10. Tensione

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«Mi dispiace Liz, dimentica ciò che hai visto» mormora Annabelle rialzandosi.
«Dimenticare? Annabelle, stava per-»
«Stanne fuori Liz! Gale non è violento, né nulla del genere!» si vede chiaramente che non ci crede nemmeno lei.
Questa cosa è così terribilmente familiare: prima fase, la negazione.
«Oh andiamo, se non ci fossi stata io-»
«Sto insieme a Gale da un anno ormai, lo conosco, non mi avrebbe fatto niente» sta iniziando a perdere la pazienza.
«Ma ti senti?!» scatto in piedi incredula.
«Sì, e ti ho detto di non preoccuparti!» so che sarebbe meglio smetterla, perché sto decisamente forzando i limiti di Annabelle, ma non posso lasciar correre.
«Non lo accetto. Poteva farti del male.»
«Gale non mi farebbe mai del male! Senti, Liz, stanne semplicemente fuori!» urla e se ne va al piano di sopra.
Davvero non riesco a crederci. Ma in fondo la capisco: la paura di parlare, di aprirsi con gli altri... Ora che ci penso è molto egoista incolparla di stare zitta da parte mia, in cinque anni io non ho mai detto a nessuno quello che era successo.
Mi lascio scivolare di nuovo lungo il muro, finché non tocco terra. È un disastro troppo grande, e forse farei meglio a farmi gli affari miei.
Ora, comunque, conosco un po' di più Annabelle.
Non so più quanto tempo è che sono seduta sul pavimento a fissare le mie Converse, ma alla fine decido di alzarmi e torno in cucina. Mi distraggo mettendo in ordine la spesa e pulendo la cucina. Rifletto, rifletto e rifletto e giungo alla conclusione che Annabelle ha tutto sotto controllo, non mi sembra una che si lascia mettere i piedi in testa dagli altri... Lo dicevano anche di te, mi sussurra il mio subconscio, ma lo metto a tacere. Non ho visto nessun livido addosso ad Annabelle, e lei porta sempre vestiti; faccio meglio a non impicciarmi nei suoi affari, più provo a farlo più lei mi respinge. Alla fine, che ti importa? Decido di ascoltare il mio cervello, ma il mio subconscio persiste: lo sai quanto dolore, quante cicatrici, quanti problemi porta stare in silenzio. Sì, ma Annabelle mi ha detto chiaramente di non preoccuparmi, che ha tutto sotto controllo... D'altronde, che potrei fare? Non ho prove, niente di niente, nemmeno lo conosco, e sto decisamente viaggiando troppo con la mente.
«Te la ricordi la regola numero due, Liz?» sobbalzo al suono della voce di Annabelle e mi giro a guardarla. È seduta su una sedia in cucina, le gambe perfettamente accavallate ed il suo autocontrollo perfettamente saldo, come una maschera a coprirle il volto.
«Sì, ma con questo che vuoi dire? Non ho fatto alcuna domanda sul tuo passato» mi giustifico all'istante. Non capisco dove voglia andare a parare.
«Voglio fare una piccola modifica: fatti i cavoli tuoi» ha seriamente la lingua tagliente come un coltello. Mi guarda gelida, e i suoi occhi mi mettono veramente a disagio, sono per filo e per segno quelli di mio fratello: freddi, calcolatori, inespressivi...
«Annabelle» mi massaggio le tempie e mi siedo di fronte a lei, non ho la forza per iniziare una discussione. «Io non voglio farmi gli affari tuoi, non me ne può fregare di meno di ciò che fai, è la tua vita e la avrai sotto controllo... Ho accettato questa scommessa perché voglio quei soldi, okay? Io mi faccio gli affari miei e tu ti fai gli affari tuoi, ma mi pare che questo discorso lo abbiamo già fatto, no?» la mia voce è calma, salda. Annabelle sembra sorpresa, ti sta bene!
Mi fissa senza fare nulla e poi prende la borsa ed esce. Sospiro e guardo il sole scivolare fra le nuvole ed avvicinarsi sempre di più ai grattacieli dall'altro lato della strada. Mi sento così... triste. La malinconia mi sta avvolgendo e stritolando le ossa. Il mio cellulare squilla e mi allungo per rispondere.
«Pronto?» ho la voce entusiasta come quella di uno studente il lunedì mattina sul pullman per andare a scuola.
«Caspita Liz, ti lascio sola un paio d'ore e mi diventi depressa?» Jace è affannato, ma la solita nota scherzosa nella voce non gli manca mai.
