Salgo in macchina con Annabelle al seguito. Ha passato davvero una brutta nottata, perché non mi ha ancora insultata né si è ancora lamentata di niente. Metto in moto ed imbocco la strada per il campus. Lei osserva fuori dal finestrino gli alberi scorrerle davanti. È rannicchiata sul sedile ed ha le braccia strette attorno alla vita. È innaturale per la sua personalità. All'iniziale impazienza ed euforia di svelare i misteri di Annabelle ben presto si aggiunge un'emozione che non credevo avrei mai provato per lei: preoccupazione.
«Seriamente Annabelle, stai bene?» chiedo senza staccare gli occhi dalla strada.
«Te l'ho detto, potrebbe andare meglio» risponde inflessibile. Mi sto preoccupando sempre di più.
«Puoi parlare con me.» Le esce una risata amara che mi fa accapponare la pelle.
«Mi prendi in giro?»
«Perché dovrei?» chiedo corrucciata.
«Perché ti ho detto la stessa identica cosa.» È un continuo tira e molla, in cui vince solo chi mantiene i nervi saldi, e in genere quella è sempre Annabelle. Stringo le mani attorno al volante.
«Se vuoi dirmelo va bene, altrimenti non importa.» Veramente ipocrita da parte mia.
«Sai qual è il tuo problema?» esordisce, gelida come sempre, dopo un minuto buono di silenzio inquietante. Non rispondo, perché sono stanca di persone che cercano di analizzare il mio cervello.
«Che vuoi sapere tutto delle persone che ti stanno accanto ma non vuoi dire nulla di te. Chi è Elizabeth Jones?»
«Non chiamarmi così!» urlo, sterzando per evitare un bambino che sta andando a scuola.
«Perché? Dimmelo!» Non mi accorgo nemmeno che sto premendo sempre di più sull'acceleratore.
«Non hai alcun diritto di saperlo!» continuo ad urlare, Annabelle continua a non guardarmi. È il mio segreto, è il mio dolore, è il mio segreto, è il mio dolore...
«C'è un patto non scritto quando si parla di segreti, se non vuoi rivelarmi i tuoi non chiedermi di confessarti i miei» conclude Annabelle strappandomi ai miei pensieri morbosi, l'atmosfera è diventata pesantissima, mi sembra di soffocare. Non ce la faccio più.
«Mi dispiace» mi sembra di strozzarmi con queste parole, è così difficile sentirle che attraversano le mie labbra fino all'orecchio di Annabelle. «Hai ragione.»
«Grazie» dice. Mi giro a guardarla, ha un sorriso vittorioso in volto ma nessun'aria di superiorità, non l'ho mai vista tanto a pezzi, o forse è sempre stata brava a nasconderlo. Torna il silenzio di prima, questa volta meno pesante, finché Annabelle dice una cosa che non mi sarei mai aspettata, o forse sì: «Ho beccato Gale con Sarah.» Freno bruscamente stupendo sia me stessa che la ragazza seduta di fianco a me. Ha gli occhi sgranati, e non si sforza nemmeno di fingere di essere sorpresa come fa sempre.
«Cosa?!» esclamo.
«Non stavano proprio facendo sesso, ma quasi. Lui le palpava il culo. Bello, no?»
«Che...» non ho davvero parole, sono sinceramente meravigliata, insomma Sarah è una delle migliori amiche di Annabelle, ed una migliore amica è una persona che dovrebbe starti accanto in ogni caso e sostenerti sempre, non provarci col tuo ragazzo, per non parlare di quell'idiota di Gale, dio, è un disastro immane. «Come hanno potuto fare una cosa del genere?» Il sorriso tranquillo non ha mai abbandonato le labbra di Annabelle, ma i suoi occhi sono delusi. Mi spezza il cuore vederla così, perché lei ha davvero carattere, e per averla ridotta così devono averla ferita davvero molto.
«Si vede che ho scelto le persone sbagliate di cui fidarmi.»
«Scegliere di chi fidarsi è sempre difficile» dico per nessuna precisa ragione, solo perché lo penso, perché è così.
«Già» concorda Annabelle riportando lo sguardo fuori dal finestrino. «Già.»***
«Devo riaccompagnarti a casa dopo?» chiedo ad Annabelle quando trovo finalmente parcheggio nel campus.
«No, viene Gale» risponde come se fosse la cosa più normale al mondo.
«Scusa, eh» resto interdetta. «Ma non se la stava facendo con la tua migliore amica?»
«Abbiamo litigato. Di brutto. Ma alla fine abbiamo chiarito e ci siamo dati un'altra possibilità.» Il suo sguardo è sicuro ma velato di tristezza infinita, non le chiedo niente perché si arrabbierebbe, ma vorrei tanto aiutarla, dirle di mandare a quel paese quell'idiota del suo fidanzato e di trovarsi delle amiche migliori, ma con quale criterio posso dirle una cosa del genere? E poi anche se avessi ragione molto probabilmente lei non mi ascolterebbe.
«Va bene» dico solo, e resto ad osservarla mentre si allontana.
«Aspetta, Annabelle!» Si gira confusa. «Non hai bisogno di persone che non ti meritano, ricordatelo.» Questo posso dirglielo con certezza, ci ho fatto la pelle ormai.
«Me ne ricorderò.» Il suo sguardo si ammorbidisce un po' e mi sorride. Ricambio.
Gale non se la merita affatto Annabelle, nonostante tutti i suoi difetti, e ne sono più che certa. Deve solo rendersene conto da sola.
Stringo la borsa coi libri contro il fianco ed osservo il campus. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia grande. Non sono mai stata da sola da quando sono arrivata a Louisville, questa è la prima volta, e ora che mi capacito della vastità di ciò che ho intorno, mi sento piccola, insignificante. Mi manca Drew con il suo carattere allegro, le sue battute spensierate e il suo sorriso sbarazzino, ma devo staccarmi un po' da lui. Qualcosa sta cambiando dentro di me, e mi fa paura, non so cosa sia, so solo che vorrei Drew con me in qualsiasi momento della mia vita, è un'emozione forte, intensa, che mi lascia senza fiato, ed ho bisogno di respirare un po' da sola. Quando mi prende la mano, quando mi fa uno dei sorrisi che riserva a me e solo a me, quando mi prende in giro e persino quando è un po' brusco perché non riesco ad aprirmi con lui, sento di voler lottare perché questa cosa, qualunque cosa sia, non sparisca nel nulla, perché non mi sentivo così bene da anni, nemmeno con Lena, nonostante ci sia sempre stata e mi voglia bene. Ogni volta che penso a quello che provo per Drew però mi blocco. Vorrei essere abbastanza forte e sicura di me per mettere tutto in discussione, per parlare con lui senza freni, per avere la certezza che quando saprà la verità non mi getterà via come un giocattolo usato, oppure che non la userà per farmi del male, eppure sono completamente priva di fiducia. Ho paura, credo sia lecito dopo tutto ciò che mi è successo, è una guerra contro me stessa, e devo vincerla da sola, con le mie forze.
Mancano ancora venti minuti alla mia prima lezione, così mi dirigo verso la biblioteca della scuola. Una moltitudine di pensieri si alterna nel mio cervello, senza che nessuno prenda seriamente una direzione. Mi siedo nel solito angolo fra i gialli e i thriller e perdo tempo cercando con lo sguardo qualche libro da leggere per non pensare. Mi scorrono davanti agli occhi decine di titoli che ho già letto, riletto o semplicemente desiderato di farlo. Ci sono tante cose che vorrei analizzare e tanti punti di partenza per varie direzioni da tenere in considerazione, ma non ho assolutamente voglia di pensare, anche se non posso farne a meno. Non posso fare a meno di immaginare chi sia veramente Gale e cosa abbia fatto ad Annabelle, ho ancora l'immagine di lui che le afferra i capelli e la minaccia nella mia testa, non posso fare a meno di pensare ai miei sentimenti per Drew, sentimenti che potrebbero portarmi a ciò che ho sempre desiderato o alla distruzione, sono troppo fragile per ascoltarli, essere forti fuori non significa esserlo anche dentro, non posso fare a meno di pensare a Jace e al nostro appuntamento di questa sera, ciò che potrebbe accadere e se ci sarà imbarazzo.
Così, assorta in pensieri sconnessi, non faccio troppo caso al ragazzo che si siede dall'altra parte del tavolo rotondo.
«Chi si vede!» Ci metto un po' a capire che sta parlando con me. Lo osservo, ma non mi ricordo di averlo visto da nessuna parte, eppure due occhi di un grigio chiarissimo ed una bocca carnosa del genere non si scordano facilmente.
«Ci conosciamo?» chiedo leggermente sulla difensiva, non sono proprio dell'umore.
«Sì, ci siamo visti al bar, ero quello con la maglia dei Red Hot Chili Peppers» sorride dolcemente. Un nome mi balena in mente assieme alle parole di Drew: non credo che tu voglia flirtare con Dylan Emerton, che di professione fa lo sciupafemmine.
«Dylan Emerton?»
«Esatto, e tu sei?» chiede con un gran sorriso allungandomi una mano sopra al tavolo. Ha le dita lunghe e affusolate. I suoi occhi sono magnetici, è impossibile non fissare quelle iridi chiarissime. Sciupafemmine o non, è di una bellezza al contempo delicata e magnetica.
«Liz Jones» rispondo stringendo la sua mano.
«Sei stupenda, Liz Jones.» Arrossisco, ha un gran fascino.
«Grazie» rispondo piano. «Scommetto che tu invece fai girare molte ragazze qui nel campus.» Dylan ride in modo adorabile, scoprendo una dentatura perfetta.
«Diciamo che qualcuna si gira.»
«Modesto» sorrido. Per la prima volta mi sento spensierata, tranquilla, mi ci voleva una chiacchierata priva di alcun impegno.
«Per caso, Liz Jones, c'è qualcosa fra te e Drew Anderson?» Ho parlato troppo presto.
«No» rispondo troppo in fretta e per di più arrossendo.
«Ho capito» fa un sorrisetto sornione.
«No, seriamente» dico passandomi le mani sul volto. «Non c'è nulla di serio fra noi.»
«Allora non si arrabbierà se ti invito a prendere qualcosa con me questa sera? C'è un pub molto accogliente qui vicino, che ne dici?» A primo impatto sarei tentata di dirgli di sì e di lasciare tutto a terra per una sera, come quando sono salita sulla ruota panoramica, ma ho combinato già abbastanza casini in meno di due settimane.
«Mi piacerebbe, davvero, ma non posso» gli rispondo con un sorriso tirato. Non perché credo che sia uno sciupafemmine, e nemmeno perché devo uscire con Jace, per il semplice motivo che non voglio fare alcun disastro, la situazione con Drew è molto delicata, già che abbia accettato che io voglia chiarire con Jace è un miracolo, se ci metto in mezzo anche un'uscita con Dylan Emerton probabilmente darà di matto, e per adesso le cose sembrano andare abbastanza bene.
«Va bene, capisco, che ne dici di sabato? Prometto che ti ruberò solo un paio d'ore.»
«Dylan...»
«Ti prego» congiunge le mani e sbatte le ciglia.
«Va bene» mi arrendo, perché sono incuriosita, e lui sorride soddisfatto. È sempre stato il mio punto debole la curiosità, in genere mi fa cacciare nei guai, chissà che questa volta andrà diversamente.
«Nessun impegno, promesso.»
«Okay» accenno un sorriso. «Ora devo andare a lezione, ci risentiamo.»
«Aspetta, ti do il mio numero.» Gli porgo il mio cellulare e lui digita il numero, poi me lo ripassa. Sorrido quando leggo il nome del contatto.
«Un folle al quale hai concesso un appuntamento» rido.
«Già, ma forse sei tu quella folle» dice picchiettandosi il mento con l'indice, fingendo di pensarci su.
«Oh, questo è sicuro» dico scorrendo i numeri sul cellulare. Sono completamente folle, ma non importa, basta avere paura delle persone. È il momento di ricominciare a vivere.***
«E poi mia sorella mi ha detto che non sarebbe mai più tornata ed ha lasciato me e mia madre a fare i conti con tutte le spese della casa, è stata dura, ma alla fine siamo riuscite a tirare avanti la baracca, ora sto inseguendo finalmente i miei sogni.» È mezz'ora che Jade mi sta facendo il riassunto della sua vita, e giuro che se non chiude la bocca in questo momento la uccido.
«Tu ce l'hai un sogno?» Quando sento che ha smesso di parlare mi rendo conto che deve avermi fatto una domanda.
«Come?»
«Qual è il tuo sogno?» ripete.
«Una piccola baita sul lago» dico piano osservando il piatto risplendere fra le mie dita.
«È una cosa adorabile!» Capisco che Jade sia sempre così allegra perché è il suo carattere, ma questa volta sto facendo davvero fatica a restare calma.
«È il tuo sogno sin da piccola?»
«Era il sogno di mia madre.» Deglutisco il groppo amaro che ho in gola e prendo un altro piatto. Ancora silenzio.
«Oddio...» dice piano. Poco dopo sento le sue braccia attorno alle spalle, e lascio cadere il piatto nel lavandino. Mi giro e la stringo a me. Non credevo di avere così bisogno di un abbraccio, ma in questo momento Jade è la mia ancora di salvezza.
«Lo so che è difficile andare d'accordo con me, ma sappi che faccio e dico tutto sempre con le migliori intenzioni» tira su col naso, e nonostante per la maggior parte del tempo sia insopportabile, ne sono consapevole. Jade non è cattiva, è semplicemente... Jade.
«Lo so» rispondo asciugandomi una lacrima furtiva. La lascio andare e lei sorride.
«Sono contenta di averti incontrata, lavorare al bar solo con un altro ragazzo era davvero noioso, poi Tyler non parla mai» sbuffa asciugandosi le lacrime.
«Povero Tyler» rido, e Jade con me.
«Già, povero Tyler, le tue chiacchiere sono estenuanti» proprio Tyler entra in cucina con piatti e piattini fra le dita. Mi trattengo dal ridere quando Jade spalanca la bocca indignata.
«Sei tu ad essere un asociale, sei sempre lì a sfogliare quello stupido libro di alimentazione.»
«Tu non chiudi mai la bocca, seriamente, mi chiedo come tu faccia a dire tante parole una dopo l'altra per minuti, ore... Io non ce la farei» sbuffa lui. Tyler è un ragazzo molto simpatico ma molto silenzioso e pacato, il completo opposto di Jade, e da quello che ho capito sono già due anni che litigano bonariamente per gli stessi motivi. È altissimo e magrissimo, indossa un paio di occhiali neri ed ha i capelli che sono un groviglio castano. Studia alimentazione e fa tirocinio al bar circa tre volte a settimana. Non lo vedo spesso, ma oggi c'è e come sempre litiga con Jade.
Li lascio a scannarsi dentro la cucina e passo al bancone. Drew sta parlando con Cassie, e cerco di non pensare a quanto mi dia fastidio. Non capisco perché io non possa uscire con Jace o parlare con Dylan e invece lui possa dialogare tranquillamente con chiunque. Sbuffo irritata, ma è inutile provare a capirci qualcosa. Cassie gesticola confusa, Drew congiunge le mani e la prega con sguardo da cucciolo smarrito, lei lo guarda contrariata, ma alla fine annuisce. Drew sorride tutto contento e la accompagna alla porta. Sbuffo di nuovo e prendo a giocherellare con l'elastico che ho al polso. Sono così combattuta, non so che pensare e cosa fare.
Suona una sveglia sul mio telefono a ricordarmi che ho finito il turno. Distolgo dolorosamente lo sguardo da Drew e vado a prendere il mio borsone nello stanzino dove mi cambio sempre. Saluto Jade e Tyler che stanno ancora litigando e mi avvio verso l'uscita.
«Liz.» Tutti i miei muscoli si congelano e mi blocco. Mi volto lentamente verso Drew. Ha dipinto in faccia il solito sorriso sbarazzino, le mani infilate nelle tasche dei jeans.
«Drew» rispondo, deglutendo per rimandare il cuore al suo posto.
«Posso accompagnarti a lezione?» Come posso rifiutare? Penso a Cassie, lui che le sorride. Mi mordo un labbro per ricacciare giù il dolore.
«A che gioco stai giocando?»
«Che vuoi dire?» chiede confuso.
«Perché stai con Cassie e poi fai finta che non sia successo niente?»
Scoppia a ridere. «Lizzie, per caso sei gelosa?» Arrossisco e lui fa un sorriso vittorioso.
«Stai zitto e accompagnami» borbotto ed accelero verso l'aula di fisica, seguita da Drew e dalla sua risata che tanto mi era mancata.Ciao fiori di campo!🙊
Devo ASSOLUTAMENTE sapere il nome del ragazzo nella foto per trovarlo, rapirlo e sposarlo. Aiutatemi vi prego.😭
Per il resto, mi dispiace di non essere riuscita ad aggiornare in meno di una settimana, ma vi giuro che non ho mai avuto un attimo libero. Ho cercato di scrivere tutte le mattine sul pullman ma sono riuscita a buttare giù in tutto solo mille parole, oggi finalmente sono riuscita a finirlo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, non è granché e non mi fa impazzire, cercherò di fare meglio il prossimo.
Al prossimo capitolo!🔜
-A✨
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Friends
RomanceLiz Jones si è appena trasferita dalla popolosa Sydney, in Australia, alla tranquilla Louisville, nel Kentucky, America. Più che essersi trasferita, è scappata da un passato di violenze e alcolismo. Non le piace farsi mettere i piedi in testa da nes...