Capitolo 6

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La piccola stanza dove aveva pernottato era stata ricavata nel sottotetto, ma sufficiente per accogliere comodamente una persona. Il pavimento era in legno, segnato dal lungo sfregare della porta, tagliata obliquamente in alto per via del soffitto basso e inclinato. Un letto e un tappeto erano gli unici arredi.
Nonostante i primi raggi di luce avessero attraversato già da una buona mezzora l'unica piccola finestra, Achal aveva continuato a sognare. Faceva da un po' lo stesso sogno: la solita bella fanciulla a cui bisbigliava dolci parole e regalava un fiore di campo. Solo pochi istanti del suo viso, ma non avrebbe esitato a riconoscerla se solo un giorno l'avesse incontrata.
Mastro Barry entrò nella camera e strappò di dosso le lenzuola al giovane ospite. «Pigrone alzati, forza! Sono le sei del mattino e te ne stai ancora nel letto? Muoviti!»
Achal fu sballottato leggermente, ma in quello stato tutto sembrava amplificato. «Che ore sono?» domandò impastando ogni lettera con la successiva.
«Le sei. Svegliati! La colazione è già pronta, ti aspetto di sotto!
Il ragazzo rimase con gli occhi chiusi ancora un po', permettendo a numerosi pensieri di affollargli la testa e di girovagare per il cervello senza raggiungere alcuna conclusione concreta. A fatica si tirò su appoggiando i piedi per terra. Non aveva dormito un granché quella notte: anche se imbottito di soffice paglia, quello scomodo materasso non gli ricordava affatto il suo di casa. Oltre a questo, il tavolato su cui appoggiava era scricchiolante, cosa che aveva contribuito a svegliarlo ad ogni cambio di posizione.
Si alzò a rilento e si diresse al piano di sotto verso la stanza da bagno, ‒ lusso di cui la sua casetta in mezzo al nulla ovviamente non disponeva ‒ con le palpebre ancora pesanti come macigni che nascondevano un paio di intensi, vispi occhi verdi. Ad ogni passo, la magra costituzione traspariva dalla sottoveste attillata. Di un bianco pallido, poco andava a discostarsi dal colore della sua carnagione.
Mastro Barry notandolo, intavolò un discorso a distanza: «Ti ho lasciato un secchio con dell'acqua pulita e un paio di asciugamani. Se necessiti di altro, hai solo da chiedere.»
«La ringrazio.» borbottò ancora intorpidito dal risveglio drastico.
Barry alzò il tono di voce. «Fai in fretta che qui si fredda tutto!»
Il ragazzo non proseguì con la conversazione, si lavò e in una manciata di minuti fu pronto per far colazione.
«Allora che si mangia?»
«Abbiamo latte, cacao, zucchero e questi dolcetti della panetteria qui di fronte.» indicò un piatto sul tavolo. «Se preferisci altro hai solo da chiedere.»
«No. Si figuri, basta quel che c'è. Non si preoccupi. Sta già facendo molto per me. A proposito, programma della giornata?»
Barry portò la lattiera alla tazza di Achal e ne versò parte del contenuto, poi fece lo stesso per se. «Appena terminata la colazione, andremo al Comenio ad iscriverti al torneo. Una volta a casa, comincerai immediatamente a far pratica.»
«Comenio?» chiese non trovando spiegazione a quella parola.
«Il Comenio si occupa della burocrazia per conto della Governatrice. Riscuote le ammende, organizza feste e concorsi, pubblica le leggi... cose del genere. È un po' il "cavallo da traino della città".»
«Pensavo che il potere fosse unicamente in mano alla Governatrice.»
«L'ultima parola spetta sempre a lei, ma questo organo serve da tramite con il popolo.» disse masticando un dolcetto alla fragola. «L'amministrazione della città è poi molto più complessa, ma in poche parole potrei definire così il ruolo del Comenio.»
Achal sorseggiava lentamente il suo latte e cacao, facendo qualche pausa per continuare la conversazione con Mastro Barry. «Bè, posso solo immaginare cosa significhi aver la responsabilità di tutte quelle persone.»
