Mentre i due amici se ne stavano seduti su alcuni grossi cuscini davanti al caminetto rimembrando i vecchi tempi, la notte aveva ormai preso il posto del giorno sulle colline di Isael. Gli occhi neri del capo villaggio erano gonfi e lucidi a causa delle fragorose risate che Kir abilmente sapeva provocare.
«E poi ti ricordi di quando, ubriaco marcio, sei finito nel letamaio delle vacche credendo che fosse la casa della tua fidanzata?» disse il mezzofalco respirando affannosamente a forza di risate.
«Oh... che schifo. È vero. Mi sembra di sentire ancora adesso la puzza. Uh... mamma mia!»
«Quante ne abbiamo combinate insieme!?» si tranquillizzo prendendo in mano il bicchiere posto sul pavimento.
«Tante! Un'infinità direi! Orvo afferrò la bottiglia di Barbadù. «Ancora un goccetto?»
«No. Basta. Lo sapevo che mi avresti fregato con il tuo liquoraccio!»
«Solo un bicchierino e poi basta. Siamo già abbastanza ubriachi tutti e due. L'ultimo prometto!» disse reggendosi con una mano al pavimento rischiando di accasciarsi su un lato.
«Ok. Ma solo più uno!»
Orvo riempì i due bicchieri e alzò il suo per brindare. «Alla nostra amicizia!»
«A te che mi ospiti questa notte, caro amico mio.»
Il suono dei calici si unì allo scoppiettare del fuoco.
«A proposito. Che diavolo sei venuto a fare qui?» chiese singhiozzando il padrone di casa. «E poi che ti sei fatto alla spalla? Me lo puoi dire o fai sempre il misterioso come al solito?»
«Te la faccio breve. Questa mattina mi sono ritrovato incappucciato in una stanza. Sono scappato e ora mi staranno di sicuro dando la caccia.» riassunse Kir «Termine che mi si addice molto!»
«Ah... bella questa!» rise Orvo. «Ma che hai combinato? Hai sedotto qualche moglie intoccabile?»
«Dai smettila!» Kir si fece serio. «Come ben sai, parte della mia vita e avvolta dal mistero. Qualcosa in passato ti ho spiegato, ma le motivazioni che mi hanno condotto fin qui, non te lo posso proprio confessare. Se per te è un problema partirò anche questa notte stessa.»
«Ho rispettato la tua riservatezza fin ad ora e continuerò a farlo. Conta pure su di me.» sorrise l'amico. «So che sei un uomo buono e questo a me basta. Un tuo problema e un mio problema, fratello.»
Kir si sentì rincuorato dalle parole di Orvo e il suo viso pulito fu segnato da due sottili lacrime che scesero rapidamente fino al mento. «Guarda che mi fai fare. Mi fai piangere!»
«Queste lacrime me le voglio proprio ricordare. Tac!» sdrammatizzò il Lungo, colpendosi con due dita sulla spaziosa fronte.
«Non le vedrai mai più, ricordale bene. È solo merito del tuo Barbadù.»
All'improvviso qualcuno iniziò a battere violentemente sulla porta d'ingresso violando la tranquillità di quel momento.
«Signor Mikinton, venga subito. Signor Mikinton. Qualcuno sta salendo al villaggio. Presto!»
Orvo aggrottò le sopracciglia e si diresse verso la porta barcollando leggermente, tappandosi le orecchie per impedire a quel rumore di entrargli nel cervello. «Basta per l'amor del cielo sto arrivando! Arrivo. Ma che succede?»
La porta si aprì, ma Alvaro continuò ad urlare. «Venga subito a vedere. Qualcuno sta venendo su per il sentiero! Corra!»
Orvo si voltò a guardare Kir, rimasto vicino al camino. «Mi sa che abbiamo visite!»
I tre raggiunsero la postazione di vedetta che si affacciava sulle colline sottostanti e da lì scorsero il bagliore di alcune fiaccole lungo la strada per il villaggio.
«Ricevete mai visite di notte?» chiese Kir.
«Raramente! Tu sei il primo dopo settimane che mette piede quassù!» affermò innervosito Orvo.
«Bè, se non avessero voluto farsi notare, non avrebbero acceso le torce. Sentiamo che hanno da dirvi.»
«Alvaro, quanto tempo abbiamo?» chiese frettolosamente il capo villaggio.
«Una ventina di minuti.»
«A sufficienza! Tu, ora torna a casa mia e restaci. Io e i miei penseremo a tutto.» fece segno a Kir. «Alvaro, vai ad allertare gli altri del Consiglio!»
«Subito!»
Questa volta Alvaro si era dimostrato impeccabile. Molto probabilmente la ciucca del pomeriggio era svanita.
Kir non obbiettò in merito alla decisione di Orvo, in fondo lui lì era un ospite. Non avrebbe mai potuto sopportare che per causa sua qualcuno si fosse fatto male. Reduce ancora degli effetti dell'alcol, scese a fatica i dieci gradini della torretta e si incamminò lentamente verso la casa dell'amico.
