Capitolo 8

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Il grosso cortile era stato delimitato con una spessa corda color porpora indicante l'area in cui gli atleti potevano battersi. Chiunque fosse uscito anche solo con un piede da quella largo cerchio, avrebbe perso l'incontro.
Achal restava in attesa del proprio turno osservando pensieroso gli sfidanti che nel frattempo avevano iniziato ad affrontarsi, mentre il premuroso Barry era salito in stanza per prendere gli indumenti indispensabili per il combattimento: cotta di maglia, elmo e naturalmente il loro asso nella manica. Il bottegaio smarrì due o tre volte la strada per il cortile e quando fu di ritorno, il quinto combattimento era già iniziato.
«Ma dov'era finito?» chiese Achal distogliendo per un attimo lo sguardo dalla competizione.
«Emm... sai questi corridoi sono un po' tutti uguali.» si giustificò l'armaiolo.
«Dopo è il nostro turno.» disse il ragazzo con voce leggermente tremolante.
«Di già?»
«Cinque gare, dieci partecipanti.» gesticolò contando con le dita «E poi guardi là. Il bestione si sta già preparando!»
«Dai forza! Infilati questa roba.» Barry gli scaricò sugli avambracci la pesante maglia di metallo.
«Santo cielo, ma quanto pesa questa cosa!?»
«Un po', ma ti ci abituerai in fretta.» accennò un sorriso per allentare la tensione. «Fatti aiutare, girati!»
Achal sgusciò dentro lo scomodo indumento e il bottegaio gli cinse una fascia di cuoio intorno alla vita, privandolo per un istante del fiato.
«Mi raccomando, cerca di essere più naturale possibile nei movimenti e ricorda ciò che ti ho insegnato in questi giorni di allenamento.» Barry lo fissava negli occhi «Prendi. Il guanto!»
Mentre il giovane infilava la sua salvezza, uno dei due atleti fu scaraventato fuori dal perimetro di gara ruzzolando malamente.
«Sivert Morten accede alla fase successiva!» gridò l'annunciatore «Si preparino ora: Alexander De Boulder e Achal Ber!»
La folla acclamava il vincitore e fremeva per il nuovo scontro. Gli spalti tremavano per le ritmiche pedate.
«È il tuo momento ragazzo!» Barry gli diede una pacca sulla spalla.
Achal si aggiustò l'elmo sulla testa lasciando aperta la feritoia del volto. Con la spada da una parte e molte paure dall'altra, entrò nel cerchio porpora. Era quello che aveva sempre sognato, invece ora avrebbe preferito volentieri evitarlo. Era terrorizzato. Il suo avversario lo attendeva immobile nel centro. Achal gli si parò davanti porgendo la sua mano destra. Gliela stritolò.
Sono nei guai! pensò. Proprio questa montagna mi doveva capitare!? La sua riflessione venne interrotta dalla voce del giudice di gara che intanto si era avvicinato: «Allora, la gara termina per: aver oltrepassato lo spazio consentito per il combattimento, ferite gravi, sfinimento e...» disse guardando alternativamente i due sfidanti «ovviamente per morte! Tutto chiaro?»
Ferite gravi? Morte? Perché nessuno mi ha informato che si può anche morire? Achal era nel panico.
L'avversario indietreggiò di qualche passo e il suono di un triangolo scandì l'inizio del combattimento. Il giovane restava fermo sul posto senza saper di preciso cosa fare, sopraffatto dal turbinio degli eventi. Sembrava in trance.  Il colosso lo scrutava non capendo che intenzioni avesse e ad un tratto gli si scagliò contro con la spada a due mani. «Ahhh!!» sbraitò.
«Attento!» la voce di Barry lo avvertì.
Il guanto fece il suo dovere e portò la lama nel giusto posto per respingere il colpo, ma travolto dall'impeto dello sfidante, Achal cadde a terra all'indietro.
«Su pivello alzati!» gli grugnì l'ammasso di muscoli «Con te ho appena iniziato!»
«Forza Achal! In piedi!» lo incitò l'armaiolo.
Il ragazzo si alzò sorreggendosi al manico della spada, nel bisbigliò dell'arena.
«Vuoi chiamare la mammina!? Su, avanti, fatti sotto. Vieni a prenderle!» insistette De Boulder.