«Forse non dovrai badare a tutto un popolo, ma qualcosa mi dice che dopo aver consegnato il medaglione i giochi non saranno terminati. Avrai altre responsabilità da prenderti, mio caro ragazzo.»
«Per ora non ci voglio pensare, anzi spero che lei si stia decisamente sbagliando.»
«Non sei curioso di saperne di più?»
«Certo che sono curioso, anche perché non ne so praticamente nulla. Se la mia curiosità però, mette a repentaglio la mia vita, preferisco non sapere.»
«Il ragionamento fila è ovvio.» Barry si alzo dalla sedia. «Io ho finito, vado a prepararmi per uscire. Lascia pure tutto qui sul tavolo.»
«L'ultimo biscotto e salgo in stanza anch'io.»
«Finisci con calma, tanto prima delle otto il Comenio non riceve nessuno.»
Barry si chiuse nella propria stanza da letto e ve ne uscì dopo una ventina di minuti vestito di un gilet bianco di morbida lana che si sovrapponeva ad un camiciotto marrone dalle maniche abbondanti. Le sue larghe braghe di fine stoffa color caffè, terminavano in un paio di costosissimi stivali di pelle nera allacciati fino alla sommità.
«Achal sei pronto?» domandò a voce alta salendo il primo gradino della scala.
Il giovane comparve in cima alle scale e si affrettò nel scendere quei pochi scalini.
«Che eleganza Mastro Barry, mi sento un pezzente a suo paragone. Io indosso gli stessi abiti di ieri.»
«Oh, qui in città, meglio sei vestito e più vieni considerato. Non è mia abitudini lustrarmi in questo modo.»
«Non vorrei farle fare brutta figura con questi stracci addosso!» Il ragazzo pizzicò la sua tunica verde che scendeva fin sopra al ginocchio. «Dopo tutto, lei è molto conosciuto e rispettato qui in città.»
Achal non era solito cambiarsi spesso di abito, possedeva pochi indumenti, la maggior parte dei quali già rattoppati più e più volte.
«Non dire baggianate! Considerato che le mattine di primavera sono ancora molto fredde, sarà meglio coprirsi un po'. Ti presterò una delle mie mantelle, così ovviamo entrambi i problemi.»
«Perfetto!»
Usciti dalla casa, i due percorsero quasi in silenzio il tragitto verso il Comenio. Le vie erano ancora deserte e una densa nebbia riempiva il loro cammino, non permettendo di vedere tanto più avanti del proprio naso.
Il palazzo che ospitava il Comenio era molto antico e costruito su due piani. L'entrata era preceduta da una corta, ma molto ampia scalinata in pietra e da un porticato sorretto da una dozzina di colonne scolpite finemente lavorate. In cima ad ogni colonna si ergeva una statua rappresentante una donna a braccia tese verso l'alto con in mano il sacro libro delle leggi di Varineo, simbolo della giustizia e imparzialità dell'ordinamento legislativo della città. Al di sopra del porticato, un terrazzo accessibile solo dal secondo piano, si estendeva per tutta la larghezza del palazzo.
Barry entrò per primo nel grosso atrio dell'edificio, senza badar troppo alla complessa e magnifica struttura. Era stato lì almeno una cinquantina di volte per sbrigare alcune pratiche riguardanti la sua attività.
S'affrettò verso l'enorme scala che si riversava dal piano di sopra, sollecitando il ragazzo rimasto fermo ad osservare meravigliato.
Da una grosso e basso pilastro posto al centro si diramavano a raggiera, otto archi di pietra equidistanti che terminavano sulla balconata adiacente alle pareti interne: quattro finivano negli angoli e quattro a metà della lunghezza. Per l'intera campata, vi era fittamente inciso un motivo di fiori e foglie che li arricchiva di pregio ed eleganza. Le piastrelle color vaniglia e mattone del pavimento sottostante componevano un motivo concentrico a partire dalla colonna centrale, come le increspature di uno specchio d'acqua infranto da un sasso.