Orvo rimase ad osservare le fiaccole avvicinarsi, in attesa del ritorno di Alvaro e degli altri membri del Consiglio. Parevano stelle in un cielo notturno. Non sapeva con chi avrebbe avuto a che fare da lì a pochi minuti, quindi gli veniva difficile formulare nella sua testa un discorso sensato. Con molte probabilità avrebbero chiesto di Kir, di certo non si erano avventurati in quella notte per fare una scampagnata.
Gli altri quattro membri del consiglio, due donne e due uomini, giunsero alla postazione di vedetta.
L'uomo con la lunga barba grigia e il turbante in testa si rivolse severamente ad Orvo: «Lo sapevo che quel tuo amico ci avrebbe fatto passare guai! Quanti sono?»
Orvo non fece volutamente caso alla prima affermazione di quel vecchio brontolone e rispose alla domanda. «Le torce sono cinque, ma non si distinguono ancora le sagome delle persone.»
«Aspettiamo che arrivino qui e accogliamoli gentilmente. Nessuno faccia allusioni a Kir. Lasciate fare a me.» disse Orvo incrociando lo sguardo delle due donne. «Anzi, rientrate pure nelle vostre case, se c'è ne motivo vi farò chiamare.»
«Ma sei sicuro?» chiese l'uomo finora rimasto in silenzio.
«Se stiamo qui ad attenderli tutti insieme, sembrerà che abbiamo qualcosa da nascondere!»
«Bè, hai ragione. Se ci sono problemi non esitare a convocarci.»
«Certamente. Comunque resterà Alvaro qui con me. Andate e state tranquilli.»
Dopo essere stato ancora una decina di minuti ad osservare i visitatori avvicinarsi, il capo villaggio scese i dieci gradini di legno che riportavano a terra, raggiungendo Alvaro, già montato in sella al suo fedele asino. I due si diressero incontro ai viandanti, ormai arrivati a poca distanza dalle prime case del villaggio.
«Non è opportuno viaggiare la notte! Cosa vi porta fin quassù a quest'ora?» disse Orvo rivolgendosi ai cinque appena incontrati.
Continuando a camminare, l'uomo più avanti di tutti alzò la testa, passò la sua fiaccola ad uno dei suoi e togliendosi il cappuccio rispose. «Ci scusiamo per l'ora tarda e per aver interrotto la quiete di questo splendido posto, ma ordini superiori ci portano fin qui. Io sono Carl Borfen e questi sono le mie guardie più fedeli.»
I cinque indossavano un lungo abito che ne nascondeva i piedi, abbottonato sulla schiena e stretto in vita da una corda bianca che pendeva per il fianco sinistro. L'unica evidente differenza era nel colore: quello della scorta era rosso acceso, mentre il loro capo vestiva di nero.
Orvo incalzò con un'altra domanda. «Lui è Alvaro e io sono Orvo Mikinton, capo villaggio. Chi vi manda? Non so se vi è dato di saperlo, ma Kakarat non è sotto alcuna giurisdizione. Qui gli ordini di chiunque non appartenga al nostro Consiglio, non vengono tenuti in considerazione.»
«Forse mi sono espresso male. Non è nostra intenzione imporvi qualcosa. Purtroppo abbiamo notizie che un terribile criminale possa nascondersi tra queste colline e il mio padrone non vuole rischiare di perdere le sue tracce. Era giusto spingersi fin qui a controllare. Anche per la vostra tutela, in fondo.» L'uomo pallido dal volto scavato, osservava Orvo con i suoi occhi azzurro ghiaccio dalla pupilla piccolissima.
«Quindi nessun Governatore vi manda qui?»
«No! Sono affari personali!» affermò seccamente.
Alvaro rimaneva seduto sul asino in silenzio ad osservare quegli uomini dietro al superiore. Immobili nascondevano il viso sotto l'enorme cappuccio a punta. Si chinò e bisbigliò qualcosa all'orecchio del capo villaggio.
«Nel tardo pomeriggio uno straniero si è fermato alla locanda per uno spuntino. Poi però, ha subito ripreso verso Newrolong. Non è vero, Alvaro?»
La vedetta annuì con la testa.
«Allora è passato di qui. Bene! Sapreste descriverlo?«
«Capelli corti, spettinati e occhi castani. Indossava una camicia bianca, gilet e braghe neri. Mi pare fosse anche ferito» prese parola Alvaro.
«Lo avete osservato con attenzione, vedo!?» chiese maliziosamente Borfen.
Alvaro si irrigidì capendo di aver detto qualcosa di troppo.
«Il suo compito è osservare!» preciso il Lungo.
«Oh, ma certo, certo. Grazie per l'aiuto. Noi ci rimettiamo in marcia! Guadagneremo tempo.»
«Per Newrolong dovete attraversare il villaggio e proseguire per il sentiero che scende dall'altra parte.» gesticolò indicando il percorso. «Vi scortiamo per un pezzo. Qui la gente non vede di buon occhio i forestieri.»
«Troppo buoni.» giunse le mani davanti al petto. «Andiamo ragazzi.» afferrò la torcia.
