una bara pareva una cassapanca, ma senza cerniere. Si infilò tra gli assi e con un respiro deciso fece saltare il coperchio.
Il cadavere all'interno era in ottime condizioni. Birger non riuscì a capire cosa ne avesse causato la morte, ma poco importava. Lo sbalzò fuori e ricoprì la cassa con la terra appena asportata. Cercò di fare un bel lavoro, la poveretta non avrebbe mai dovuto accorgersi del suo passaggio. Sperava tanto piovesse quella notte, l'acqua avrebbe ricompattato il terreno.
Ora veniva la parte più difficile: tecnicamente non lo era, ma sarebbe stato come cavalcare un nuovo cavallo. Stesso approccio, ma con risultati differenti. Bisognava stabilire un certo legame prima che il corpo rispondesse alla perfezione al padrone appena subentrato. Dapprima, Birger, con un filo d'aria, si fece spazio tra le narici del cadavere, poi gonfio i polmoni sollevando visibilmente addome e torace. Piano piano aumentò la pressione e l'aria cominciò a defluire dalla bocca sibilando tra i denti. La sua coscienza si trasferì lentamente al cervello, accendendone le prime ed essenziali connessioni, successivamente il sangue cominciò a circolare irrorando i ventricoli. L'ultimo soffio coincise con un brutale spasmo e il cuore tornò a battere.
Birger aprì di colpo gli occhi ed ispirò violentemente.
Cos'è successo? pensò. Dove sono? Era spaventato. Chi sono? Mia moglie? Dov'è Evelyn? No! Ma... io non sono mai stato sposato! Che diavolo...
I suoi ricordi erano annebbiati, confusi. Altri avevano occupato quel cervello per anni. Si diede qualche minuto di tempo, prendendo un po' le cose per come venivano, senza giudicarle. C'era un cane, una casa, un altro cane, un giorno in cui raccoglieva fragole, uno schiaffo e una chitarra. Le immagini correvano senza tregua.
Cercò di muovere un braccio, ma fu invece il piede a spostarsi. La cosa lo fece per una attimo sorride, ma invece chiuse forte la mano destra.
Ecco dove sarebbe stato difficile: riabituarsi a essere uomo.
Passò mezz'ora sdraiato di fianco alla lapide, ingabbiato nel nuovo corpo, cercando di acquisire il controllo delle funzionalità motorie. Alcuni mostri da lui creati in passato, ci avevano messo un paio settimane anche solo per muovere un arto in maniere corretta. La maggior parte delle anime introdotte in altri contenitori non era consenziente, di conseguenza dovevano dapprima superare la fase del rifiuto. Lui non poteva impiegarci così tanto: conosceva quella pratica molto bene, era solo questione di testa e di volontà. Non ne era di certo entusiasta, ma per lo meno aveva scelto.
Trascorse altro tempo, per fortuna senza visite al cimitero, si alzò goffamente e si diresse verso l'uscita. Zoppicava e i piedi gli facevano male, o per lo meno era quello che percepiva. Muovendosi però, la camminata si fece più fluida, fino a tornar del tutto normale e il dolore sparì. Nessuno prima si era adattato così in fretta: provò a roteare le braccia, a muovere la bocca e a dire qualche parola. I gesti erano i suoi. Se la moglie dell'individuo di cui aveva preso il corpo l'avesse visto ora, avrebbe stentato a riconoscerlo per via del differente portamento.
Camminò fino a trovare il resto del gruppo.
«Con tutto il rispetto, ma emani un tanfo tremendo!» disse Edwald disgustato.
«Ero morto fino a due ore fa, non puoi pretendere che odori di lavanda.»
«Morto?»
«Sì, morto. Ti aspettavi che tornassi con il mio corpo? Oramai sarà putrefatto! Ne ho preso uno... in prestito.»
«Ci racconterai i dettagli più tardi,» si spazientì Barry «ora andiamo da Gorium.»
Quando l'uomo aprì la porta, quasi collassò nel vedere che Gill, il panettiere, era ancora vivo.
