Capitolo 13

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Dopo una notte decisamente più tranquilla della precedente, arrivarono ancora di mattina ai piedi della grande montagna.
 Sivert gettò lo sguardo verso l'alto in cerca di un edificio o qualcosa di simile. «Avete idea di dove possa trovarsi quel monaco eremita?»
Barry si fece trovar pronto come al solito ed estrasse dalla sacca una cartina raffigurante i sentieri transitabili per oltrepassare il massiccio. «Secondo le informazioni che ho raccolto, dobbiamo seguire questo passo fino a qui.» gli si strinsero intorno.
«E questa dove l'hai presa?» domandò Edwald, stupito del fatto che qualcuno si fosse preso la briga di riportare su carta i passaggi sul monte.
«Un amico...» sorvolò «Poi dobbiamo deviare il nostro percorso e salire ancora più in alto per cento o duecento metri.»
«Una passeggiata direi!» ironizzò Achal.
«Il cavallo si ferma qui, non ci può seguire fin lassù, troverà la strada di casa. Prendete solo ciò che vi occorre!» ordinò Abo.
Il primo tratto parve non impensierirli più di tanto, ma proseguendo per i ripidi sentieri, il percorso si fece malagevole. Il freddo aumentò di pari passo con l'altezza. Il respiro si fece faticoso, ad intervalli più ravvicinati e le gambe diventarono sempre più pesanti. Achal era già sfinito dopo un paio d'ore di cammino. Le sue palpebre concedevano solo una piccola fessura alle pupille, infastidite dal riflesso del sole sulla neve.
Passò il pomeriggio, quando ad un tratto una piccola colonna di fumo sembrò sbucare dal nulla tra quel bianco indefinito. Camminarono in direzione del fabbricato, che andava a poco a poco delineandosi, scorgendone la particolare struttura: era interamente costruito in tronchi d'albero, dai muri al tetto, dalle porte alle finestre. La forma circolare sembrava ricordare quella di una grossa cappella.
«Mi chiedo come riesca a vivere qui?» riflesse ad alta voce Barry.
«Non è poi così difficile!» L'eremita sbucò da dietro la casa, avvolto in un pesante mantello che gli lasciava libere solo le mani. «Vi tengo d'occhio da quando siete arrivati alle pendici del monte. Sinceramente non mi aspettavo vi spingeste fin quassù. Cosa vi porta da me?»
Il gruppo era giunto in uno spiazzo privo di neve sito a fronte dell'abitazione. La vista toglieva il fiato: le nuvole tagliavano in due i picchi limitrofi che parevano appoggiarsi su quello strato nebbioso esteso tutto intorno. In un punto, la coltre era più sottile, quasi inesistente, tanto da far trasparire in lontananza i vividi colori della valle. Tutto sembrava immobile e quieto. Se si restava in silenzio, si poteva addirittura udire il battito del proprio cuore.
Edwald si portò dinanzi a quell'uomo dalle sopracciglia folte e grigie che sbucavano come due cespugli in una landa desolata. Non lo aveva mai visto prima. «Stiamo cercando un certo Yona Hahn, avremmo urgente bisogno di parlargli.» Sapeva benissimo di averlo già trovato, ma si mantenne educato e diplomatico. Il monte Tuyo non ospitava di sicuro altri eremiti.
«Se posso, chi avrebbe il desiderio di incontrarlo?»
«Sono Abo Edwald della città di Varineo e loro sono i miei fedeli collaboratori! Strani accadimenti ci portano fino a qui!» Cercò di incuriosire l'individuo davanti a se, intuendo la scarsa frequenza con cui riceveva visite e notizie.  
«Varineo? Splendida cittadina. Se avete fatto un viaggio così lungo, avrete avuto di sicuro valide motivazioni. Prego,» disse l'eremita facendo segno verso la porta «per di qua!»
Kir diede un colpetto con il gomito all'armaiolo. «Fedeli collaboratori!?»
Entrarono senza farsi pregare troppo e, con loro grande meraviglia, ne scoprirono un ambiente degno della biblioteca di una città-stato: i libri erano ovunque, ordinati su raffinati scaffali di legno scurissimo che si innalzavano da terra fino al soffitto, accessibili tramite un paio di robuste scale a pioli. In quell'enorme stanza, il resto passava tutto in secondo piano: al centro vi era sistemato uno scrittoio, affiancato da un leggio che sorreggeva un volume spesso cinque dita e da un letto abbondante di pesanti coperte. Poi solo più il camino per il freddo perenne, un armadio e qualche poltrona. Di altro non aveva di bisogno, la sua vita era tra la natura e le opere e tra le opere e la natura.
«Sedete, gradite del tè?» Il padrone di casa si levò il mantello ghiacciato. Al di sotto vi comparve un abbigliamento poco usuale per un monaco: indossava pantaloni e una camicia larga sui polsi. Persino il viso sembrava diverso con quegli abiti. Le sopracciglia risultavano meno selvagge e gli occhi castani presero lucentezza. I capelli ingrigiti parevano ora elegantemente brizzolati.
Achal non poté far a meno di notare quel particolare e interpellò l'uomo: «Ma lei è un monaco... monaco? Insomma, fa il monaco!?»
L'armaiolo intervenne in suo aiuto, cercando di rimediare a quella domanda poco chiara e inopportuna: «Il ragazzo intendeva chiedere... a quale ordine appartenete?»
Achal ricevette uno scappellotto.
«Ordine? No, nessun ordine! L'etichetta di monaco mi è stata affibbiata a causa della mia decisione di vivere una vita semplice lontano da tutti e di disinteressarmi del mondo circostante. Quello che devo sapere è tutto qui, nei miei libri: ne possiedo talmente tanti che non riuscirei a leggerli neanche in tre esistenze!» fece una breve risata «Tè?»
Sedettero intorno allo scrittoio davanti ad una tazza fumante. Scaldò e rincuorò tutti quanti.
«Allora, cosa vi porta qui?» chiese l'eremita. I cinque si guardarono l'un con l'altro per stabilire chi avrebbe dovuto argomentare in merito.
Kir anticipò Edwald per un soffio: «Abbiamo necessità che lei ci aiuti a risolvere un grosso dilemma. Ma i suoi libri non credo possano servirle in questo caso.»
«Impossibile!» lo fermò subito «Ho raccolto il sapere del mondo in questa archivio, ciò che non è qui, è perché non esiste.»
«Edwald, per piacere...» fece segno di porgergli il medaglione.
Esitò un secondo, poi lo consegnò.
Il mezzofalco e gli altri si aspettavano di assistere a qualcosa di molto simile alla perdita di coscienza di Abo, ma l'eremita fu solamente estasiato per quell'oggetto. «Questo non...» balbettò «Sono solo tutte storie! O per lo meno credevo questo! Dove lo avete preso?»
«Questo non le deve interessare!» rispose bruscamente Kir.
«Allora perché siete venuti da me!? Io non ne so niente!»
Edwald scattò in piedi. Quella storia stava iniziando ad innervosirlo. «Il medaglione mi ha letteralmente estrapolato dei ricordi rimossi, tra cui il suo nome e quella stramaledetta frase sul coniglio che... dannazione...  mi fa ancora cantilena nel cervello!»
«Ma, ma... cosa dite... Il mio nome?» alzò il tono della voce «Non penso di averla mai vista in vita mia, signor Edwald. Mi dispiace, ma non so come esserle utile!» L'uomo pareva disorientato.
«Stiamo calmi, per favore!» ammonì Barry. «Cerchiamo di essere tutti più calmi.»
Tutti tornarono a sedersi. Il silenzio calò per qualche istante nella camera, poi l'eremita ricominciò a parlare: «Vi aspettavate quindi che il medaglione facesse lo stesso effetto su di me?»
«Pensavo di sì!» rispose affranto il mezzofalco.
«Avete accennato ad una frase: ho un tomo che raccoglie due migliaia di citazioni con annessi chiarimenti, magari può tornarvi utile.» Yona si alzò dal suo posto ed estrasse, da uno degli scaffali, un volume impolverato dalla rilegatura scamosciata. Lo sostituì a quello sul leggio, proprio di fronte al Giocatore di carte e cominciò a sfogliarlo. «Signor Edwald dica pure.»
