Capitolo 32

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Dopo una trentina di giorni di viaggio, non restava quasi più alcun segno delle percosse subite da Edwald. Giorno dopo giorno però, il proprio orgoglio aumentava il suo sanguinare. Gridava vendetta. Per Yona, per Gorium e per la prigionia.
Quel pomeriggio afoso di luglio, la carovana giunse a destinazione. Il paesaggio era più che famigliare per la maggior parte dei presenti: le inconfondibili querce secolari del bosco di Haroonwall erano ormai di un forte verde brillante, quasi accecante. Ai loro piedi correva il sentiero, tra spesse radici e terra asciutta. Fuori dalla fitta vegetazione, le mura di Varineo si ergevano alte e maestose. Una vista confortante, se solo vi fossero giunti da uomini liberi.
Il carro si fermò alle soglie del bosco e fu intimato ai prigionieri di scendere. Da lì avrebbero proseguito a piedi. Achal conosceva quella strada, l'aveva percorsa qualche mese prima, a ritroso verso la sua abitazione. Nonostante fosse incatenato, quel posto non gli faceva più molta paura. Dopo tutte le vicissitudini in cui si era cacciato, trovò veramente scialbi quei suoi vecchi timori.
Se ricordava bene, da lì a pochi passi ci sarebbe stata una radura. Non sbagliò. Vi era stato però allestito un campo, con una grande tenda centrale, accerchiata da una decina di altre molto più esigue e modeste. La posizione era strategica: si erano serviti delle grandi querce per passare inosservati e per gestire in tutta tranquillità le operazioni che da lì a poche ore avrebbero intrapreso.
Mentre venivano date disposizioni affinché i prigionieri fossero cautamente sorvegliati, una guardia di picchetto all'entrata della tenda maggiore ragguagliò l'uomo al suo interno dell'arrivo del capo della setta di Newrolong.
Dopo aver atteso qualche minuto, fu concesso a Gursharan di entrare: scostò con rispetto la stoffa sulla soglia e scivolò all'interno. La tenda misurava circa venti passi per lato ed in terra vi era disteso un pesante tappeto color porpora. Serviva a creare una sorta di pavimento, il più pianeggiante possibile. Un letto, piazzato sulla destra, era sommerso da cuscini in piuma d'oca, mentre dal lato opposto, un tavolo veniva utilizzato per i pasti e da scrittoio. In faccia, un trono elegante, imbottito e maestoso, era occupato da colui che si faceva chiamare Bedektor.
Gursharan temeva quell'individuo, aveva atteggiamenti e personalità differenti da qualsiasi altro conosciuto prima. Cosa fosse e da dove arrivasse non gli importava più di tanto, lo aveva aiutato a scovare i Sette del Consiglio e questo non aveva prezzo. Alcuni dicevano di averlo visto scendere dal cielo e riconducevano le sue fattezze alle creature responsabili dei rapimenti avvenuti all'inizio dei tempi. Forse era semplicemente un dio.
Alla vista del capo della Setta di Newrolong, Bedektor si sistemò comodo sul trono e gli fece segno di avvicinarsi. Gursharan non capiva se lo stesse guardando, poiché era nascosto dietro a quella che lui aveva identificato come una visiera, fatta di un materiale sconosciuto, scura come la notte, ma trasparente allo stesso tempo. La testa era protetta da un elmo dalla forma regolare, quasi sferica, ma non metallico. Se possedeva una bocca, era ben nascosta da una specie di museruola, munita sul davanti di un tubo flessibile che finiva lateralmente.
Gursharan si rivolse a lui usando una lingua antica come il mondo, ormai morta e sepolta. Bedektor sembrava conoscere esclusivamente quella: «Mio signore...» fece un inchino «Siamo finalmente pronti, vi ho portato i prigionieri, come avevate ordinato.»
Bedektor annuì.
