22. Ne vali la pena

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Una sfilza di asfalto. È tutto ciò che vedo mentre percorro a grandi falcate la strada. Le sue parole continuano ad echeggiarmi in testa, non sento altro oltre quelle. Solo quelle tre dannatissime parole: sei una troia. Questa volta non ce l'ho fatta, appena mi ha lasciata andare sono corsa via, e non ho intenzione di fermarmi finché non stramazzerò al suolo. Non so se sto semplicemente diventando masochista, se sto impazzendo oppure se è tutto perfettamente normale. Normale. Non c'è proprio niente di normale nella mia vita, ed oggi ne ho avuto solo l'ennesima prova.
Continuo a correre, non ho una meta precisa, o forse sì, non ne ho idea, so solo che voglio correre e non voglio pensare.
All'improvviso qualcosa mi costringe a fermarmi contro la mia volontà. Non voglio fermarmi, voglio continuare a correre, ne ho bisogno.
«Liz, fermati! Stai ferma!» metto a fuoco la figura di fronte a me, e quando riconosco gli occhi verdi e rassicuranti di Lena smetto di dimenarmi. Mi guarda con gli occhi sgranati, ma sembra capire subito.
«Di nuovo?» Annuisco e mi lascio scivolare lungo una delle due colonne di fronte all'entrata del vialetto di casa sua. Non è una novità che sia arrivata proprio fin qui. Vorrei piangere, ma non migliorerebbe le cose, quindi non lo faccio. Lena non dice nulla, semplicemente si siede accanto a me e restiamo a fissare le case a schiera dall'altro lato della strada. Una bambina bionda sta dondolando su un'altalena spinta dal fratello maggiore, anche lui biondo. Il groppo in gola si fa più grande e distolgo lo sguardo per non crollare. Inevitabilmente ritorno a tre anni prima, quando io e mio fratello eravamo nella stessa posizione e i nostri genitori si dedicavano al giardinaggio.
«Va tutto bene» sussurra Lena, stringendomi un braccio attorno alle spalle. Per fortuna ho lei, altrimenti avrei già raggiunto mia madre. «Cosa è successo?»
Un sospiro spezzato attraversa le mie labbra, ma ho bisogno di confessarmi almeno con lei. «Mi ha ridetto quelle dannate tre parole. Fanno così male dette da mio fratello, mi feriscono, mi fanno sentire una nullità.» Lena stringe i pugni, probabilmente in un atteggiamento che precede il suo solito "dovresti dirlo a qualcuno", ma si astiene dal commentare, si inginocchia di fronte a me – evitandomi la vista dei due fratellini – e mi guarda dritta negli occhi. «Tu sei molto di più, Liz, non lasciare che le sue parole ti condizionino.» Tiro su col naso, facendo sorridere Lena, che però torna subito seria. «Te la ricordi quella canzone che abbiamo cantato a quello stupido saggio due anni fa?»
Come dimenticarmela. «Certo.»
Lena continua a guardarmi negli occhi, poi inizia a cantare piano: «When will you realize/Baby, you're worth it/You don't have to do anything to earn it/Baby, you're perfect/You deserve it/When will you see what I see/And realize you're worth it.» Sorrido, perché non posso fare altro di fronte ai suoi occhi brillanti e al suo sorriso dolce. La abbraccio e la stringo a me. «Ricordati, Liz, you're worth it.»
Ne vali la pena.
«Liz, mi senti?» una voce lontana mi echeggia nelle orecchie, vorrei aprire gli occhi ma le palpebre sono troppo pesanti. Una mano delicata si poggia sul mio braccio e mi scuote piano. Sento una voce più profonda borbottare qualcosa, poi una mano più grande afferrarmi per le spalle e scuotermi più violentemente.
«Liz!» è ancora un'eco lontana, ma sta iniziando ad avvicinarsi. Apro piano gli occhi e la prima cosa che vedo è un soffitto decorato. Il soffitto di casa di Annabelle. Sono tornata alla realtà, e non so se avrei preferito continuare a vivere nel mio ricordo oppure nella mia vita. Mi tiro a sedere sul divano di pelle bianco, mi gira un po' la testa ma più o meno sto bene.
«Stai bene?» chiede Annabelle, i suoi occhi sono gelidi come sempre, ma scorgo una scintilla di preoccupazione splenderle nelle iridi color ghiaccio. Resto a guardare tutte le sfumature dei suoi occhi così simili a quelli di mio fratello, a quelli di Jace. Jace. Un brivido mi scuote da cima a fondo. Continuo decisamente ad odiare gli occhi azzurri, anche se quelli di Annabelle non mi terrorizzano più come la prima volta. Non so cosa cambia, cosa matura nella mia mente per cambiare idea su tutto in poche ore, e poi cambiarla nuovamente in altrettante. Se non sbaglio lo psicologo mi disse che era una conseguenza della mancanza di fiducia, perché se non confidi pienamente in qualcuno cerchi disperatamente un appiglio, ma tremila dubbi ti assalgono e cambi continuamente idea su ciò che ti ritrovi davanti.
«Liz, ci sei?» ripete Annabelle e mi ricorda di rispondere alla sua domanda.
«Sto bene» dico, ma non sembra nemmeno la mia voce, è distante, priva di emozioni.
«Formaggino» un brivido mi corre lungo la schiena, poi lungo le braccia, lungo le gambe e mi arriva dritto al cuore. È solo attrazione, è solo una cotta. Cara Lizzie, l'attrazione la percepisci quando guardi qualcuno o quando ti sta accanto, non al suono della sua voce. Ignoro il mio subconscio e guardo Drew, seduto sulla poltrona accanto a quella dov'è seduta Annabelle. Picchietta nervosamente con le dita sul bracciolo e nei suoi occhi verdi scorgo... paura?
«Sto bene» ripeto, ma la sua domanda inespressa non era questa.
«Jace se l'è meritato, non preoccuparti non l'ho ucciso, è tornato a casa sua.» Lo sguardo mi cade sulle sue mani che stringono i braccioli della poltrona, e quando noto il sangue incrostato mi vengono i brividi. Se ne accorge e le nasconde fra le gambe. Annabelle ci sta osservando attentamente, come due topolini vivisezionati. Dio, che cosa inquietante. Questa situazione sta iniziando a farmi sentire a disagio. Mi alzo e Drew ed Annabelle mi imitano. Restiamo a fissarci per un po', finché non indietreggio leggermente. Non so cosa stia accadendo, sembriamo tutti sconcertati e confusi. Persino Annabelle. Poi capisco qual è il problema.
«Volete sapere perché ho reagito così» non è una domanda, è semplicemente una certezza. Scuoto piano la testa.
«Puoi fidarti di noi.» Con mia grande sorpresa è stata Annabelle a parlare. Sia io che Drew ci voltiamo lentamente verso di lei. «Che c'è?» borbotta irritata. Oh mio Dio. Ho capito tutto. Ed Annabelle lo sa, infatti mi lancia uno sguardo di avvertimento. Non l'ha detto a Drew. Non posso crederci.
Annabelle ha una storia analoga alla mia.

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