Un anziano uomo fermò la propria discesa per rispondere ad una domanda di Mastro Barry. «Scusi buon uomo, la stanza per le partecipazioni?»
«Per i tornei d'armi, segua quel corridoio li a sinistra, ultima porta. Per quelli goliardici, corridoio a destra prima porta a sinistra.»
«La ringrazio. Oroneficis!»
«Predaslava!»
Achal raggiunse il venditore e non poté fare a meno di chiedere spiegazioni per quel che aveva sentito. «Mastro Barry che vi siete detti, sul finale?»
«È un vecchio saluto che si usa per augurare una buona continuazione della giornata e della vita. Se incontri una persona più anziana di te, gli si dice Oroneficis, in segno di rispetto per la maggior esperienza. Se è più giovane Predaslava, per auspicare un buon accrescimento, ma il significato è sempre lo stesso. Tra ragazzi è insolito usarlo.» spiegò Barry «Vieni. Di qua, forse non ci tocca attendere.»
Il giovane immagazzinò le informazioni dettagliate del suo mentore e non chiese ulteriori delucidazioni.
L'armaiolo seguì le indicazioni dell'uomo ed entrò in una piccola sala d'attesa vuota. «Permesso, si può?»
Ci fu un attimo di silenzio, giusto il tempo che l'eco delle sue parole svanisse. La porta lucida alla sua destra si aprì e ve ne uscì un piccolo e magro uomo dall'aspetto curioso.
Un grosso paio di occhiali dalle lenti rotonde, gli occupava gran parte del viso.
«Siiii! Dicaaa!? Deveee inscriversiii ad un torneooo?» chiese cantilenando l'addetto.
Rimasero colpiti da quello strano modo di parlare, ma Barry non indugiò e diede subito risposta. «Eh, sì... Il ragazzo!»
«Veniteee, diii quaaaa. Babarut, Jovenat, Arfelanteee, Degli Arceriiii? Qualeee?»
I due seguirono il piccoletto nell'altra stanza e non poterono fare a meno di notare la gigantesca creatura pacificamente seduta su una sedia grossa quanto un armadio.
Con i suoi circa tre metri di altezza e la sua pelle color porpora, se ne stava con gli occhi socchiusi masticando lentamente qualche foglia di eucalipto. Il naso e le orecchie erano praticamente inesistente in confronto alla larga bocca. Sulle sue gambe corte vi si appoggiava una gonfia e lardosa pancia decisamente sproporzionata rispetto al resto del corpo.
«Per tutte le asce, e quello cos'è?» si stupì il giovane.
«Questa volta non ho risposte per te!» disse Mastro Barry impietrito pochi passi dopo l'uscio.
«Alloraaa, quaaale torneooo?»si indispettì l'incaricato.
«A... arfelante!» rispose Barry non perdendo di vista la creatura.
Achal si intromise e fece la domanda più ovvia che potesse fare.
«Signor addetto, potrebbe spiegarmi che cos'è quel "coso"?»
L'uomo seduto dietro ad una grande scrivania in fondo alla stanza richiamò l'attenzione su di sé rispondendo alla domanda del ragazzo. «Questo coso, come lo chiami tu, è un memolongo. È una creatura millenaria, ricorda tutto quello che legge e parla di rado se non interpellato. Lo utilizziamo oltre all'archivio cartaceo. È più facile da consultare. Basta chiedere. Eh, eh!»
Mastro Barry si avvicinò. «Ne ho viste tante fin ora, ma questa...»
«Allora? Ho sentito Arfelante, giusto? Venite, sedete, sedete.»
Achal e il bottegaio presero posto e rimasero in silenzio.
L'uomo dal viso liscio e curato afferrò faticando un grosso e spesso libro posto sul tavolo accanto alla scrivania. «Per far tenere il libro in mano a questo bestione, abbiamo dovuto adattarci. Mano grande, libro grande. Eh, eh!» Sfogliò velocemente le pagine per trovare ciò che gli interessava. «Ecco, qui: "Tornei e gare mortali". Allora chi dei due partecipa?»