Mugugno un «sto bene» ma non è vero, più che altro sono sfinita, questa giornata è stata la più stressante della mia vita.
«Vuoi che passi da te?» chiede questa volta preoccupato.
«Sì ti prego» dico sconfortata.
«Arrivo» attacca. Poso il cellulare sul tavolo e mi guardo le unghie. Alla fine decido di darmi una sistemata e vado in camera, afferro un paio di jeans decente ed una felpa e mi trucco. Proprio mentre sto posando il mascara sul comodino, qualcuno attira la mia attenzione in giardino. Sono Annabelle e Drew che stanno parlando, lui sembra abbastanza arrabbiato, e lei non è da meno. Mi sento terribilmente in colpa per quello che sto facendo, ma non riesco a trattenermi. Apro leggermente la finestra ed ascolto la loro conversazione, anche se non riesco a vederli.
«Questa storia deve finire, Annabelle» Drew.
«E cosa dovrei fare?» Annabelle.
«Devi smettere di vederlo, forse?» Drew.
«Ho apprezzato quello che hai fatto finora, Drew, ma io faccio quello che mi pare» Annabelle.
«Perché non dai mai retta a nessuno?» Drew.
«Senti, fatti gli-»
«Non dirmi di farmi gli affari miei» ringhia Drew.
All'improvviso non sento più nulla, presa dalla curiosità apro di più la finestra e vedo che li ha interrotti Jace. Non capisco cosa sta succedendo, ma Drew e Jace iniziano ad insultarsi, mentre Annabelle tenta di separarli. Non mi concedo altro tempo per capire che succede e scendo al piano inferiore, correndo in giardino.
Jace alza un braccio e fa per dare un pugno a Drew ma gli afferro il gomito e lo tiro indietro.
«Che cavolo succede?!» scatto. Le vene sul collo di Jace pulsano rapidamente e sta fissando Drew come se volesse incenerirlo.
«Chiedilo a Jace» Drew è veramente incazzato, tanto da farmi quasi paura. Sembra accorgersene, poiché prende un respiro profondo e mi guarda come a chiedermi scusa.
Jace si passa entrambe le mani sul volto e poi mi guarda negli occhi. Non riesco a decifrare cosa mi sta dicendo con lo sguardo.
«Ne parliamo dopo» taglia corto.
Sbuffo e me ne torno in casa. Non ho voglia di parlare proprio con nessuno.
«Liz!» Jace mi afferra per un braccio prima che possa salire le scale e chiudermi in camera. «Ma che ti prende?»
«Io... non lo so, sono solo sfinita» sospiro e lui mi lascia andare, guardandomi preoccupato.
«Cosa c'è che non va?» chiede. Non me la sento di rivelargli cosa è successo fra Annabelle e Gale, è... privato; né tantomeno quello che è successo fra me e Drew, si arrabbierebbe solo di più.
«Sono stanca, niente di che» minimizzo con un gesto della mano. Jace mi tira per un braccio e mi stringe a sé. «Sei pessima a mentire» mi sussurra ed io mi lascio confortare dalle sue braccia, cercando un po' di pace. Mette fine all'abbraccio e mi trascina sul divano.
«Sarò diretto, okay?» mi guarda negli occhi ed io annuisco.
«Io, Annabelle e Drew veniamo tutti e tre da Chicago. Abbiamo fatto insieme tutti gli anni di scuola, eravamo inseparabili. Poi a quattordici anni sono arrivate le prime cotte, io ero completamente perso per Annabelle, e Drew lo sapeva, ma sapeva anche che lei aveva un debole per lui, così ha sfruttato quell'opportunità ed è riuscito a conquistarla. Sono stati insieme un paio di mesi poi è finita, ma continuavano a vedersi e più volte intorno ai diciassette anni sono andati a letto insieme. Avevamo deciso di venire tutti e tre a Louisville per... insomma, andarcene, e lo abbiamo fatto, ma la nostra amicizia si è incrinata fino a spezzarsi completamente, lui sapeva che mi piaceva Annabelle, ma non gliene è importato nulla» prende un profondo respiro. «Io... mi va il sangue al cervello quando li vedo insieme. Non ce la faccio a restare calmo, Liz, specialmente quando lui fa finta che gliene importi qualcosa di lei.»
Lo guardo soppesando le parole da dire. «Magari gli importa davvero, Jace.»
«Certo» risponde acido. «Gli importa di portarsela a letto, oltretutto tradendo il suo fidanzato.»
Al sentir nominare Gale mi viene da vomitare, ma cerco di non darlo troppo a vedere.
«Tutto questo... non lo so» si passa le mani sul viso e si abbandona contro lo schienale del divano.
«Perché è così difficile da capire che ti piace Annabelle?» chiedo aggrottando la fronte.
«Non... non lo so, Liz» sbuffa e si passa una mano fra i capelli. Mi guarda negli occhi e sospira, poi fa un mezzo sorriso. «Com'è stata questa giornata da uno a dieci?»
«Meno uno» rispondo mogia.
Lui ride e si alza, afferrando le mie mani e tirandomi su dal divano.
«Ti porto fuori, preparati.» Quando apro la bocca per declinare l'invito, lui mi precede. «Non accetto un no come risposta.» Sorride e mi lascia andare, spingendomi verso le scale. Non provo nemmeno a protestare, tanto con Jace non c'è nulla da fare. Salgo rapidamente le scale e mi cambio di nuovo, legandomi i capelli in una coda alta. Mi ripasso il trucco aggiungendo un po' di ombretto e di matita e mi guardo allo specchio, indecisa sull'abbigliamento.
«Jace!» Apre la porta e mi guarda, chiedendomi cosa c'è.
«Devo mettere un vestito o vado bene così?» chiedo girandomi di schiena e guardandomi allo specchio.
Lui sbuffa sonoramente e mi afferra per una mano. «Vai benissimo così.»
«Non correre!» borbotto mentre mi trascina per le scale. Arriviamo in salotto ridendo, ma i nostri sorrisi si spengono nel vedere Annabelle e Drew, lei seduta sul divano e lui appoggiato alla vetrina contenente delle statuette.
La tensione nella stanza scatta alle stelle. Drew mi fissa intensamente, i suoi occhi sono scuri, ma non riesco a cogliere cosa stia pensando. Annabelle invece fissa Jace, e lui sembra veramente a corto di parole. Tossisco e mi prendo l'arduo compito di spezzare la tensione. «Noi usciamo» guardo Annabelle per evitare l'imbarazzo di osservare Drew negli occhi; non so nemmeno perché lo sto facendo, ma qualcosa in lui mi mette tremendamente a disagio e mi sembra di star facendo qualcosa di infinitamente sbagliato.
«D'accordo» risponde lei, per fortuna senza complicare le cose.
«Venite anche voi?» Non so perché, come e da dove mi sia uscita la voce per dire questa cosa, ma ancor prima di terminare la frase vorrei prendere a testate il muro. Sento tutti gli occhi puntati su di me, Jace è sgomento, Drew sorpreso ed Annabelle atterrita, ma si affrettano tutti a calarsi nuovamente la maschera.
«Io non ho altri programmi» alza le spalle Drew e mi guarda, accennando un sorriso. Sento la mano di Jace chiudersi a pugno proprio accanto alla mia coscia, così mi affretto a sciogliergli le dita.
«Non ho nient'altro di meglio da fare» sbuffa Annabelle guardandosi le unghie e lanciando un'occhiata a Jace, poi torna a guardare me. «Datemi mezz'ora per sistemarmi e possiamo andare» sospira, come se si stesse pentendo sempre di più di aver accettato.
«Io vado a spostare la macchina, l'ho lasciata in mezzo alla strada. Poi vado a fare benzina qui vicino e torno» dice Jace fra i denti, fulminando Drew con lo sguardo, che ricambia con un sopracciglio alzato. Vorrei pregarlo di portarmi con sé, ma lui mi lancia un'occhiata come a dire: ti sei cacciata in questo casino ed ora ti tiri fuori. Sbuffo mentalmente e mi siedo sul divano, annuendo verso Jace. Lui lancia un'ultima occhiata di avvertimento a Drew ed esce. La tensione dovrebbe essere svanita, ma a me sembra solo triplicata.
«Liz» spezza il silenzio Drew, e non mi piace affatto il modo in cui il mio cuore batte al mio nome pronunciato dalle sue labbra. «Senti, ci conosciamo da nemmeno una settimana ed hai sempre e solo visto il mio lato peggiore. Non so cosa ti sia preso oggi pomeriggio, quando sei tornata, ma credo che in qualche modo ti abbia dato un motivo per attaccarmi, quindi mi dispiace. Ricominciamo?» È il discorso più lungo e sensato che ho visto uscire dalla bocca di Drew fino ad ora. Incapace di replicare, annuisco semplicemente.
«Beh, piacere di conoscerti, io sono Drew Anderson.» Stringo la mano che lui mi porge, ignorando la scossa elettrica che mi attraversa il braccio.
«Liz Jones» rispondo con un mezzo sorriso.
«Benvenuta a Louisville, Liz.»

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