«È così stupida che...» spinse in fondo alla gola la sensazione di nervoso. «"Il coniglio può scappare, tu qualcosa devi fare!" Così faceva!»
«Scusì?» alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi. «Può ripetere?»
«"Il coniglio può scappare, tu qualcosa devi fare!"»
«Non so...»
Il monaco svenne e l'oscurità lo avvolse. Poi una miscela amorfa di luci e colori gli passò per la mente, accompagnata da suoni acuti e innaturali. Si sentì senza un corpo, libero dalla materialità umana. Vagò tra le profondità del mondo e le nuvole più soffici. Una voce in lontananza cominciò a dettare un nome, fino rimbombargli nella testa. In seguito mutò e ci fu una frase. Un bagliore all'infinito si avvicinò sempre di più, forte e insopportabile. Aprì gli occhi e si accorse di essere sdraiato sul suo letto.
«Si è svegliato!»esclamò Achal.
Gli altri accorsero.
«Come si sente?» chiese Sivert.
«Cosa ci faccio qui?» Il monaco era in stato confusionale. Stentava a riconoscere i volti di quei personaggi appena conosciuti e a malapena si faceva capire.
«È svenuto. Per fortuna Sivert l'ha presa al volo, altrimenti un bel bernoccolo era garantito.» chiarì Mastro Barry.
«Ah... il libro, ecco cosa stavo facendo.» rimembrò mentre tentava di reggersi di nuovo sulle gambe. «Deve esser stata le pressione, ogni tanto mi fa di questi scherzi.» Si fermò cercando l'equilibrio. «No, aspettate, non capisco. Mi è parso di sognare.»
Kir drizzò le orecchie destato dall'argomento. «Che cosa ha sognato?»
«Mi è sembrato di essere ovunque nello stesso istante e poi... c'era una voce che ripeteva la stessa frase. Sempre!»
Sivert guardò Edwald cercando complicità: una storia simile l'aveva sentita non da molto.
«Continuava a dire: "Non aprire il recinto. Rischioso può diventare." Che stranezza.»
«Yona deve aver ricordato come Abo!» cercò di spiegare Barry «Sì, dev'essere così! Abbiamo una frase apparentemente senza senso e...» si fermò «Un nome?»
«Oh, giusto, giusto! La voce ripeteva: "Mastro Leonard Barry".
L'armaiolo si sentì gelare e folgorato allo stesso tempo. Cosa? Ci deve essere un errore! pensò Come è possibile... il mio nome? Io? «Scu... scusi... può ripetere?«
«Mastro Leonard Barry, ne sono certo. Conoscete quest'uomo?»
Il bottegaio non rispose, era troppo turbato. Anche il resto del gruppo era sconvolto. Come poteva centrare Mastro Barry?
«Barry!?» domandò meravigliato Edwald.
Un ennesimo colpo di scena aveva destabilizzato le già poche certezze di quel viaggio.
«Il signor Leonard Barry ce l'ha proprio davanti a lei!» spiegò Achal.
Non ci fu un rumore, ne un fiato per circa un minuto, poi Kir si rivolse all'armaiolo: «Scommetto che lei non sapeva niente di tutto ciò, vero?»
«No, assolutamente. Prima di venire qui non avevo mai visto il signor Hahn. Non capisco...»
L'armaiolo non pareva affatto contento di essere coinvolto così direttamente in quella vicenda. Pensava tra sé e sé, cercando possibili soluzioni all'enigmatica situazione che si era creata.
«Ho un idea!» Sivert sistemò un paio di sedute intorno allo scrittoio, lasciando per il momento tutti in attesa. «Se il mio ragionamento è esatto, avremo delle risposte. Mastro Barry, Yona... accomodatevi per favore.»
I due si sedettero uno davanti all'altro.
«Che vuoi fare?» chiese timoroso l'armaiolo.
«Stia tranquillo.» disse appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ora vorrei che vi guardaste uno negli occhi dell'altro, senza distogliere lo sguardo. Intanto signor Hahn, cominci ad enunciare la frase che ci ha riportato poco fa.»
Yona appariva dubbioso, ma decise di star al gioco. Non perse di vista le pupille del bottegaio nemmeno per un istante e cominciò ad esporre: «Non aprire il recinto. Rischioso può diventare.»
