Capitolo 21

58 11 8
                                    

Le nuvole bluastre di quella notte assorbivano tutta la luce riflessa dalla luna. I vicoli della città erano bui e le torce creavano ombre ballerine, nere e sproporzionate. Quell'oscurità creava le condizioni ottimali per una fuga.
Azura indossò un abito della defunta moglie di Frank, rattoppato, sopravvissuto a chissà quanti inverni, di un rosso ormai spento, e si raccolse i capelli in un foulard, come la più umile delle donne. Le forze parevano averla abbandonata: per non perdere l'equilibrio, doveva sorreggersi al braccio di Elar. Si era sentita così solo una volta, dopo un violenta febbre durata una settimana.
Erano usciti dalla camera nascosta appena dopo la mezzanotte, senza saper di preciso dove dirigersi, ma con l'intento di allontanarsi il più possibile da Varineo. Poco dopo essersene andati, nell'abitazione di Bonferil, fece irruzione un gruppo di uomini armati, ma per fortuna Elar era riuscito a convincere il padrone di casa a scappare con loro. I soldati non li stavano più cercando: Ghirod aveva affidato il lavoro a qualche cacciatore di taglie, a cui non avrebbe arrecato alcun problema far saltare anche una testa autoritaria.
«Dobbiamo andarcene questa notte! Domani tutte le porte saranno controllate a vista.» disse Sivert.
«Come faremo?» domandò Frank «I portoni sono già chiusi e di certo sarà difficile aprirli senza imbatterci in qualche soldato!»
«Elar, il passaggio porta fuori dalla città?»
«È da molto tempo che quel tratto non viene utilizzato, ma credo sia ancora percorribile. Dobbiamo tornare al magazzino e proseguire da là!»
«Ottimo!» Il fabbro pareva portato per dar ordini. «Mia Signora, avremo un po' di strada da fare, se la sente?»
La Governatrice annuì, anche se le proprie gambe non erano affatto d'accordo.
Sgattaiolarono per le strade, nascondendosi ad ogni rumore, anche il più impercettibile, fino a quando giunsero nel vicolo del magazzino. Nessuno pareva averli seguiti, tutto taceva, e se i calcoli di Sivert erano esatti, in un paio d'ore sarebbero già stati molto lontani dalla città. Proprio mentre la tensione andava attenuandosi, la porta del magazzino si aprì improvvisamente davanti a loro. Azura, di riflesso, sparì dietro alla schiena del suo servitore, voltando il viso contro la parete, sperando con tutta se stessa che chiunque fosse uscito da là dentro, non si trovasse lì per lei.
Per fortuna, le sue preghiere furono esaudite. I due ragazzi sulla ventina, intenti a ridacchiarsela, si zittirono al primo piede in strada: il trovarsi davanti un uomo dalla pelle scura, immerso nel buio, con altri quattro personaggi ai loro occhi poco affidabili, li pietrificò sul posto.
Sivert mostrò loro l'elsa della spada e in un batter di ciglio  svanirono alla sua vista.
«Dannazione, temevo ci stessero aspettando!» Il cuore di Achal stava pulsando all'impazzata.
«Forza non perdiamo altro tempo, entriamo!» disse il fabbro.
Si infilarono nel magazzino e poi nel cunicolo. Scesero una scala con almeno una quarantina di pioli, fino ad appoggiare i piedi in un terreno battuto ed umido. Per un certo tratto, Elar guidò il gruppo a braccetto della Governatrice, ma presto il percorso si fece più stretto ed angusto e fu necessario disporsi in fila indiana. Da lì sotto, non si percepiva alcun rumore provenire dalle case e strade sovrastanti. Soltanto il tipico odore di cantina riempiva le narici. Dopo una ventina di minuti di camminata, il suolo cominciò a pendere leggermente, fino a trasformarsi poi, in una vera e propria discesa. Nonostante l'agilità mantenuta con gli anni, Elar faceva fatica a mantenersi in piedi: le scarpe si erano inzuppate dopo aver messo i piedi in qualche pozza poco più in su e la sola mano libera dalla torcia scivolava sulle pietre bagnate dalla condensa.
Ad un tratto il servitore fermò la sua avanzata.
«C'è qualche problema?» domandò Achal.
«Siamo ad un bivio.»
Sivert aveva già intuito: non si ricordava. «Quante volte è passato di qui, Elar?»
«Questa è la seconda volta. Non ho ricordi di questa biforcazione.»
Il giovane boscaiolo si asciugò le mani ai pantaloni. «Perfetto!»
Azura prese la mano del servitore. «Sorreggimi, voglio sedere, sono stanca.»
Elar ubbidì amorevolmente come tutte le volte. «Quanto sarà passata? Mezz'ora, da quando siamo scesi qui sotto!? Non abbiamo mai curvato il nostro tragitto, dovremmo esser nei pressi della Porta Sud. Il mio consiglio è di proseguire per la via a sinistra. Se siamo fortunati, in dieci minuti al massimo saremo fuori!»
«Credi sia la strada giusta?» lo interrogò il fabbro.
«Non so se è giusta o meno, ma stare qui non ci aiuterà, tanto vale tentare. Lasciamo riposare ancora un po' la mia Signora, poi ci rimetteremo in marcia.»
Azura cercò di riportasi in piedi da sola, ma dovette aggrapparsi al polso del servitore. «No Elar, riprendiamo subito, non è il caso.!
Tirare un moneta per procedere restava l'unica alternativa, quindi si rimisero in marcia, sperando vivamente a breve di respirare aria pulita. Un percorso più agevole e pianeggiante si prospettò sotto ai loro piedi, fino ad imbattersi in una parete ricoperta da assi di legno.
«Ecco ci siamo!» esclamò fiero il servitore. «Riconosco il posto!» Guardò in alto e un filo di luce delimitava i contorni della botola. Afferrò la corda penzolante giù fino a terra e diede qualche strattone per assicurarsi che reggesse.
Sivert si offrì di arrivar su a braccia, in modo da poter aiutare tutti gli altri. Lo sforzo fu minimo, abituato a battere lastre di ferro. Con una mano sorreggeva il suo peso puntando i piedi contro la parete, mentre con l'altra spingeva verso l'alto il tavolaccio posto a coperchio. Dopo un paio di tentativi, riuscì a spostarlo sufficientemente per infilarci due dita su un fianco. L'altro braccio cominciò a tremargli, fece forza e la luce della luna illuminò il volto dei suoi compagni. Balzò fuori strisciando il ginocchio sull'erba, ma si inchiodò prima di tirarsi del tutto in piedi.
Non era solo.
L'uomo lo guardò. «Bene. Vi stavo aspettando!»


La Confidenza -La memoria perduta-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora