Capitolo 17

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Per il ritorno, avevano deciso di aggirare la Valle di Hemlyt per non incappare in situazioni spiacevoli e pericolose. Era trascorso solo poco più di un mese da quando Achal si era lasciato Varineo alle spalle, ma non gli pareva già più la stessa.
Procedendo tra la gente indaffarata a farsi i fatti propri, si accorse presto della sensazione di estraneità che si portava addosso: le peripezie a cui era andato incontro lo avevano mutato profondamente nell'animo, a tal punto da non sentirsi a casa persino nella sua amata città-stato. Scrutava ogni persona, tenendo pronta la mano sull'elsa della spada. Era agitato e non era così difficile notarlo. Troppe preoccupazioni tutte insieme lo tormentavano: pensava continuamente al resto del gruppo e alla decisione di separarsi. Era stata una mossa azzeccata? Talvolta ripercorreva mentalmente gli ultimi attimi della morte del monaco eremita, dove guanto e spada gli avevano garantito la sopravvivenza, ma ora neppure quell'aiuto bastava a trasmettergli un minimo di sicurezza. Sivert ci aveva fatto ormai l'abitudine nel vedere il suo compagno di viaggio teso e irrequieto. A dir la verità ne stava un po' patendo l'influenza.
Achal osservò per un istante le guglie del castello spuntare tra i tetti delle case antistanti, domandandosi a chi fosse spettato il tanto ambito premio del torneo Arfelante. Con molte probabilità era rimasto tra le mura del castello, vinto da uno dei prediletti della Governatrice, anche se la partenza di Edwald aveva ridotto le possibilità affinché ciò accadesse. Sorrise ripensando a come avesse sconfitto quel grosso De Boulder e Sivert non poté fare a meno di notare quel espressione che non si manifestava ormai da giorni sul viso del ragazzo.
«Ritornare in patria ti fa stare meglio?»
«Mi chiedevo cosa fosse capitato in nostra assenza.»
«Niente di nuovo credo.» ci fu un sospiro seguito da un attimo di silenzio «Ma... solo in un luogo potrai aver risposte alle domande che ti poni.»
Achal lo guardò con aria interrogativa.
«Mio caro, non c'è miglior posto di una locanda piena di ubriaconi per conoscere le ultime nuove!» Cinse un braccio attorno al collo del compagno. «E già che ci siamo, ci facciamo un bella bevuta per festeggiare il nostro ritorno!»
Il ragazzo venne strattonato per un po' e un altro accenno di sorriso si dipinse sulle sue labbra.
Varcarono la porta della Locanda del Poeta e scesero un paio di gradini scricchiolanti segnati da lunghi anni di calpestio. Un tipo mingherlino, avvolto in un sudicio grembiule dal colore poco riconoscibile, indicò loro la testa di un tavolo già occupato da altri due uomini. Presero posto senza dar troppo fastidio e in breve tempo gli fu servito cibo e vino.
Non passò molto affinché quello per cui erano venuti scivolò nei lori padiglioni: «Io, proprio non ci credo.» L'uomo seduto poco più in là, alla destra di Sivert, alzò il tono della voce. «Insomma, è sempre stata in salute ed ora si ammala così gravemente? È assurdo!»
Il compagno di fronte fu pronto a controbattere: «Bè, sì... è strano, ma può capitare.» Si pulì il muso barbuto impregnato di birra.
«Comunque, a me quel Ghirod non piace affatto!»
Achal e Sivert si lanciarono un'occhiata di complicità e bloccarono all'istante i propri discorsi.
L'uomo continuò imperterrito senza badare alle orecchie tese dei vicini: «Fra tutti i consiglieri, proprio lui dovevano eleggere Governatore!?»
Achal si irrigidì al suono di quelle parole. Sperava di aver udito male, ma la conferma arrivò fulminea. «Che sia Ghirod o qualcun altro a governare, sinceramente non vedo dove sta la differenza!»
«Scusate se mi intrometto,» I due portarono il loro sguardo su Sivert. «mi è stato difficile non udire la vostra conversazione. Ghirod è diventato Governatore di Varineo?»
«Sì, provvisoriamente. Da soli due giorni.» rispose l'uomo con la barba.
Il fabbro fece una smorfia di disappunto. «Provv... Per quale motivo la Governatrice Azura non adempie più ai suoi doveri?»
«Dorme!» accennò ad una risata.
«Dorme? Che significa... dorme?»