«Purtroppo durante il tragitto siamo stati attaccati da un gruppo di guardie di Ma Chais, nel tentativo di liberare la regina. Durante lo scontro un membro è deceduto!»
Bedektor parlò con una voce squillante, ma ovattata dall'elmo: «Come è stato possibile?»
«Alcuni prigionieri erano stati liberati e uno di loro è morto battendosi.»
Gursahran temeva un implacabile scatto d'ira, invece si rivelò addirittura ragionevole.
«Cosa devo fare con te?» Si spostò sul trono e fece un forte sospiro. «Poco importa, prima o poi faranno tutti quella fine.» disse con sufficienza «Ora portali da me!»
Raramente era di così buon umore. Gursharan non se lo fece ripetere e condusse i prigionieri al suo cospetto.
«Lasciaci!» ordinò Bedektor.
«Mio signore, questi uomini non conoscono la vostra lingua! Non...»
«Imbecille e ottuso...»
L'uomo fu all'improvviso interrotto. Udire insulti nella lingua attuale lo lascio attonito.
Bedektor continuò con l'idioma corrente: «Ho imparato la vostra insulsa lingua ormai da tempo. Se non mi sforzo di usarla, non vuol dire che io non la conosca. Ora va!»
Imbarazzato e confuso, non osò ribattere e se ne andò.
«Odio mischiarvi con voi!» disse rivolgendosi al gruppo davanti a se. «Per questo parlo la vostra lingua il meno possibile. Non voglio diventi un'abitudine.»
Si alzò dal trono e sistemò la nera camicia fatta cucire su misura, appositamente per far risaltare il suo fisico possente.
«Questa farsa è ormai superflua... per lo meno con voi del Consiglio. Non crede, signor Barry?»
L'armaiolo fu colto di sorpresa, bensì ci stesse già pensando da un po'. L'individuo davanti a se ricordava molto una delle rappresentazioni sulle creature misteriose contenute nel Libro Primo. Forse aveva capito...
Bedektor slacciò il particolare elmo e lo levò delicatamente, mostrando il viso di uomo dalla barba incolta e dai capelli lunghi e scuri. Doveva avere circa trent'anni, a prima vista.
«Mi è stato riferito che lei è un uomo molto intelligente... per i vostri canoni ovviamente. Usando le informazioni in suo possesso, dovrebbe avere ormai intuito.»
«Come diavolo è stato possibile?» si infervorò il bottegaio.
«Hey, hey!» intervenne Edwald seccato. «Di cosa stiamo parlando?»
Bedektor si passò una mano nei capelli per riordinarli e si riadagiò sul trono.
«Spieghi pure al suo amico... avanti, avanti!» Sembrava divertito.
Barry era nervoso, troppe cose non tornavano.
«È uscito!» Abbattuto osservava Bedektor. «Non so come, ma ce l'ha fatta!»
Abo rimase senza parole. Come poteva esser vero? Quell'uomo arriva dal luogo sotterraneo? Come ci era riuscito?
Bedektor scoppiò a ridere.
«Forza, non siate così tristi.» Cambiò espressione e si fece improvvisamente serio. «Io dovrei esserlo. Io mi sono dovuto arrangiare in questo schifo di mondo in cui mi sono ritrovato. Certo, con un po' di arguzia e qualche menzogna, mi sono sistemato bene... » tamburellò le mani sui braccioli del trono «ma ora voglio di più. Voglio vedere la vostra disfatta!»
«Deduco quindi che non ve la caviate poi così male là sotto!» cercò di provocarlo Abo.
«Ma... Ahahaha!» una fragorosa risata riempì la tenda. «Scusate, ma devo avervi sopravvalutato. Ahahah... Veramente credete che io venga da qui? Da ora?»
Chiaramente nessuno del gruppo aveva afferrato il concetto. Barry guardò Edwald, ma si vide allo specchio: il suo stesso sguardo sperduto.