Dopo aver guidato il gruppo fino alle ultime case del paesello, Orvo raggiunse la sua abitazione, mentre Alvaro ritorno in postazione di vedetta.
Kir stava attendendo l'esito di quel incontro, in piedi di fianco al caminetto, dove poco tempo prima se la sghignazzava allegramente. La porta si aprì e ne apparve il padrone di casa. «Allora?» chiese impaziente.
«Allora... stavano proprio cercando te!»
«Dannazione, mi sono già alle costole! E ora dove sono?»
«Li abbiamo spediti a Newrolong.» sorrise «Idea di Alvaro.»
«Fantastico! Sei riuscito a sapere qualcosa sul loro conto?»
«Erano cinque incappucciati, ma ha parlato solo uno di loro. Un certo Borfen... I suoi scagnozzi sono stati delle tombe. Anzi non li abbiamo nemmeno visti in faccia.»
«Borfen... Borfen? Non mi dice niente!»
«Secondo me appartengono a quei pazzi della setta di Newrolong.» disse portando il dito indice ad una delle tempie.
«Non lo so, non credo. Ma per conto di chi operavano? Te l'ha detto!»
«No. Chiaramente non voleva esporre il suo padrone.»
Kir si mise a passeggiare per la stanza. «Hai detto che erano incappucciati!? Umm... ora come ora nascono sette a destra e a sinistra, non saprei proprio.»
«Mi sono domandato però, perché le abbia definite guardie e non monaci, frati, adepti o che altro!»
«Guardie?... Incappucciate?»
«Si deve essere sbagliato o...» Orvo si fermò e guardò l'amico.
«O quella era tutta una messa in scena.» finì la frase il mezzofalco.
«Esatto! Ai religiosi, nessuno fa mai domande.»
«Devono coprire qualcuno di importante! Qualcuno che non si può esporre. Magari un Governatore!» ipotizzò Kir.
«Un Governatore? E darebbe la caccia a te?» guardò un attimo nel vuoto e poi riprese «Almeno che tu non abbia infranto la legge!?»
«Hey, hey, Orvo...»
«Va bene, va bene, va bene. Era solo un ipotesi.» sollevò le spalle allargando le mani. «Tra l'altro... sono a conoscenza del fatto che tu sia ferito. È scappato ad Alvaro.»
«Ci mancava anche questa!»
«Mi scuso per lui, ma doveva esser convincente, far capire che si trattasse proprio di te. Altrimenti non avrebbero proseguito per Newrolong.»
Kir si appoggiò con il fianco al davanzale della finestra e guardò fuori giusto per curiosità. «Dai, va bene. Non importa. Se siete stati convincenti, avrò un bel vantaggio su di loro.»
«Scusa se mi intrometto, ma dove devi andare?» Temeva la solita risposta poco esauriente.»
Kir esitò un attimo, ma quella volta intuì che doveva agire diversamente dal solito. «Al diavolo! Non posso continuare a parlarti per mezze verità! Lo faccio da troppo tempo! Sediamoci un secondo e ti racconterò.»
I due si accomodarono di nuovo sui cuscini ancora deformati dal loro precedente passaggio.
«Non devo andare proprio da nessuna parte. Sono venuto fin qui per creare un diversivo.» si fermò un istante per riordinare le idee «Quegli uomini stanno cercando il medaglione della Confidenza, di cui io ero il custode. Ho detto ero, proprio perché ora ho incaricato Achal di consegnarlo al posto mio al diretto interessato. Capisci?»
«Aspetta, aspetta... Il medaglione della Confidenza esiste davvero?» Orvo sgranò gli occhi. «Non ci posso credere. Pensavo fossero tutte storie. Ma come ti è venuto in mente di tirare in mezzo quel giovane ragazzo? Sei impazzito?»
«Cosa potevo fare? Ero ferito. Era l'unico modo per far perdere le tracce del medaglione.» si difese Kir.
«Scommetto sia rimasto sconvolto dal veder parlare il proprio falchetto!» ironizzo.
«Lo so, ma ha assorbito bene il colpo! Ce la farà!»
«Lo spero! Non so che valore abbia quel medaglione, ma se solo la metà delle cose che si dicono in giro riguardo al Consiglio dei Sette sono vere, lo hai caricato di una bella responsabilità!»
«Purtroppo, come ti ho già detto, non avevo scelta.» Kir rimase un attimo in silenzio ripensando al dialogo con il ragazzo. «Visto che quelli là sono diretti a Newrolong, potrei recuperare le forze qui e andarmene appena sarà possibile. Sempre che tu sia d'accordo!?»
«Nessuno ti manda via. Per me ci puoi anche vivere qui al villaggio!» sdrammatizzò il Lungo. «Ora andiamo a riposare. Si è fatto tardi.» disse alzandosi con le natiche doloranti.
«Sì. Ne ho proprio bisogno!»
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La Confidenza -La memoria perduta-
CasualeEsiste un mondo i cui i domini sono divisi tra regni e città-stato, dove un segreto millenario sconvolgerà lentamente l'esistenza della popolazione... degli uomini comuni e dei Distinti. Qui vive Achal, un giovane con il desiderio di esser qualcosa...