Achal era tutto tranne che è un pivello bisognoso della mamma. Sua madre era morta quando aveva solo cinque anni e ne ricordava a malapena il volto. Se l'era sempre cavata da solo, anche perché suo padre, quando fu in vita, non gli dedicò mai molto tempo, preso dal duro lavoro del boscaiolo.
Quelle parole gli fecero avere uno scatto d'orgoglio e con lo stupore di molti rispose al suo avversario: «Potresti chiudere quella bocca... Ti puzza l'alito!»
Il pubblico ruppe il silenzio. Grida, risate e incitamenti piovevano a favore dell'insolente ragazzo.
«Ora lo ammazza!» borbottò Mastro Barry.
«Che cosa?» Al sentir quella provocazione, l'uomo non esitò un secondo a sferrare un altro colpo, ma Achal questa volta guizzò via rotolando verso l'interno del cerchio.
Per un pelo non mi affetta! pensò il giovane provocatore.
«Dove scappi, fatti tagliuzzare un pochetto!» gli occhi castani si fecero stretti e minacciosi.
Il colosso corse verso il suo sfidante sollevando dietro di se un po' di polvere, mentre Achal rimaneva in posizione di attesa. Ad un metro, De Boulder roteò la spada sopra la testa e scagliò la  sua lama verso l'elmo del avversario. «Ahhhh!» tornò rabbioso ad urlare. Il giovane si spostò rapidamente di lato, mandando nel vuoto il violento colpo.
Aveva deciso di giocare d'astuzia: durante il primo attacco, Achal capì che era troppo debole per resistere alle bordate dello sfidante. Stava aspettando il momento giusto per poterlo impensierire seriamente. Lanciarsi in un duello aperto lo avrebbe solamente sfinito.
La governatrice guardava interessata il duello e voltando il capo a destra si rivolse ad Abo Edwald: «Ma che sta facendo quel ragazzo? Perché non contrattacca?»
«Non saprei, ma sembra che alla gente piaccia questo suo modo di fare.» puntualizzò il Giocatore di carte.
«Bè, io dico che può batterlo!»
«Non vorrei mai contraddirla, ma se si riferisce al giovanotto, non gli darei molte chance.»
«Vogliamo scommettere?» provocò la Governatrice con lo sguardo sul cortile.
«Come desidera, mia signora.» rispose Edwald «La solita posta in gioco?»
«La solita di sempre!» confermò accennando un sorriso.
De Boulder era profondamente indignato. Quel ragazzo lo stava innervosendo, lo avrebbe fatto volentieri a pezzi se solo fosse riuscito a bloccarlo in qualche modo. Achal respirava affannosamente, doveva fare qualcosa, non poteva limitarsi ad evitare il suo avversario. Ad un tratto ebbe un lampo di genio: indietreggio quasi fino a toccare con il tallone la corda color porpora e provocò ulteriormente il suo avversario: «È tutto qui quello che sai fare!? Prendi le mosche?»
L'uomo non digerì le impertinenti affermazioni e con passo pesante tornò alla carica. «Te la taglio quella lingua velenosa che ti ritrovi!» Questa volta mirò al braccio sinistro con tutta la forza in corpo, iscrivendo un ampio arco orizzontale con la spada. Il clangore delle due lame scosse la folla sugli spalti, mentre Achal, con un movimento repentino, lo afferrò per il polso tirandolo verso di se sfruttandone la mole e lo slancio. Ancor più velocemente si spostò sulla destra e spinse il colosso al di là dello spazio consentito.
Una voce gridò tempestivamente: «Combattimento terminato! Achal Ber accede alla fase successiva!»
«Sì!» esclamò gioioso Mastro Barry.
Era fatta. Achal aveva vinto il suo primo incontro. La gente elogiava il giovane vincitore che con astuzia era riuscito a battere il gigante Alexander.
«Sei stato un po' sfacciato, ragazzo!» lo rimproverò Barry.
Il boscaiolo si tolse l'elmo. «Un poco... Ma ha iniziato lui!»
«Così facendo, però, ti sei guadagnato la simpatia del pubblico, devo ammettere che hai stupito anche me!»
«Bè, questa è andata!» sospirò.
«Sì, la prossima sfida è fissata per domani.»
«Ed Edwald?» chiese sentendosi quasi obbligato.
«Ha seguito la gara da lassù.» indicò la torretta «È rimasto sempre accanto alla Governatrice. Questa sera vedremo di avvicinarlo, se sarà possibile.»
«In qualche modo faremo!» Achal voleva godersi per un attimo quel piccolo momento di gloria e non pensare a nient'altro, ma sapeva benissimo che non poteva permetterselo. I misteri legati alla Confidenza avevano la priorità.
Liberatosi della pesante veste, si avvicinò al grosso cartellone delle gare che prima gli era sfuggito. «Mastro Barry, dia un occhiata qui? Tra poco sarà il turno di Edwald.»
«Hai ragione! È stato inserito come numero quindici. Vieni, presto. Non vorrai perderti lo spettacolo!?»
I due attraversarono il cortile, ormai diventato più che familiare, e si accomodarono su una gradinata riservata ai partecipanti. Da lì avrebbero potuto seguire il resto dei duelli e studiare i prossimi avversari. La gara in corso era terminata e il Giocatore di carte si trovava già di fronte al suo sfidante. Gli era capitato un certo Jacop Sonier, un ragazzone dai capelli biondi fino alle spalle e dalle braccia possenti, proveniente da Cyrus, un piccola cittadina sulle rive del lago Chuky. Lo sfidante non pareva impensierito dal dover affrontare un personaggio così popolare e per lo più così accreditato.
Abo mise a posto la cotta d'armi nascosta sotto alla raffinata sopravveste raffigurante il simbolo di Varineo, la volpe azzurra. Mantenendo il volto inespressivo si rivolse al suo antagonista: «Non pensi a proteggerti in qualche modo? Mi sembra un po' rischioso affrontare un duello senza alcun riparo!»
«Da dove vengo, nessun uomo vero indossa armature o ferraglia simile!» Sonier sorrise divertito «Siamo duri come il metallo e le ferite riportate in battaglia ci temprano ancor di più!»
Il Giocatore di carte era certo di aver davanti a se un "contadino convinto". Non che il mestiere dello zappatore fosse meno nobile del suo e centrasse più di tanto, ma prima di poter pavoneggiarsi con lui di scontri e sfregi, avrebbe dovuto combattere almeno per vent'anni di seguito. Questo fu quel che le passò per la mente mentre il suo avversario blaterava, ma si limitò a ribattere sinteticamente senza alludere al suo pensiero: «Ne sono certo! Bè, vinca il migliore!»
Achal si preparava emotivamente ad un duello molto interessante: dopo tutti quei giorni passati a parlare del Giocatore di carte, non aspettava altro di vederlo in azione, anche se non avrebbe assistito alla pratica di alcuna dote da Distinto. Ansioso più che per la propria gara, trotterellava con la gamba, seduto al fianco di Barry.
Il triangolo tornò a vibrare e l'incontro ebbe inizio dopo la solita introduzione del giudice di gara. Il biondo capellone si fece serio in volto e cominciò a muoversi lateralmente con passo felpato, incrociando le gambe ad ogni spostamento. Edwald alzò leggermente la testa e lanciò uno occhiata alla torretta tutta agghindata, certo che la Governatrice avrebbe seguito attentamente il suo duello, in seguito ricalcò i gesti del suo sfidante. Mentre i due stavano per affrontarsi, un leggero soffio primaverile rinfrescò l'aria di mezzogiorno. Qualche sbuffo di polvere si infilò tra le gambe di entrambi, per poi risalire fin sopra la testa. Sonier dedusse che quello era il momento giusto per attaccare e con determinazione cercò il petto di Edwald. Abo non si fece prendere alla sprovvista ed evitò l'affondo. Forse il muscoloso ragazzo era più di un contadino convinto, ma l'avrebbe battuto senza problemi, ne era certo!
Spossato dai quattro o cinque tentativi andati a vuoto, il Cyrusiano perse per un istante la concentrazione e fu in quel momento che l'attenta guardia della Governatrice ne approfittò: dopo aver girato su se stesso, Edwald si trovava alle spalle del suo sfidante e più veloce di fulmine lo colpì con il manico della spada alla nuca. Sonier cadde in avanti come un sacco di patate senza aver nemmeno capito che diavolo fosse successo e vi rimase privo di sensi.
«Magari un elmetto la prossima volta...» alluse voltandosi.
Achal rimase sbigottito. «Già finito!?»
Mastro Barry non lo diede a vedere, ma anche lui fu meravigliato dalla rapidità di Edwald. Non lo aveva mai visto combattere, ne con la spada, ne con le sue preziose carte.
«Sensazionale, davvero stupefacente!»
«Bè , quello lì ha dormito un po' per i miei gusti!»
«Ragazzino impertinente, tu saresti durato meno. Stanne certo!» l'armaiolo lo bacchettò a dovere.
Il giovane chinò la testa come uno scolaretto ripreso dal suo maestro. «Sì, forse ha ragione! Come farò a competere con gente come Edwald. È troppo forte, veloce, scaltro... tutto più di me!»
«Non abbatterti ora giovane Ber, quando sarà il momento ce ne preoccuperemo.» La campana della mensa echeggiò nell'arena. «Oh.. ora pensiamo a riempirci lo stomaco!»
Ad Achal non bastò l'idea del pranzo per acquietare la sua apprensione: gli scontri, il medaglione, quei loschi personaggi che avevano rapito Kir, tutto veniva rimestato nel ribollente calderone al di sopra del collo.
Strani e valorosi personaggi si avvicendarono per tutto il pomeriggio fino al calar della sera, dentro e fuori al cerchio color porpora. I sessantaquattro eliminati avrebbero lasciato il castello il giorno successivo insieme ai propri accompagnatori per ritornare da dove erano venuti. Achal aveva assistito a gran parte degli scontri e ciò non contribuì ad aumentare la propria autostima. Si sentiva triste, nervoso e scoraggiato, le sue abilità erano nettamente inferiori a quelle degli altri rimasti. Era un dato di fatto.
La luna risplendeva viva e sincera quella notte. Tutto intorno pareva tranquillo. La folla degli spalti era rientrata alle proprie case e il suo fragore venne sostituito dal frinire dei grilli. Gli alberi si lasciavano accarezzare dal gentil vento levatosi a mezzodì che ancora volteggiava lungo le vie della città. Edwald chiuse la finestra della stanza, dopo aver controllato, come ogni volta, che tutto fosse in ordine e sicuro per la potente signora. Lei era comodamente sprofondata su una lussuosa poltrona, ancora abbigliata e incipriata. Da li a pochi minuti, le sue dame servitrici sarebbero giunte per aiutarla a prepararsi per la notte. «Sei stato bravo oggi, al torneo?» disse delicatamente.
«La ringrazio, mi lusinga. Troppo gentile, come sempre!»
La Governatrice si alzò in piedi e strusciò la mano sull'asta del baldacchino. «La finestra è chiusa, puoi anche smetterla di usare quel tono così distaccato, non trovi?» La sua voce si fece più sensuale.
Abo venne teso in volto: «Ho il timore che anche i muri abbiano orecchi in questo castello.»
«Penso che sia un rischio che possiamo correre ogni tanto, no?» Accarezzò la guancia dell'uomo. «Qualcuno quest'oggi ha perso una scommessa, se non vado errata!»
«E la posta in gioco era sempre la stessa.» proseguì lui passandole le dita tra i capelli.
«Allora questo qualcuno...» sospirò chiudendo gli occhi «mi deve un bacio...»
Edwald la strinse tra le braccia e la baciò come non aveva mai fatto prima con nessun altra donna. I due erano amanti già da un po' di tempo, ma a causa delle posizioni che ricoprivano, avevano preferito mantenere segreta la loro relazione.
Toc Toc! «Signora, ci è permesso entrare?» Le servitrici erano arrivate giusto in tempo per rovinare tutto.
La donna fece un profondo respiro. «Proprio ora!?» bisbigliò nell'orecchio del compagno. Fece qualche passo indietro e il tono diventò più autoritario: «Avanti, avanti!»
Le due scivolarono dentro la camera e attesero ferme dinnanzi al separé dove la Governatrice era solita svestirsi.
La ricca dama riprese a parlare rivolgendosi questa volta al Giocatore di carte: «Riguardo al discorso di prima... non sono molto d'accordo. Dovremmo discuterne più approfonditamente!» Il tono era duro, ma il suo sguardo straripava di complicità. «Ora puoi andare!» Si voltò senza più considerarlo.