Non capì bene cosa accadde, era troppo sconvolto per ragionare, ma aveva fatto entrare dei perfetti sconosciuti nella propria casa.
«Gill, ma... tu sei m... m... morto!»
«Dice a me?» domandò il Separatore «Ah, già... c'era quel nome sulla lapide.»
«Lap... lapide? Che vuol dire? E chi siete voi?»
«Un po' di tatto per cortesia, Birger!» lo riprese Kir. «Signor Sershei, è difficile da spiegare: quello che ha davanti non è il Gill che lei conosce. È solo il suo corpo!»
«Solo il suo cor... corpo, ma che dite? Chi siete, e cosa volete? Siete demoni?»
«Più o meno!» ironizzò Birger.
«Ho detto di smetterla!» insistette il mezzofalco.
«Conosce i Separatori?» intervenne Abo.
L'uomo annuì.
«Ecco quest'uomo è uno di loro e ha trasferito la sua anima dentro il corpo del suo amico, chiaro?»
«Oh, Dio!» Ne aveva sentito parlare, ma non avrebbe mai pensato di trovarsene un giorno uno nel salotto. L'uomo indietreggiò spaventato, frugò in un cassetto e puntò un coltello in direzione di Birger.
«Spiegato con molto tatto, direi.» Birger era rozzo, anni e anni a trafficare con i corpi avevano accresciuto in maniera smisurata il suo cinismo. «Quello non sarebbe servito a nulla, la prego. Non si preoccupi, non son qui per far quel genere di cose. Ho bisogno del suo aiuto!»
Gorium abbassò lentamente l'arma. «Del mio aiuto?»
«Kir, per cortesia,» brontolò «non sono pratico di queste cose, vai avanti tu.»
«Vede, ci scusiamo per questo "inconveniente" con il suo amico Gill, ma abbiamo fatto molta strada per incontrala. Dia ascolto a quest'uomo e dopo tutto le sembrerà più chiaro.»
«Ma se ha appena chiesto a lei di spiegare.»
«Oh... Bè, Signor Sershei...»
«Ah... Dannazione!» Birger scattò all'improvviso e afferrò tra le mani la faccia terrorizzata di Gorium, che lo guardò con occhi sgranati. «"Le parole non basteranno, se le cose cambieranno."»
E così, anche Gorium stramazzò al suolo privo di sensi.
«Per Dio, Birger!?»
«Ha funzionato, no?»
«Credo di sì, ma...»
«Un po' di tatto...» lo interruppe Birger.
Non ne sapevano proprio nulla di quel Gorium, a parte il fatto che si occupava di traduzioni. Così aveva ricordato il Separatore. Pareva avere una cinquantina d'anni. I capelli ormai erano ingrigiti e la pelle del viso era segnata da profonde rughe. Era magro, molto magro, ma non dava impressione di aver alcun problema di salute.
Nell'attesa del suo risveglio, Kir si mise a passeggiare davanti alla libreria straripante di volumi. Ve ne erano molti, ma non quanti nella dimora dell'eremita. Uno in particolare attirò la sua attenzione: tra gli scaffali vi era lo stesso libro sulle Terre di Tunk, quello utilizzato per trovare Helen.
«Guarda, ecco il libro di cui ti abbiamo parlato, lo conosci?» domandò alla Regina.
«Umm... strano trovarlo qui. Gorium deve aver quindi conosciuto mio padre, immagino.»
«Perché dici così?»
«Fece fare cinque o sei copie al massimo di questo libro e lo diede in dono a persone degne di fiducia.»
«L'eremita non ha menzionato nulla in merito alla vostra casata. Forse non ne ha solo avuto il tempo.»
«I casi sono due: o mio padre si fidava delle persone sbagliate, e quindi il volume è finito nelle mani del monaco e di Gorium, o si conoscevano molto bene.»
«Strano che tu non ne sappia niente, non trovi?»
«Un po', ma mio padre aveva i suoi segreti. In fondo se fanno parte del Consiglio dei Sette, è perché qualcuno ha riportato il loro nome per l'elezione.»
