2. Drew Anderson

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«Sai una cosa, Elizabeth?» mi chiede, e le sue mani vagano sul mio corpo arrossato, ferito, straziato da lui e da ciò che mi ha fatto e continuerà a farmi.
Chiudo gli occhi sperando che tutto finisca, che scompaia, che mi svegli e mi accorga che è stato solo un incubo.
«Ascoltami, Elizabeth!» urla infuriato, e mi strattona i capelli talmente forte da staccarne una piccola ciocca.
«Cosa?» domando con voce tremante, mentre la sua immagine traballa di fronte ai miei occhi traboccanti di lacrime.
«Tu non sei niente. Non ti meriti niente» Il suo alito puzza di alcol. Riesco a sentirlo tanto il suo viso è vicino al mio. «Vali meno di zero. Davvero credi che prima o poi qualcuno ti amerà? Credi davvero che vivrai una favola? Smettila di credere alle stronzate. Ci sono milioni di ragazze stupende, belle, perfette. Tu cosa sei rispetto a loro? Nulla.
Tanto il mondo è questo, e tu sei destinata ad essere solo un piccolo puntino insignificante. Non ti meriti un bel niente» dice tranquillo, come se mi stesse raccontando la sua giornata. Piango. Piango perché ho solo quattordici anni. Piango perché il dolore è forte, e non solo fisicamente. Piango perché le sue parole mi hanno ferita davvero. Piango perché non mi sento bella. Piango perché non avrò mai una favola, e quello che mi sta facendo lo rende solo più evidente. Piango perché è mio fratello, e dovrebbe volermi bene.
Piango perché mi faccio schifo, perché mi sono ridotta così, perché non è questo ciò che mi merito, ma in fondo sta succedendo e, in fondo, non posso farci niente. Forse, invece, è proprio ciò che mi merito...