«Significa che non si è più svegliata! Insomma, è da dieci giorni che sembra sia caduta in coma!» L'uomo abbassò la voce, strisciò il sedere sulla panca e si fece più vicino a Sivert. «Secondo me c'è sotto qualcosa!»
«Ci risiamo!»  disse annoiato il compagno.
«Silenzio, lasciami parlare! Qui alla locanda girano voci di complotto: Azura è diventata molto diffidente nei riguardi del Consiglio, dopo la partenza di Edwald. Si dice che volesse addirittura appellarsi al Decreto Euphiry...»
Sivert ed Achal cercarono di non far trasparire l'ignoranza in materia, ma la loro espressione li tradì.
«Non mi dite che non conoscete...» sbuffò contrariato «Il Decreto Euphiry permette al Governatore di spodestare il Consiglio in carica, se ne sussistono i presupposti, ma ovviamente deve fornire delle prove tangibili ad un'assemblea di cittadini.»
«Messa a dormire la Governatrice, evitato il problema!» intercalò Achal.
«Bravo ragazzo!»
Sivert era dubbioso. «Cosa riportano le fonti ufficiali?»
«Si dice che abbia contratto una rara malattia del sonno.»
«Non badate a ciò che afferma il mio amico... è un po' "toccato"!» intervenne l'altro.
«Ma come osi!? Toccato sarai tu!»
«Io? Devi smetterla di dar ascolto a questo branco di sbronzi!»
Sivert fece segno ad Achal di alzarsi. «Bè, noi ora dovremmo andare.»
Presi dal loro battibecco, i due uomini non diedero cenno ne risposta.
Uscirono in tutta fretta dalla locanda e si incamminarono verso il castello, sotto il sole cocente del primo pomeriggio.
Il fabbro si asciugò la fronte con la manica della camicia. «Che intendi fare? Abbiamo le mani legate!»
In breve tempo, Achal si trovava ad aver di nuovo la necessità di entrare a castello per risolvere un problema fuori dalla propria portata. In un modo o nell'altro, la lettera andava recapitata e Ghirod spodestato da quella carica che gli conferiva troppo potere.
«Con Ghirod Governatore, il resto del gruppo è in serio pericolo, non possiamo infischiarcene. Potrebbe addirittura usare l'intero esercito per i suoi scopi!»
«Ma potrebbe anche essere solo un'altra pedina, come lo era Froberàn!»
«Cosa intendi dire?»
«È troppo esposto! Ci deve essere qualcun altro che tira le fila di tutta questa storia... qualcuno che rimane nell'ombra e mette i suoi scagnozzi nei punti giusti della scacchiera! Se ci fossimo trovati in difficoltà, avremmo potuto chiedere l'appoggio di Azura, ma con Ghirod al vertice ci è stata preclusa anche questa possibilità!» Tolse il tappo alla sacca dell'acqua e ne bevve un sorso per dar chiarezza alla voce. «Secondo me, qui c'è qualcosa in ballo di molto più grande di ciò che immaginiamo. Potremmo trovarci un giorno a doverci schierare in favore o a sfavore di qualche governante: se è stato così facile mettere un uomo al potere, sarà così altrettanto semplice creare attriti tra le città-stato!»
Achal ascoltava le riflessioni dell'amico, ma rifiutava il pensiero di un possibile scenario di guerra. «Questo non accadrà! Entreremo al castello e troveremo il modo di sbattere quel verme in cella!» Distratti dal discorso, erano ormai giunti poco distanti dal portone dell'edificio. «Chiederemo udienza al Governatore, in fondo portiamo notizie del ex consigliere. Non ci negheranno di parlare.»
«Ma cosa vuoi...»
Il ragazzo guardò in direzione delle guardie poste a picchetto. «Andiamo!»
Attraversarono il cortile scortati da un paio di guardie ed Achal non poté far a meno di notare quanto quel posto fosse molto più grande senza gli spalti e tutto ciò che si era reso necessario per il torneo. Per un istante riaffiorarono nitidamente i ricordi e le sensazioni provate durante lo scontro con Sivert: il fragore della folla esaltata, i fischi, l'odore forte della pioggia e i vestiti freddi, fradici sulla pelle.
Un brivido gli si insinuò tra le vertebre.
Oltrepassarono la porta dalle vetrate rossastre e vennero lasciati soli ad attendere nella grande sala, immersa in un silenzio tombale rispetto al chiasso dei giorni delle gare. Passarono circa una decina di minuti, quando un calpestio in lontananza si fece sempre più presente. Una delle guardie era tornata: «Per di qua. Prego!»
Dopo una serie di corridoi, un odore intenso di fumo cominciò ad intasare le narici di Achal. Le porte della camera del Consiglio vennero spalancate e una forte vampata lo aggredì. Ghirod li stava aspettando seduto a capotavola, con le mani occupate da un bicchiere di vino rosso e da uno dei suoi sigari preferiti.
«Entrate forza!» Fece segno ad uno dei suoi senza levare lo sguardo dal calice. «Portate pazienza, ma in mia presenza le armi non sono bene accette.»
Il soldato si impalò davanti ai due ospiti e restò in attesa. Il boscaiolo e il fabbro si guardarono titubanti per un istante, ma non avevano alternativa: estrassero le lame dal fodero e le consegnarono.
Ghirod fece un sospiro profondo, assorto dai riflessi rosé della bevanda. «Soave elisir della perdizione... così dovremmo chiamarlo!» Si levò in piedi e fece un forte tiro al suo sigaro, mostrando i denti macchiati da anni di vizio. Doveva aver fumato sin da ragazzino. Persino la barba nera appena sotto le labbra era ingiallita. Scostò la poltroncina su cui era seduto, avendo cura di non inciampare nella lunga veste color cremisi, e appoggiò delicatamente il bicchiere sul tavolo. «Allora, quali nuove avete per me? Come sta il nostro caro Edwald?»
Achal sapeva di assistere ad una recita: una voce dentro di se gli suggeriva di spaccargli il muso, senza troppi ripensamenti, ma dopo aver dato una rapida contata alle guardie presenti nella stanza, decise di optare per una linea meno drastica. «Scusi se posso sembrarle sgarbato, ma in realtà il mio compagno ed io avremo la necessità di dialogare con la Governatrice Azura.»
Sivert non sapeva cosa avesse in mente e lo lasciò fare senza dar segno del suo turbamento.
«La Governatrice non può ricevervi, una inaspettata malattia del sonno... aimè... l'ha colpita improvvisamente ed ora io, Jeremias Ghirod, ho preso temporaneamente il suo posto.» Fingeva pessimamente. «Riportate pure a me le notizie in vostro possesso, appena Azura si rimetterà... se si rimetterà, sarò lieto di comunicarle io stesso.»
«Mi rattrista tutto ciò. Sarebbe possibile vederla?» lo ignorò.
«Sta molto male, mi dispiace!» Sbuffò un po' di fumo.
«Possiamo fidarci delle sue parole?»
Sivert lo guardò malamente. Sentiva puzza di guai.
Quell'ultima domanda aveva palesemente fatto innervosire il Governatore. Cercò però di mantenere la calma, come è solito far chi ricopre cariche così importanti. «Fidarsi? Oh... no, non potete! Non è conveniente mettere in discussione la parola di un Governatore.» fece un ghigno «Signor Ber... è così che si chiama, giusto? Le converrebbe essere più cortese sin da subito, non vorrei mai che un giorno la sua insolenza le possa costar caro!» Si avvicinò a testa alta a meno di due metri dai due. «Allora... dicevamo?»
Ad Achal, il ruolo del duro non si addiceva proprio per niente. Non aveva riflettuto granché su cosa avrebbe detto o non detto una volta incontrato Ghirod, ma ognuno dei suoi compagni lontani da Varineo aveva un più che valido motivo per prendere a calci quell'uomo e quindi doveva fare qualcosa in merito: «Perdonatemi! Non volevo! Dovete sapere che il Signor Edwald, durante il suo viaggio, ha ricevuto rammaricanti ragguagli in merito ad alcune persone coinvolte nella vicenda del tradimento di Frobèran e quindi intende tornare a breve qui a castello per riprendere il proprio posto.»
Sivert era sconvolto. Che diavolo di intenzioni aveva Achal? Cosa stava architettando?
Il Governatore si bloccò proprio mentre stava per dar un'intensa inspirata al sigaro e la sua espressione sicura se ne andò improvvisamente dal viso. «Tornare? A breve?»
«Sì. Siamo stati incaricati di tornar a castello per mettere al corrente la Governatrice di questi spiacevoli avvenimenti.»