«Sì, mia Signora!» Edwald si congedò come un ubbidiente domestico e tramite una porta comunicante entrò nella sua stanza. Amava la solitudine, per lui il castello era spesso troppo affollato, specie in quei giorni di festa. Tutto quel trambusto lo innervosiva, ma non poteva permettersi di mancare di professionalità: la sicurezza della Governatrice era la sua primaria ragione di vita. Se le fosse mai successo qualcosa non sarebbe riuscito a perdonarselo. Non l'avrebbe mai lasciata sola, i suoi occhi vegliavano su di lei notte e giorno, scacciando ogni pericolo. La fortezza era diventata la sua casa, andarsene significava perderla forse per sempre, il mondo doveva passare di lì se voleva vedere Abo Edwald.
Si sfilò la fascia che negava ai capelli di cader sul viso e la gettò sul letto davanti a se. Qualche granello di polvere aveva irritato gli affusolati occhi color nocciola. Gli bruciavano leggermente. Li sfregò un pochettino per darsi sollievo e si stropicciò il mento dalla barba incolta. Era affascinante. Un bell'uomo con trentatre anni ancora da compiere, coraggioso e corteggiato alla nausea.
Uscì sul balcone attratto dalla brillante luce della luna e inspirò profondamente per far il pieno di quell'aria fresca e carica del profumo dei gelsomini. Ad un tratto un rumore ruppe il silenzio di quella nottata: stavano aprendo il robusto portone d'ingresso. Una carrozza tagliò in due il cortile e andò a fermarsi davanti alla scale che conducevano al salone interno. Edwald osservava la scena, già sapendo chi da lì a qualche istante sarebbe sbucato fuori dal veicolo.
L'Informatore ufficiale per conto della Governatrice camminò tutto spedito fino alla porta dalle vetrate rossastre e sparì in un batter di ciglio. Era appena rientrato da uno dei suoi innumerevoli viaggi, portando con se notizie da ogni angolo del mondo conosciuto. Di solito trascorreva molto più tempo lontano dal castello, ma questa volta la sua assenza era durata appena quattro giorni. Incuriosito, Edwald rimandò l'appuntamento con il letto e scese al piano inferiore deciso ad incontrarlo prima che si rintanasse in una delle sue stanze. Imboccò il corridoio in direzione della grande sala e al fondo, immerso nella penombra, vi scorse la figura dell'uomo che stava cercando.
«Signor Froberàn, già di rientro?»
«Oh, buona sera signor Edwald. Non riposa ancora?» ignorò la domanda appena postagli.
«No, preferivo assicurarmi che fosse tutto a posto prima di andare a dormire. Non ci aspettavamo un suo rientro!»
«La visita a Gaelle è stata inconcludente! Tutto è tranquillo...» l'informatore fece una smorfia di disappunto che si trasformò in un sorriso forzato «per fortuna!»
«Quindi niente di nuovo?» provocò Edwald.
«No... No, niente di nuovo!»
«Mi chiedo se i suoi viaggi siano ancora così utili di questi tempi!»
Froberàn aggrottò le sopracciglia e rispose seccamente: «La Governatrice deve essere informata, le minacce sono ovunque, mio caro Consigliere. Non può proteggerla da solo!»
Il Giocatore di carte si morse la lingua e fece cadere il diverbio. «Bè, certo! Ma cerchi di fare il suo lavoro al meglio, siamo intesi!?»
«Solo il meglio per Varineo... solo il meglio.» rise leggero. «Ora sarebbe il caso che vada a riposare. Domani mi spettano compiti in cui la concentrazione è fondamentale. Buona notte!»
«Buona notte...» salutò. «Buona notte, buona notte.» ripeteva a bassa voce vedendolo allontanare.
Abo lo considerava un arrivista senza mezze misure, non si sarebbe stupito se un giorno lo avessero scoperto a mercanteggiare con qualche altro personaggio di potere. Fin ora non era riuscito a racimolare prove che lo inchiodassero, ma in passato ebbe spesso il sentore che stesse perseguendo altri interessi oltre a quelli della Governatrice.


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