«Sembra proprio il caso che debba cominciare dal principio.» sorrise «Salterò alcuni particolari, non potreste comprenderli e risulterebbero superflui per questa conversazione. Il mio vero nome è Norman Cook e vengo da quel luogo che voi avete sigillato. Sono nato e cresciuto lì, al contrario di mio padre e mia madre. Loro hanno conosciuto il mondo vecchio. Era proprio qui, dove siamo ora tutti noi, ma era un'altra cosa. Totalmente differente. Voi non riuscireste nemmeno ad immaginarlo»
Cominciò a camminare per la tenda, gesticolando animatamente come se stesse rivivendo i racconti dei suoi genitori. «Vi erano grandi città, dove vivevano milioni di persone, grandi strade...» si fermò e si accorse quanto fosse difficile dar loro una chiara rappresentazione del vecchio mondo «L'essere umano aveva dato la massima espressione di se. Cavalli? Carri? Tutto superato.»
Guardò i prigionieri, smarriti per quelle informazioni incomprensibili.
«Lasciamo stare...» sbuffò «avrete tempo di capire se collaborerete. Sta di fatto che i vostri predecessori compirono un grosso errore di valutazione: avevano sì cancellato per sempre l'accesso alla nostra casa, ma involontariamente crearono una discrepanza temporale. In corrispondenza della nostra uscita, si è formato una sorta di porta per un altro tempo! Per lo meno è quello che ho dedotto. Questi argomenti non vi sono così estranei, se non vado errato, alcuni Distinti possiedo la capacità di viaggiare nel tempo.»
Barry deglutì e fece cenno di sì con il capo. La salivazione gli si era azzerata.
«Purtroppo, al contrario di voi Distinti, noi non siamo assolutamente in grado di gestire a nostro piacimento questa grande risorsa e... eccomi qui, sbalzato per sbaglio avanti di duemilaquattrocento anni circa. Per fortuna ho mantenuto il controllo del mio velivolo e grazie ad un elegante atterraggio, al mio prezioso casco e a qualche arma a voi sconosciuta, non è stato difficile spacciarmi per una divinità. Avevo bisogno di uomini per attuare il mio piano: i primi Distinti che incontrai sul mio cammino si unirono spontaneamente adoranti. Per mezzo dei loro poteri ci insediammo a Maofreer in un batter di ciglia.»
Bedektor raccontava con una tale naturalezza, che le cose da lui descritte non parevano neanche così gravi. «Venni a conoscenza dell'esistenza di quell'imbecille di Gursharan e delle sue dicerie sul vostro squallido Consiglio: sapevo dell'esistenza del primo Consiglio, era un'informazione nota a tutti noi militari di grado. Ci aspettavamo una qualche reazione alla scoperta del varco, ma non potevamo immaginare di certo di essere rinchiusi come topi in gabbia. Quindi, grazie a Gursharan e ad alcuni uomini messi nel posto giusto, come Ghirod e Frobèran, riuscii a rintracciare colui che si sarebbe dimostrato di prezioso aiuto.
Bedektor guardò in direzione di Kir e fece un lento inchino. Il mezzofalco si mostrò irrequieto.
«E qui, per voi, ora la nota più dolente del mio racconto: è al signor Halcon che devo la riuscita del mio piano, senza di lui nulla sarebbe stato possibile!»
Achal guardò il mezzofalco stupito. «Che sta dicendo?»
Kir abbassò lo sguardo.
«Su, non essere timido, prenditi meriti ed applausi!» ironizzò Bedektor. «Vieni, avvicinati! Non è giusto farti portar ancora queste catene.»
In un attimo Kir fu libero: non osava incrociare la vista di nessuno dei suoi compagni. Bedektor lo strinse a se con un braccio al collo, come si fa con amici di vecchia data.
«Se non fosse stato per lui, questa graziosa riunione non sarebbe mai avvenuta!»
«Kir...» pronunciò Barry smarrito.
