44. Riprendere in mano la propria vita

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PREPARATEVI: sarà dura, fiori di campo.
Non vi ho mai chiesto nulla per quanto riguarda le mie storie, oggi invece ho una piccola richiesta per voi: vi chiedo di cercare di entrare nel personaggio di Liz, di immedesimarvi in lei quanto più possibile, perché questo è per lei il momento più importante della sua storia. Se ci riuscirete, allora vorrà dire che sono una brava scrittrice e che vi avrò fatto vivere le emozioni che io ho provato scrivendo questo capitolo e pensando alla sua storia, altrimenti sarà un piccolo fallimento, ma spero comunque che il capitolo vi piaccia.

«Elizabeth, guarda cosa ho fatto!» Sam spalanca la porta della mia camera e mi mostra un disegno. Ci sono due figure, una coi capelli biondi e l'altra coi capelli neri, che si tengono la mano.
«È per te» mi sorride e me lo porge. Lo prendo fra le mani e lo osservo. Siamo noi.
«Grazie, è bellissimo» gli rispondo con un sorriso, poi scendo dal letto e lo ripongo con gli altri disegni, sia quelli che lui ha fatto per me, sia quelli che abbiamo fatto insieme. Sam è più bravo di me a disegnare, e la cosa mi rende un po' triste, perché mamma e papà gli fanno tanti complimenti, ma sono davvero fiera di lui.
«Vuoi fare un disegno insieme?» mi chiede, aprendosi in un sorriso sdentato.
«Certo!» esclamo, e corriamo insieme in sala.

Non riesco a fermare il fiume di ricordi che mi investe, mentre l'unico suono che percepisco è quello del mio cuore che batte nelle orecchie. So dove vuole andare a scavare il mio cervello, e non riesco a impedirglielo. Non so a cosa aggrapparmi, la realtà è forse più terrificante dei miei ricordi. È un incubo.

Sono seduta alla scrivania che sfoglio un libro trovato fra i tanti del repertorio di mia madre, quando qualcuno bussa alla porta.
«Avanti» dico distratta. Sam entra in camera mia e viene verso di me.
«Ti ho fatto un disegno» la sua voce è allegra. Mi volto verso di lui che stringe un foglio fra le dita con un gran sorriso. Indossa un berretto da baseball calcato in testa al contrario e una maglietta dei Wallabies. Siamo cresciuti entrambi, e mentre io ho cambiato almeno cento passioni, quella di Sam è sempre rimasta il disegno, ed è enormemente migliorato. Ora che la mamma sta male, passa ancora più tempo piegato sul suo album a disegnare, ma come biasimarlo? Io non faccio altro che leggere per evitare di pensarci e scoppiare a piangere.
«Grazie!» esclamo felice, salto giù dalla sedia e lo prendo. Sono io, e sto sorridendo. È così raro ultimamente che mi sembra quasi innaturale. I tratti del mio viso sono definiti così bene da sembrare quasi reali, Sam si è ricordato perfino del neo che ho sulla guancia sinistra.
«Non c'è di che» risponde imbarazzato. «Come-come stai?»
«Bene, credo.» Osservo ancora il disegno, poi mi guardo le mani. Papà mi ha detto che ormai sono grande e devo cominciare ad affrontare i problemi, ma non voglio. Sam alla mia età era sempre in giro a giocare con i suoi amici.
«Se hai bisogno di qualsiasi cosa... io ci sono» mi sorride, un'adorabile fossetta – anche questa da me sempre invidiata – gli compare sulla guancia sinistra.
«Vorrei che la mamma stesse bene e tornasse a casa» mormoro, senza alzare lo sguardo dalle mie mani. Lo sento sospirare, poi le sue braccia gracili mi circondano le spalle e mi stringono contro il suo petto.
«Andrà tutto bene Elizabeth, te lo prometto, non permetterò che ti accada nulla di male, stai tranquilla.»

