Helen aveva pensato più volte di agire sulla psiche di Gursharan e giocargli qualche brutto scherzo per fuggire, ma quelle solide catene, a cui sia lei che Ani erano legate, chi avrebbe potuto scioglierle?
Erano trascorsi sei giorni da quando era stata catturata e non aveva avuto la purché minima occasione di scambiar alcuna parola con il resto del gruppo. Tutti loro erano sorvegliati a vista e Gursharan continuava a ripetere alla nausea che, volenti o nolenti, avrebbero collaborato all'apertura del varco. Helen aveva una tremenda voglia di spiattellargli in faccia la verità, che ad attenderlo non ci sarebbe stata alcuna ricchezza. Forse solo ossa e resti di una civiltà caduta. Preferiva esser cauta, però. Cosa sapeva Bedektor? Anche lui era ignaro o si stava servendo bassamente del suo scagnozzo?
Arrivò l'oscurità dentro la carrozza. Gursharan non si fidava a dormire con le due prigioniere e, come le notti passate, andò a riposare altrove, lasciando un paio di guardie a vigilare. Helen stava quasi per assopirsi, quando si sentì chiamare dall'esterno. «Mia regina, mia regina.»
Helen scosse Ani per un braccio, addormentata già da un po'. Si affacciò in cerca di quella voce. Dei due soldati messi a picchetto non vi era più traccia: al loro posto, il viso rincuorante del vicecomandante delle guardie di Ma Chais.
«Ferd, sia lodato il cielo. Come ci avete trovato?» domando lei.
«Non c'è tempo! Uscite di qui, prima che ci scoprano!»
Helen mostrò le catene.
«Dannazione!» Ferd si gettò all'interno per cercar di rimuoverle. Gli anelli saldamente ancorati al pavimento resistettero alla sua forza.
La regina lo fermò. «Libera i miei compagni, sono su uno dei carri. Ti potranno essere di aiuto se le cose si mettessero male.»
«Mia regina, non...»
«Va'!»
Ferd balzò giù senza obiettare oltre. Si dileguò tra gli alberi e raggiunse i suoi compagni, una ventina di uomini. Gli era sembrato il giusto compromesso tra la discrezione richiesta dal Consigliere Durer ed una efficace forza d'assalto. Insieme a loro, le due guardie tramortite e rese inoffensive.
«Comandante, la regina?» domandò uno dei suoi.
«Sta bene...» fece un lungo sospiro di disappunto riguardo agli ordini ricevuti. «Due uomini con me, gli altri restate qui in attesa. Al segnale prestabilito, intervenite! Qualcuno presto si accorgerà della mancanza di questi due.»
Si mossero veloci nell'ombra di quella notte, rischiarata solamente dalle torce accese qua e là nel campo. Avevano già individuato il carro dei prigionieri nei precedenti appostamenti, restava solo intervenire, ma era tutt'altro che semplice: di guardia, quattro uomini circondavano il mezzo, uno per lato. Inoltre, un paio si muovevano lungo il perimetro dell'accampamento.
Quest'ultimi sarebbero stati il loro primo obiettivo.
Li colsero alle spalle, rapidi, spezzando silenziosamente le vertebre del collo di entrambi. In seguito, si mossero scaltri verso il carro. Purtroppo la loro presenza non passò da subito inosservata: una guardia non di turno, alzatasi per i bisogni fisiologici, diede l'allarme e il campo si animò. Alcune guardie scesero di fretta dai carri senza capir nemmeno chi o che cosa dovessero respingere. Individuati i tre intrusi, la notte riecheggiò del clangore delle spade.
Ferd fischiò, lanciando così il segnale.
I suoi uomini sbucarono dalla vegetazione lesti come lo scatto di un boa, instaurando un duello aperto senza pietà. Così facendo, gli permisero la sufficiente copertura per balzare all'interno del carro dei prigionieri.
«Ferd!» esclamò Erast riconoscendo l'uomo.
«Comandante...» Ferd notò da subito che tutti i prigionieri versavano nelle stesse condizioni della regina, mani e piedi incatenati. Questa volta però non avrebbe dovuto agire in silenzio, ormai la situazione era precipitata. Estrasse la spada e con un paio di colpi ben assestati liberò Erast. Fu poi la volta di Edwald, Birger e Gorium.
Mentre si occupava di Sivert, una guardia sorprese tutti quanti e balzò sul mezzo. Non ci fu tempo di reagire e lo trafisse alle spalle.
«Noooo!» gridò Erast rabbioso. Con una pedata fece volare di sotto l'assassino.
Ne arrivarono altri.