«In principio, lo feci catturare.» disse Bedektor «Volevo informazioni. Brancolavo nel buio, potevo solo sperare che il Consiglio avesse lasciato qualche segno del proprio passaggio su questa terra, ma non trovai niente di niente. Ammiro la vostra scaltrezza adoperata in tutti questi secoli.» Sorrise. «Quando in seguito affidò il medaglione al ragazzo, rivelandone così l'esistenza, capii che dovevo pensare come voi, come un Distinto. Feci delle ricerche: compresi a fondo le vostre capacità e mi balenò l'idea di un Consiglio celato per via di alcuni meccanismi di innesco di cui ero venuto a conoscenza. La conferma non tardò ad arrivare, quando lei signor Edwald manifestaste l'esigenza di cercare il monaco eremita.»
Abo strinse i denti e fremette di rabbia. «E Kir in tutto questo cosa centra?»
«Abbia pazienza...» lo acquietò. «Feci uccidere il monaco eremita, cercando di interrompere così la vostra catena, ma la sorte mi ha tirato un brutto scherzo: il terzo del Consiglio aveva già ricevuto la sua Confidenza. Deciso a riprovarci, sparpagliai decine di uomini sul territorio. Mi tenevano informato notte e giorno, tuttavia non era facile starvi alle costole. Quando giungeste a Zaly, ebbi qualche ripensamento sull'esattezza delle mie teorie, per questo proposi lo scambio tra la ragazza e lei, signor Barry. Volevo aver certezze prima di toglierle la vita. Purtroppo per me, sono circondato da buoni a nulla e mi siete sfuggiti di nuovo. A quel punto, un'altra idea geniale si fece spazio nella mia testa: ormai avevate dato il via ad un concatenarsi di eventi che andava solo alimentato, perché cercare di fermavi? Dovevo avere però un aiuto dall'interno, vi muovevate con quella dannata sabbia ed era impossibile rimanere informati sui vostri spostamenti. Quindi... ecco come si rese utile il vostro "amico".»
«Kir... Come hai potuto?» pronunciò deluso l'armaiolo.
«Ero stanco mastro Barry!» si difese il mezzofalco «Stanco di questa segretezza, di domande a cui non avevo mai avuto risposte. Ho vacillato, lo so, ma da troppo tempo porto questo fardello. L'eremita era già morto ed Abo era stato massacrato nello scontro con Raizak. Quante persone dovevano ancora soffrire per questa cosa?» Un misto di tristezza e rabbia trapelò sul suo viso. «Ma non doveva andare così. Nessuno doveva farsi più male, Bedektor! Hai tradito la mia fiducia!»
«Fiducia? Osi menzionare la fiducia?» ribatté Bedektor. «Doveva risultare credibile, mio caro Kir. Così facendo ho motivato i tuoi amici a continuare con la ricerca del resto del Consiglio: se non fossero stati braccati non avrebbero intrapreso questo viaggio verso l'ignoto.»
Kir non osò proferire parola: aveva agito per una sola volta in vita sua in maniera egoistica e aveva fallito pienamente.
«Avevi l'occasione di tirarti indietro in qualsiasi momento, ma non lo hai fatto. Hai continuato a fornirmi informazioni sui vostri spostamenti e sulle vostre scoperte in merito alla Confidenza, rafforzando le mie supposizioni. Mi sembra un po' tardi per avere dei rimpianti!»
«Santo cielo Kir, hai giocato con la nostra vita... con la mia vita!» urlò Achal.
«Io...»
«Mi dispiace per te ragazzo, ma questa è la giusta punizione che si meritano i tuoi compagni per aver assecondato le decisioni di un folle Consiglio millenario!» disse Bedektor «Ho ingannato tutti voi, ma questo destino vi spetta. Come ben sapete due membri sono passati a miglior vita e la vostra influenza sul varco sta diminuendo. Ancora un paio delle vostre teste e il passaggio si rivelerà da solo. Se invece collaborerete, vi sarà risparmiata la vita. Sta a voi decidere del vostro futuro.»

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