Le supposizioni di Sivert risultarono fondate: Mastro Barry piombò in un trance simile a quello di Abo e Yona.
Una volta rinvenuto, descrisse pressoché le stesse cose degli altri due. «Queste circostanze mi mettono alquanto in subbuglio! Mi chiedo quante altre cose di me non conosca!» fece una pausa riflessiva «Non ricordo ne volti ne altro, solo un apparentemente insensata cantilena che faceva così: "Resta attento non dormire, se la tua vita vuoi finire." e poi solo più un nome: "Helen Demetrick, la bella sfiorita."»  
«Come pensavo!» intervenne Sivert «Le frasi sono meccanismi di sblocco. Servono per accedere a parti di memoria in un qual modo sigillate! Non chiedetemi come sia possibile una cosa del genere, ma a questo punto pensò che sia l'unica spiegazione plausibile.»
L'eremita si alzò dalla poltrona e andò in direzione di una delle due scale a pioli, la spostò dove gli tornò utile e salì in cerca di libro.
«Cosa sta cercando signor Hahn?» domandò Edwald.
«Questa storia dei blocchi e sblocchi mentali non mi è nuova! Devo solo trovare il volume giusto...» scrutò attentamente, continuando a dialogare «Ah, eccolo!»
Scese con attenzione per non inciampare e mollò il manoscritto sullo scrittoio sollevando una nuvola di polvere accumulata negli anni. «Mi pare di ricordare che si trattasse...» sfogliava le pagine con molta cura «"Mente e ricordi." Ecco qui!»
Prese a leggere uno stralcio del volume, mentre gli altri rimasero ad ascoltare senza fiatare, come durante la lezione di un maestro:

È possibile racchiudere i ricordi in compartizioni di memoria, lasciandone però la possibilità di recuperarli. Per far ciò, si possono utilizzare frasi, oggetti e anche persone che si presentino in circostanze di indiscussa particolarità. In certi casi, questi tre inneschi possono essere utilizzati simultaneamente, cosa però molto complicata da ottenere, se non da Distinti di straordinaria potenza.

«Penso che quest'ultimo sia il nostro caso!» commentò Yona.
«Sì, lo penso anch'io.» affermò Barry «Ma non del tutto! Pensateci: noi siamo uno l'innesco dell'altro, una catena. È qualcosa di ancora più complesso. Non dice altro in merito?»
«No, non mi pare.» scorse il dito tra le righe «Ah... aspetti, qui sotto:
 
Se il meccanismo di innesco consiste in una persona, l'informazione stessa può quindi andar perduta con il decesso dell'individuo, causandone l'impossibilità del recupero.

«Scusate, ma io non ci ho capito niente.» ammise Achal.
«Se Abo fosse morto prima di riferire la sua frase a Yona, Yona non avrebbe avuto la possibilità di ricordare la sua.» diede un'interpretazione Mastro Barry. «È corretto?»
«Da quel che c'è scritto, sembra di sì.» confermò l'eremita.
«Scusate la mia ignoranza,» si intromise Sivert «ma secondo voi, perché qualcuno ha avuto la necessità di racchiudere un ricordo in un compartimento di memoria?»
«Da quel che si intuisce da queste pagine, garantirti una chiave d'accesso ad un ricordo, permette di cancellare l'evento stesso dalla memoria di una persona fino al momento dello sblocco.» delucidò Yona. «Praticamente è come se l'evento stesso non fosse mai avvenuto.»
«Ma per noi è diverso. Perché creare un legame uno con l'altro? Io sono già il terzo! Quanti ce ne saranno ancora?»
 Kir era stato ad ascoltare, cercando di combinare le nozioni appena ricevute con quelle legate alla Confidenza, delle quali solo lui era a conoscenza. «Di sicuro, uno! Non ci resta che andare a verificare. Prima però, avrei alcune cose da dirvi. Cose, sui cui ho mantenuto la massima segretezza fino ad oggi.»
Edwald sbuffò. «Ci mancava anche questa!»
Tutti lo guardarono in cagnesco.
Disarmato, si sedette su una delle poltrone. «Va bene, va bene... non vi arrabbiate!»

















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