Questa promessa, che mi fece a undici anni, è la prima cosa che mi viene in mente guardandolo. Quella promessa è stato lui stesso a infrangerla, è stato lui a ridurmi in pezzi, a mandarmi in frantumi. È stato lui a distruggere la mia psiche e a fare scempio di essa e del mio corpo. È stato lui a fare in modo che non riuscissi più a fidarmi, a credere, ad amare. È stato lui a uccidere Elizabeth.
«Che ci fa qui?» chiedo a Lena, che sta ancora piangendo. Sam ghigna e io ho un brivido, mentre lotto per mantenere il sangue freddo.
«Si dà il caso che io e Lena abbiamo un accordo.» La sua voce mi fa venire la pelle d'oca, sembra ancora più bassa e minacciosa di quando sono partita, o forse è semplicemente più arrabbiato. Sbatto più volte le palpebre a sentire le sue parole, voltandomi verso Lena che soffoca i singhiozzi con le mani e scuote la testa.
«Sono io a pagarle l'affitto, e lei in cambio mi aggiorna su tutto quello che fai... pensavo di venirti a fare una sorpresa a Louisville, ma a quanto pare mi hai preceduto.»
Rimango senza fiato e guardo Lena. Mi ha mentito, l'ha fatto per tutto questo tempo. Il mio cuore non regge l'ennesimo tradimento, e sono quasi sicura di sentirlo esplodermi nel petto. Lotto con tutta me stessa per impedire alle lacrime di scendere, ma fallisco miseramente. La persona che mi è stata sempre accanto, quella che mi ha sempre abbracciato mentre piangevo disperata, quella con cui ho condiviso tonnellate di momenti brutti e belli, quella che sa benissimo ciò che ho dovuto affrontare, quella che osavo chiamare migliore amica... mi ha venduta per uno stupido appartamento di periferia.
Sam non perde altro tempo e si avvicina, d'istinto mi allontano finché la mia schiena non aderisce alla testiera del letto. I muscoli sono come gelatina, e non ne vogliono sapere di aiutarmi. La sua mano, rapida, mi artiglia un polso. «Non mi è piaciuto affatto che tu te ne sia andata senza dire niente, Elizabeth.»
Il suo alito mi colpisce la faccia, e non sono sorpresa di constatare che ha bevuto. Provo a dimenarmi, ma lui mi tiene stretta. All'improvviso, con mia grande sorpresa, Lena sembra risvegliarsi e lo spintona. «Lasciala stare, Samuel!» Sam si volta a guardarla, negli occhi gli arde pura furia, e si allontana momentaneamente da me per avvicinarsi a lei.
«Non immischiarti, stupida ragazzina, ti ho graziata una volta, e non lo farò di nuovo.» Mentre le va incontro minaccioso, con la coda dell'occhio mi accorgo della bottiglia vuota di tequila sotto al mio comodino. Sam afferra Lena per le braccia e la spinge contro il muro facendole sbattere la testa. Mi dà le spalle, dunque ne approfitto per scivolare a terra, afferrare la bottiglia e scaraventagliela in testa. Il rumore del vetro in frantumi è assordante, ci ho messo tutto il dolore che mi ha causato in questi anni, compreso quello di non avere più un fratello. Non ho mai davvero reagito alle sue violenze, per paura, ma adesso sono cambiata. Elizabeth è morta da tempo, ma anche Liz ha fatto la stessa fine, e ora c'è una nuova me, che ha tutta l'intenzione di riprendere in mano le redini della propria vita e di smettere di subire.
Sam barcolla, un rivolo di sangue gli cola dai folti capelli neri fino al collo, imbrattando la maglietta. Ho il fiatone, e l'adrenalina ha momentaneamente sostituito la paura, che invece ritorna quando si volta di nuovo verso di me. Se prima negli occhi gli ardeva furia pura, adesso è l'inferno lì dentro.
Indietreggio e sbatto contro la scrivania, matite e penne si rovesciano cadendo a terra. Smetto di respirare quando chiude la mano attorno al mio collo. I suoi occhi sono fissi nei miei. Quell'azzurro così freddo, terrorizzante, vorrei chiuderli per evitare di specchiarmici, ma è impossibile. Annaspo in cerca di ossigeno, il suo sguardo folle mi scruta mentre mi dimeno, e mi chiedo come siamo arrivati fin qui. So qual è stato il punto di rottura: la morte di nostra madre, ma non capisco come le cose siano degenerate in questo modo. Tutto comincia a essere offuscato, e dentro di me si sprigiona una strana calma. Penso alla perdita, al dolore e a quello che sono in grado di fare alle persone. La perdita ha spaccato la nostra famiglia, ma è stato il dolore a trasformarci: Sam in un mostro, nostro padre in un alcolizzato, e io in una debole vittima. Tutti abbiamo perso i nostri obiettivi e ci siamo danneggiati l'un l'altro, fino a distruggerci. Forse è così che doveva andare, forse adesso troverò la pace, e magari raggiungerò il posto in cui è finita mia madre. Chiudo gli occhi e lascio che le braccia scivolino lungo i fianchi. È la fine. In lontananza mi sembra di sentire dei rumori, come di botte violente contro il legno, ma non ci faccio troppo caso, finché all'improvviso la pressione contro il mio collo scompare, ed è come se galleggiassi nel vuoto. È questo che si prova... a morire?
Apro lentamente gli occhi, giusto uno spiraglio per scorgere la luce, ma quello che vedo è totalmente inaspettato. È tutto verde, verde smeraldo per la precisione. Vorrei parlare, ma non ci riesco. Chiudo di nuovo gli occhi e tutto diventa bianco.

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