«Capisco! Ma qui non vi è più posto per lui!» Ghirod si voltò e fece alcuni passi verso una delle tante carte geografiche appese al muro. La osservava senza interesse. «Si dà il caso che circa due giorni fa ci è stato riportato uno spiacevole evento legato al "nostro caro" Abo Edwald. Sembra che si sia macchiato dell'assassinio di due soldati dell'esercito di Varineo, in un paese di nome Fogabizia. Ne sapete qualcosa?» si voltò di nuovo. «O forse eravate presenti!?»
Si stava mettendo male. Molto male. Sivert cominciò a guardarsi intorno. Le loro spade erano ancora lì a portata di mano. Un calcio all'addome della guardia sarebbe bastato.
«Oggi stesso emanerò un ordinanza di arresto per Edwald e tutti i suoi complici... e dato che voi siete qui...»
Il fabbro non si fece cogliere impreparato: con una pedata atterrò il soldato e lanciò la spada al compagno. Pronto nella presa, Achal sferrò immediatamente un fendente per tener lontano una guardia balzatagli addosso, dando il tempo a Sivert di gettarsi con una spallata contro le porte. Si spalancarono come spinte dal forte vento e in un niente, i due si trovarono a correre per i corridoi del castello.
«Prendeteli, presto!» gridò Ghirod.
A breve avrebbero avuto mezzo esercito addosso, ma all'improvviso una ragazza dagli abiti umili gli sbarrò la strada catturando la loro attenzione. «Per di qua, venite... in fretta, in fretta!»
Come chi incontra un angelo custode, non esitarono a seguirla e scivolarono all'interno di una delle tante stanze. Entrambi avevano il respiro affannoso, ma non era ancora il momento di riposarsi.
«Forza, questo passaggio ci porta dalla Signora.» La voce della donna era dolce e servizievole. Scostò un arazzo rappresentante una veduta della piazza del mercato e indicò ad Achal di prendere una delle torce usate per illuminare la camera. Aprì una piccola porta con un altrettanta piccola chiave ed entrarono. Silenzio. «Procedete lentamente e non fate rumore. Potrebbero sentirci!»
Il giovane teneva la schiena leggermente piegata in avanti per evitare di sbattere la testa contro il soffitto in pietra del basso cunicolo. Il cuore pareva come un tamburo suonato in una chiesa vuota. Il respiro era quasi molesto.
Arrivarono davanti ad una scala a chiocciola in legno e la ragazza salì velocemente. Doveva averlo fatto molte altre volte. Sivert la seguì con un po' più di difficoltà, ma in un attimo si trovarono tutti e tre davanti ad un'altra porta. L'aprirono, ma ancora il buio. Ne spalancarono una seconda ed una luce apparentemente intensa fece stringere a tutti le pupille. Uscirono.
Achal si voltò indietro e capì di essere appena sbucato fuori da un armadio. Si guardò in torno. La stanza era molto lussuosa. Molto di più di quella a lui assegnata durante il torneo. Nel grande letto a baldacchino, dietro ad un sottile velo di tende trasparenti, tra coperte e grossi cuscini, Azura pareva dormire serena.
«Non avete molto tempo! Verranno presto a controllare! Mi chiamo Alana e lui è Elar.»
L'uomo doveva avere circa una sessantina d'anni, o per lo meno le profonde rughe sul suo volto facevano presagire all'incirca quell'età.
«Siamo entrambi servitori della Governatrice. Ho sentito quelle brutte dicerie su padron Edwald. Ditemi che non sono vere!»
«Nulla affatto! Potete stare tranquilli. Il signor Edwald è un brav'uomo, vogliono incastrarci.» affermò Sivert.
«Sia lodato Dio!» sospirò la ragazza. «Potete guarire la mia Signora?»
«Non saprei... ma qui nessuno permetterà neanche di provarci. Dobbiamo portarla via!»
«Ma come?» domandò Achal «Ci stanno dando la caccia.»
«Potremmo usare il passaggio! Porta fin fuori le mura.» spiegò Elar.
«Non perdiamo altro tempo allora.» Sivert sollevò con grazia la Governatrice dal suo giaciglio. «Alana, tra poco riferisca che l'abbiamo minacciata e che abbiamo costretto Elar a venire con noi!»
La domestica annuì col capo, mentre gli occhi le luccicavano di paura. Avrebbe voluto seguire la sua padrona, ma non ne aveva il coraggio. «Abbiate cura di lei!»
La porta dell'armadio si chiuse e rimase sola nella stanza.


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