Mi sveglio di soprassalto, con il cuore che mi batte a mille. Sento il citofono suonare insistentemente. Lancio un'occhiata alla sveglia e sgrano gli occhi. Le due e tre quarti di notte. Era così tanto che non avevo un incubo...
Mi alzo di fretta e corro a rispondere, mentre un istinto irrazionale mi dice di non farlo, perché è mio fratello che mi ha trovata...
Scaccio l'incubo appena vissuto scuotendo forte la testa e rispondo. «Sì?»
«Scusami per l'orario, ma la tua macchina blocca la mia, e dovrei uscire.»
Sbatto più volte le palpebre. Non ci posso credere. È la voce del ragazzo su cui sono andata a sbattere il pomeriggio! Apro e chiudo la bocca più volte.
«C'è qualcuno?» chiede irritato.
«Oh io... Arrivo» mormoro ed afferro rapida il giubbotto, tuffandomi per le scale.
Esco fuori, imbarazzata per l'ennesima pessima figura, ma anche se cerco di mentire a me stessa, sotto sotto mi va di rivederlo, almeno per ringrazialo per avermi ripresa il pomeriggio e per scusarmi per come mi sono comportata, così non avrò più questo peso sulla coscienza e potrò continuare la mia invisibile nuova vita.
Vado verso la mia macchina e mi accorgo che è parcheggiata in tal modo che lui non possa uscire. La ero andata a ritirare il pomeriggio dopo aver fatto la spesa, una nuovissima quattro posti grigio perla.
«Lo so che sono incredibilmente fantastico» mormora occhi verdi comparendo affianco alla sua macchina e facendomi prendere un colpo. «E che vorresti trattenermi, ma dovrei tornare a casa.»
È incredibilmente bello con quel sorrisetto sghembo sulla faccia ed il giubbotto di pelle che gli fascia le spalle larghe.
Abbasso lo sguardo imbarazzata e mi sento incredibilmente stupida per i miei ormoni da tredicenne che mi suggeriscono di saltargli addosso.
Mista all'imbarazzo si fa largo la sorpresa. Avevo avuto qualche ragazzo, nonostante ciò che mi era successo, ma non pensavo che qualcuno potesse intrigarmi e interessarmi così tanto.
Il fatto che mio fratello abusasse di me, fisicamente e psicologicamente, non mi aveva mai indotta ad "avere paura" degli altri ragazzi, anche se quando mi prendevano alla sprovvista - come occhi verdi quel pomeriggio - il panico mi attanagliava le viscere, ero rimasta pressappoco "normale".
Sicuramente tutti gli anni passati tra una seduta dallo psicologo qui ed una seduta dallo psicologo là avevano aiutato.
«Ma...» I suoi occhi sembrano illuminarsi al buio. «Tu sei Uragano Dorato!»
Alzo un sopracciglio confusa. «Cosa?»
Poi realizzo e avvampo. «Oh...»
«Sai, capelli biondi, velocità della luce, distruzione, estinzione della razza umana...» dice gesticolando.
«Ehi!» dico seccata.
«Sto scherzando, formaggino» dice zuccheroso venendomi accanto e passandomi un braccio attorno alle spalle. Mi divincolo ad un tratto in preda all'ansia. Forse l'ho giudicato male, e per l'ennesima volta sono stata imprudente. Mi sono fatta di nuovo ingannare da un bel visino...
«Va tutto bene?» chiede, il volto una maschera di preoccupazione.
«Sì» deglutisco allontanandomi un altro po' da lui. «Sposto l'auto.»
Mi affretto a salire in macchina e a fare retromarcia per lasciarlo uscire.
Attendo per qualche secondo seduta a fissare il volante mentre l'incubo di qualche minuto prima si fa di nuovo strada nella mia testa.
Sento qualcuno toccarmi una spalla. Mi faccio piccola contro lo sportello, il più possibile lontano dalle sue dita.
«Sei sicura di stare bene?» chiede pensieroso, fissandomi come se stesse cercando di capire come funziono.
Non l'ho ancora capito nemmeno io, occhi smeraldo.
«Certo» dico sforzandomi di sorridere.
«Beh» dice più sereno. «È evidente che stai mentendo, ma rispetto la tua decisione. Grazie per aver spostato la macchina, e scusa l'orario» dice scendendo.
«Aspetta» articolano le mie labbra prima che possa fermarle.
«Cosa, formaggino?» chiede con un sorrisone affacciandosi dentro l'auto.
Faccio una smorfia. «Non chiamarmi formaggino».
«Okay, quindi come posso chiamarti?» chiede con un irritante sorriso da "voglio infilarmi nelle tue mutande".
«Liz» dico sorridendo.
«Liz» sorride a sua volta. «Mi piace».
«E tu?» chiedo, e mi rendo conto che mi interessa davvero.
«Drew. Drew Anderson» mi sorride, un sorriso genuino che mi fa schizzare il cuore a mille.
«Cosa ci facevi qui?» chiedo confusa, perché effettivamente è strano se non ci abita, ma poi mi rendo conto che potrebbe essere venuto a trovare la sua ragazza... Molto probabile che la abbia, bello com'è...
Mi viene voglia di prendere a testate il volante per aver aggiunto un'altra pessima figura a quelle già collezionate.
«Hai paura che sia qui per la mia ragazza, formaggino?» chiede facendo un sorriso che mi fa venir voglia di prenderlo a calci. L'irritazione dovuta all'imbarazzo mi sale alle stelle.
«Non me ne importa un accidente» dico secca e parcheggio la macchina lì accanto. Prendo un profondo respiro e scendo.
Drew mi guarda con le sopracciglia alzate. «Però, che caratterino!» esclama divertito.
Lo guardo truce e giro sui tacchi, dirigendomi verso l'entrata del palazzo. Mio Dio, che stupida che sono! È solo un idiota come la maggior parte dei ragazzi!
«Dai Liz, aspetta» dice venendomi dietro. La porta si sta per chiudere dietro di me, ma lui la blocca con una mano. «Mi dispiace, ma sei così facilmente irritabile che... Scusa» dice scuotendo la testa.
Resto a fissarlo sorpresa. «Beh, scusa tu, per oggi pomeriggio.»
Un sorriso gli si dipinge sulle labbra. «Non è stato affatto un dispiacere.»
Alzo gli occhi al cielo ed entro nel palazzo. «Buonanotte, Drew.»
Mi saluta con la mano prima che la porta si chiuda. «Buonanotte Lizzie» mimano le sue labbra dietro il vetro.
Salgo di fretta le scale e mi chiudo nel mio appartamento. È passato un quarto d'ora. A me sembrano tre ore.
Mi appoggio contro la porta e sospiro.
Drew Anderson non è affatto male.

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