«Già, non ci avevo pensato!»
Helen fece scorrere le pagine, sapeva perfettamente in quale punto si parlava di lei, ma ne tenne solo il segno. «Si cita appena la vicenda tra me e mia sorella... penso l'abbiate letta... Mio padre non voleva ferirmi ulteriormente, più di quanto abbia già fatto lei con quel coltello.»
«Mi dispiace per...»
«No, tranquillo. È acqua passata!» Forzò un sorriso.
«Posso confessarti una cosa?» Ispirò come per prendere coraggio. «Questa benda che porti ora, ti fa più... cioè, meno... sì, hai capito no?»
Da quando Birger le aveva spazzato via il velo, per coprire l'occhio perso, aveva rimediato con una benda allacciata dietro la nuca. Le faceva schifo, ma non aveva altra soluzione. «Scusa? Non sei molto chiaro.»
Il mezzofalco cadde nell'imbarazzo. «Diciamo, più... aggressiva!»
«Aggressiva?» domandò meravigliata e divertita.
«Certo, meno Regina... va bè, fai finta che non ti abbia detto niente!»
Helen rise e lo prese come un complimento, in fondo riusciva a sentirsi a proprio agio con quella gente, anche a viso scoperto.
«Si sta svegliando!» richiamò l'attenzione Erast.
«Ci siamo. Chi fa il cicerone questa volta?» ironizzò Achal.
«Potresti farlo tu.» rispose Edwald.
«Ah, no ragazzi, non voglio sottrarvi questo piacere!»
«Su, smettetela di scherzare!» Helen rimproverò i due e si avvicinò al letto dove Gorium lentamente riprendeva conoscenza. «Signor Sershei, mi sente? Riesce a sentirmi?»
Farfugliava parole a metà, tenendo gli occhi socchiusi. Sospirava e singhiozzava. Pareva spaventato.
Helen gli prese la mano e lui si irrigidì. Aprì gli occhi.
Era spaesato, ma riconobbe un volto amico. «Helen? Cosa... cosa ci fate qui?»
«Scusi? Ci conosciamo?»
L'uomo si mise seduto con le gambe a penzoloni. «Come posso non ricordare il volto della splendida figlia di Re Gavin?»
La regina comprese che quella copia del libro apparteneva all'uomo giusto. «Mi dispiace, io non ho memoria di lei.»
«Lo so, non ci siamo mai incontrati di persona. Ma cosa è successo, perché sono svenuto? Chi è tutta questa gente?»
«Non si preoccupi sono con me!»
«Ora ricordo... Quando vi ho vista sulla porta, ci ho messo un po' a riconoscervi. Dopo ho visto Gill e mi è preso un colpo! Sono andato nel panico.»
«La capisco, ci scusi per questa visita irruente. Per quanto assurdo le possa sembrare, quell'uomo non è più il suo amico Gill. Dovrà abituarsi a chiamarlo Birger da ora in avanti?»
«Da ora in avanti? Che cosa significa?»
Edwald si intromise: «Significa: Prepara le valigie!»
«Ma siete impazziti? Io non vado da nessuno parte!»
«Se vuole risposte, ci deve seguire!»
Gorium cominciava ad alterarsi. Chi dannazione è questo bellimbusto che mi sta dicendo cosa fare!?
«Non ho bisogno di alcuna risposta!»
«Ah, sì? E quella frase che ha appena ricordato al suo risveglio? Per non parlare poi del nome che gli starà ridondando per la testa.»
L'uomo si ammutolì.
«Abo, piantala!» si innervosì Helen «Dagli tempo!»
La regina si rivolse di nuovo a Gorium: «Ascolti, anch'io ero dubbiosa all'inizio. Per un attimo ho pensato di fare giustiziare quei tre.» indicò Barry, Edwald e Kir «Ma abbiamo bisogno di lei. Glielo chiedo nel nome dell'amicizia che avevate con mio padre.»
Gorium guardò per un istante nel vuoto, poi pose lo sguardo sul volto della regina. «Chi diavolo è questa Ani Chan

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