«Lui.» rispose rapidamente il venditore.
«Nome e cognome?»
«Achal Ber» rispose il ragazzo.
«Figlio di?»
«Artur Ber»
«Vivi qui in città?»
«No, fuori. Oltre il Bosco di Haroonwall.»
«Oh, si deve stare bene là fuori. La natura, gli animali. Ah... che bello! Eh, eh!» Con il suo modo di fare, l'uomo trasmetteva spensieratezza e allegria. «Quanti anni hai giovane ragazzo?»
«Ventitre. Ventiquattro tra un mese.»
«Sei molto giovane, sicuro di voler andar tra quelle bestie al torneo? Non mi sembri molto in carne per andar a prender botte?»
«Bestie? Quali bestie?» chiese allarmato.
«Nessuna bestia, Achal. Era un modo di dire.» spiegò Barry.
«Eh, eh! Tranquillo! Te la caverai al massimo con qualche osso fuori posto.» L'uomo girò il libro verso il ragazzo e gli sporse la sua piuma. «Allora, una firmetta qui. E via!»
Achal pensò alle sue ancor sane spalle, braccia, gambe e firmò.
«Allora, sapete già tutto quello che c'è da sapere?
«Non proprio.» disse Barry.
«Tra tre giorni, ovvero il 24 del mese di Aprile, alle ore sette e mezza, ci sarà l'accettazione. Vi dovrete presentare all'ingresso del castello con questa lettera.» estrasse da una busta, un foglio già precompilato e vi appose le generalità del giovane. «Mi raccomando, la puntualità. Il paese è in festa in quei giorni. La gente brama per l'inizio delle gare. Per quanto riguarda il regolamento, nessuna dote da Distinto è permessa, niente di niente. Le spade verranno addirittura fornite dalla Governatrice. Per il resto è una gara ad eliminazione. Chi meglio si batte... vince. Eh, eh!»
«Perfetto! Tutto chiaro!» affermò Mastro Barry.
«Perfetto! Alf, a te il libro!» si rivolse al nano che intanto aveva preso posto al suo scrittoio.
Il piccolo uomo conteneva a malapena tra le braccia il grande registro e con difficoltà lo sporse al memolongo.
«Mi fa sempre sorridere questa parte. Potremmo chiudercelo dentro a quel libro. Eh, eh!» bisbigliò l'incaricato alla scrivania.
Il memolongo non cambiò la sua espressione di una virgola e iniziò a visionare il documento di iscrizione del ragazzo. Ad un tratto interruppe il suo compito e spostò lo sguardo sul giovane. Con lo stupore di tutti iniziò a parlare: «Dimmi, qual è il nome di tuo nonno?» La sua voce cavernosa echeggiava nella stanza.
Spaurito, Achal rispose timidamente. « Benjamin.»
La grossa creatura girò ulteriormente il capo. «Signor Dennis, posso convenire in privato con il giovane?» domandò rivolgendosi all'incaricato.
«Mi meraviglia questa tua richiesta. Non è di prassi, lo sai bene!» disse l'addetto spiazzato dalla situazione. «Se mi prometti di non mangiartelo, te lo concedo. Eh, eh!» ironizzò «Su, una pausa ci farà bene. Venga anche lei Signor...?»
«Barry!»
«Signor Barry... per di qua!»
L'armaiolo uscì dalla stanza insieme agli altri due, lasciando Achal solo con il memolongo.
«Hai paura di me?» chiese la creatura.
Il giovane si irrigidì sulla sedia. «Bè, no... un po'... Devo averne?»
«No affatto. Ho chiesto di tuo nonno per esser certo che i Ber a cui ho pensato foste proprio voi. Benjamin, Artur ed Achal Ber. Prima di Benjamin vi era Herman, ancora prima Isak... e di padre in figlio vi siete tramandati un qualcosa. Vero giovane ragazzo?»