Senz'armi, i quattro si difesero con calci, schivando e assestando pugni. La lotta fu impari: Gorium, totalmente inesperto e senza un'arma con cui difendersi, finì per esser infilzato dritto al ventre. Quegli attimi parvero trascorrere lenti: Abo urlò alla vista di quella scena e si fiondò senza pensarci sull'uomo che aveva ferito il suo compagno. In un attimo lo disarmò e lo uccise con la sua stessa spada. Il traduttore sgranò gli occhi, incredulo. Cadde giù dal carro grondante di sangue. Edwald lo soccorse, ma in un soffio si spense.
Un altro membro del Consiglio era morto.
Le conseguenze scesero pesanti come macigni, non poteva dar retta però a quei pensieri, ora doveva combattere e liberare i suoi compagni. Aveva conosciuto poco Gorium, non sapeva un granché sulla sua vita, a parte quelle poche cose raccontate durante le riunioni del Consiglio. Era stato Re Gavin a raccomandarlo per la carica.
Lasciò il corpo esanime del traduttore e cominciò a menar fendenti senza pietà. La rabbia lo aveva reso solo più forte ed inarrestabile, deciso ad eliminare chiunque gli si fosse parato davanti. L'accampamento si era trasformato in un campo di battaglia: grida, sangue e spade scintillanti al chiaro di luna.
Svegliato dal trambusto, Raizak si cacciò nella mischia. Non fece difficoltà ad eliminare i suoi avversari, era veloce, letale. Nella notte pareva uno spettro: appariva e scompariva infliggendo terrore e morte. Solo una persona avrebbe potuto tenergli testa e con suo grande piacere se la trovò sui suoi passi. Avrebbe avuto così una valida scusa per uccidere il Giocatore di carte.
Le due spade si scontrarono con impeto, facendo sbilanciare i due avversari all'indietro. Riattaccarono in una danza selvaggia fatta di colpi ben assestati con spietata precisione. Raizak non lo temeva, lo voleva implorante ai suoi piedi. Solo successivamente gli avrebbe regalato la morte. Dal canto suo, Abo non poteva farsi mettere sotto: aveva già assaporato la malvagità di quell'essere e questa volta ci sarebbe andato giù ancora più pesantemente.
«Ci si rivede!» lo provocò Raizak. «Vedo con piacere che ti sei ripreso, al nostro ultimo incontro mi sei sembrato un po' malconcio.»
«Risparmia il fiato!» disse Edwald roteando la spada per colpirlo.
Raizak parò il colpo e indietreggiò. Quell'impeto lo stupì per un istante: l'umiliazione subita in precedenza al rudere nel bosco aveva dato al suo avversario più forza e motivazione.
Scomparve nel nulla. Nel buio di quella notte sarebbe stato ancora più complicato anticipare i suoi movimenti.
Abo fece un giro su stesso. Il suo sguardo cadde sui corpi a terra dei soldati di Ma Chais, immobili tra erba e foglie. Si accorse che pochi stavano ancora combattendo, il resto era caduto. Quella distrazione gli costò cara: Raizak apparve, enorme talmente gli era vicino, frastornandolo con un pugno dritto sul volto. Edwald sputò sangue dal naso e dalla bocca. Nonostante il violento attacco, riuscì a mantenersi in piedi. Barcollò. Raccolse la spada, volatagli di mano e cercò di rimettersi in equilibrio. Poiché un ginocchio cedette, usò la lama per bastone facendosi forza sull'elsa. Ritornò dritto. Raizak non conosceva di certo la pietà e attaccò, un affondo e un altro ancora. Fortunatamente Abo riuscì a fermare entrambi gli attacchi, ma i propri furono lenti e imprecisi. Quel pugno gli aveva tolto energia e lucidità.
«Fermatavi!» ordinò Gursharan a pochi passi.
I pochi rimasti tra le guardie di Ma Chais fuggirono, lasciando Erast, Birger ed Ewald circondati.
Raizak rinfoderò la spada, guardando il Giocatore di Carte. «Sei fortunato, molto fortunato!» Si beffò di lui.
Rabbioso, Abo gli sputò addosso.
Raizak sembrò non darci peso, si ripulì e si voltò. Di scatto fece partire un gancio, colpendo il viso già sanguinante del rivale. Si rigirò e si allontanò.
I soldati puntarono immediatamente le spade verso Edwald, a terra, umiliato e moribondo.
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La Confidenza -La memoria perduta-
De TodoEsiste un mondo i cui i domini sono divisi tra regni e città-stato, dove un segreto millenario sconvolgerà lentamente l'esistenza della popolazione... degli uomini comuni e dei Distinti. Qui vive Achal, un giovane con il desiderio di esser qualcosa...