Il primo pensiero fu per il medaglione, ma il memolongo incalzo con un'altra domanda. «Come mai il tuo falchetto non è qui con te?»
Achal tirò un sospiro di sollievo. «I registri non contengono informazioni sugli animali domestici, mi sbaglio?»
«Non ti sbagli ragazzo! Ci sono cose che so da sempre, perché da sempre sono così. Voglio solamente esser certo che Kir sia in buona salute.»
«E se così non fosse?»
«Ragazzo non prenderti gioco di me!» la creatura balzò in piedi innervosita e la sua voce tuonò violentemente.
Il giovane indietreggiò senza alzarsi, spaventato dall'enorme mole di quell'essere. Non avrebbe mai pensato potesse essere così agile. «Non è mia intenzione. Cerco solo di sapere fino a che punto posso spingermi con questa conversazione.»
Il memolongo tornò a sedersi. «Che cosa sai tu, che temi di rivelare!? Quale pensiero ti porti dentro?»
«Questo è troppo!» Achal scattò dalla sedia e fece qualche metro voltando le spalle alla creatura.
«Tu sai di Kir, vero?»
Il boscaiolo si fermò per qualche secondo senza voltarsi. Deciso ad affrontare quella conversazione, camminò verso il memolongo che lo osservava dall'alto in basso.
«Sì. So che Kir non è un comune falco! A questo vi riferite?»
«Come sei venuto a conoscenza della cosa? Doveva rimanere un segreto!»
«Da ieri non lo è più. Kir si è ferito e le cose si sono complicate. Ora spetta a me far ciò che lui doveva fare.» rispose decisamente Achal.
«Gravemente? Spero si rimetta presto. Che cosa dovresti fare al posto suo?»
Achal comprese che il memolongo non era a conoscenza del medaglione e del suo incarico. «Oh, niente di importante.» sminuì.
«Sciocco! Morditi la lingua in futuro. Conosco il compito a lui assegnato. So del medaglione. Devi fare attenzione, se si scopre che le dicerie sulla Confidenza sono fondate, in poco tempo avrai gli occhi e le spade di tutti addosso. L'uomo è avido e corruttibile. È sempre in cerca di ricchezza e di potere.» alzò la voce sbattendo il pugno sul bracciolo della poltrona.
«Mi perdoni, ma questo destino non l'ho scelto io! Non so nemmeno il perché debba consegnare questo medaglione.» disse rammaricato il giovane.
«In questo non ti posso aiutare! Il motivo per cui il medaglione fu creato rimane un mistero. Per quel che ne so, nemmeno Kir conosce tutta la verità.»
«Cercherò di fare più attenzione in futuro, lo prometto.»
«Non fidarti di nessuno, resta nell'ombra il più possibile. La tua partecipazione al torneo ha a che fare con il tuo dovere?»
«Sì.»
«Bene. Proteggi il medaglione ad ogni costo se sarà necessario. Ora va.» fece segno con la mano «Che la fortuna sia dalla tua.»
«Ne avrò di bisogno.»
Udendo la voce di Barry, Achal percorse il corridoio e scese velocemente la scale che riportavano al pian terreno. «Possiamo andare!»
«Oh, eccolo qui. Sei ancora vivo allora!? Non ti ha mangiato!? Eh, eh!» ironizzò il signor Dennis.
«Ci ha pensato, ma ho poca carne attaccata alle ossa!»
«Se non vi sono altri obblighi, noi andremo...» disse Barry.
«Aspettate! Non lasciate qui questa!» Il signor Dennis estrasse dalla tasca la lettera per l'accettazione al torneo.
«Molte grazie, ce ne stavamo proprio dimenticando.» sorrise l'armaiolo. «Grazie per la vostra disponibilità.»
«Dovere, non si preoccupi. E tu giovane, attento alla testa. Eh, eh!»
«Cercherò di tenermela ben attaccata al collo... per quanto mi sarà possibile!»

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