20. Io ti aspetto

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Drew è in piedi sulla soglia con un'espressione indecifrabile. Sento le pasticche fra le mie dita e sono tentata di fregarmene della sua presenza ed ingerirle lo stesso. Si limita a guardarmi, ed io guardo lui. I suoi occhi verde smeraldo scorrono lungo il mio corpo disteso sotto la coperta, e mi fanno solleticare la pelle anche se non mi sta toccando. L'attrazione fra di noi è potentissima e percettibilissima, se solo scattasse la scintilla che tengo attentamente sottochiave sarebbe devastante. Non distoglie per un secondo lo sguardo e si avvicina al letto, ha i capelli leggermente scompigliati e sbatte troppe volte di seguito le palpebre. La conferma di ciò che sto pensando arriva assieme ad un sorriso enorme che si dipinge sul suo volto. È ubriaco. Santo cielo, è ubriaco ed è nella mia stanza. La consistenza delle pasticche fra le dita sembra farsi più evidente e mi formicolano le mani per quanto vorrei ingoiarle ed uscire da quest'incubo. Purtroppo l'ansia che mi serra la gola ed il panico che mi stritola le viscere mi tengono ben sveglia. Inizio ad inspirare velocemente, ma l'aria non raggiunge mai i miei polmoni. Le braccia di Drew si poggiano ai lati della mia testa ed i suoi smeraldi mi squadrano il volto. La bocca prende a tremarmi e il panico si espande nel mio corpo come un virus, paralizzandomi e facendomi formicolare ogni parte del corpo. Mi gira la testa e mi viene da vomitare, il cuore rimbalza contro la cassa toracica e sento come se avessi un macigno sul petto, sento caldo, ondate di caldo che mi investono e sto sudando. Continuano a tremarmi le mani e non riesco a muovermi.
È un attacco di panico, è solo un attacco di panico.
Perdo la cognizione della realtà ed annego in un baratro di ricordi terrificanti.
«Sei proprio una troia, Elizabeth, e sei pure stupida.» Il suo alito al sapore di whisky mi si insinua nelle narici e mi fa salire il vomito. Mi mordo con una forza assurda il labbro per non piangere né vomitare. Afferra la cinta, e la paura si fa spazio dentro di me, spaccandomi il petto a metà e divertendosi a giocare con i miei organi interni. La alza oltre la sua testa e mi guarda con un sorriso folle ed ubriaco. È questione di un secondo: la cinta si infrange contro la mia pelle. Non so se sto urlando, non so se sto piangendo, non so nulla, perché sono totalmente annullata ed estremamente distante da me stessa. Torno alla realtà quando una sua mano enorme mi stringe il mento e mi costringe a guardarlo nei suoi folli occhi dello stesso colore del ghiaccio, come quello che ormai è al posto del suo cuore. «Non provare mai più a portare nella mia casa uno sconosciuto.»
«Dennis non è uno sconosciuto» non so dove trovo la forza di rispondere, ma non avrei dovuto farlo.
«Stai zitta, puttana!» Mio fratello – o quello che resta di lui – mi gira la testa con una forza disumana e mi dà uno schiaffo devastante. Stavolta le sento, sento le lacrime che mi rigano le guance e sento la paura che mi urla in testa di scappare, ma non posso farlo, non posso fare assolutamente niente mentre lui sfoga la sua frustrazione su di me ancora, e ancora, e ancora...
Se possibile il cuore inizia a battermi più velocemente e mi sembra di sentire nelle narici l'odore del whisky. Continuo ad inspirare rapidamente, ma l'aria non arriva ai miei dannati polmoni, sono terrorizzata, ho un disperato bisogno di un appiglio a cui aggrapparmi perché sto cadendo nel baratro.
Devi concentrarti Liz, respira lentamente.
Non so chi mi stia parlando, se Lena, se il mio psicologo o se la mia coscienza, ma faccio ciò che mi dice.
Devi pensare a ciò che stai provando, fai mente locale.
Okay, okay. I muscoli stanno smettendo di formicolare, il battito cardiaco sta lentamente rallentando, la testa ancora mi gira ma non ho più la sensazione di vertigini né quella di dover vomitare. Non ho più caldo, ma sto ancora sudando.
È solo un attacco di panico, tu devi solo respirare, adesso passa.
Adesso passa, devo solo respirare, devo solo respirare...
Conta alla rovescia da cento ed inizia a rilassare i muscoli.
D'accordo, ce la posso fare. Cento... prendo un profondo respiro e tendo la mascella, per poi rilassarla. Novantanove... stringo le mani in dei pugni e poi le rilascio. Novantotto... continuo con il medesimo esercizio con tutti gli altri muscoli, finché non sono completamente rilassati. Durante gli ultimi dieci secondi continuo a tenere gli occhi chiusi e a respirare lentamente.
Tre... due... uno... Apri gli occhi, Liz.
Con non so quale forza lo faccio, e mi ritrovo davanti gli occhi terrorizzati di Drew, come ieri al ristorante.
«Santo dio, Liz, stai bene... stai bene» mormora qualcosa che non capisco mentre mi stringe a sé. Sono troppo scombussolata per dire o fare qualunque cosa, ma solo in questo momento mi accorgo di non avere più le pasticche strette nella mano destra. Mi guardo terrorizzata attorno finché non mi accorgo che Drew le sta osservando sul palmo della mia mano sinistra, tenendomi il polso con due dita. I suoi occhi si alzano indecifrabili dal mio palmo e si posano sul mio viso. Deglutisco, perché non so che altro fare.
«Cosa... cosa volevi fare?» farfuglia, il terrore è evidente nei suoi occhi. Apro la bocca e la richiudo, non so come spiegarglielo. Potrei mentire, ma la mia mente è sgombra da qualsiasi pensiero logico. Solo un insieme di immagini si alternano rapide le une alle altre, immagini che non vorrei vedere, ma che la mia mente si diverte a sfogliare come un vecchio album. «Dicevi di stare per morire, durante l'attacco. Volevi... volevi suicidarti, Liz?»
Cosa!?
«No! No, no, no, no, no, no!» dico velocemente, poi chiudo gli occhi e li riapro. «Sono solo sonniferi, la sensazione di stare morendo è una conseguenza degli attacchi di panico.» Il sollievo distende tutti i lineamenti di Drew, solo ora mi accorgo che sembrava più vecchio di dieci anni.
«Santo cielo» mi stringe nuovamente a sé, ma mi ricordo che è ubriaco. In un gesto d'istinto gli do una forte botta al petto che lo allontana da me. Mi guarda sorpreso. «Che ti prende?»
«Sei ubriaco, stai lontano da me.» L'adrenalina mi scalda il sangue e mi tiene sull'attenti, ma sono ben consapevole che è solo un istinto di sopravvivenza che prevale momentaneamente sulla paura.
«Che cosa? Non sono ubriaco, ho solo bevuto un paio di bicchieri con Sarah, ma non sono neanche lontanamente ubriaco» parla troppo velocemente per essere sobrio, e non ha il controllo e il fascino del Drew sobrio. In realtà non lo riconosco neppure, e questo mi spaventa.
«Stai lontano da me» scandisco lentamente le parole, usando la coperta come uno scudo.
«Io... volevo solo... non lo so. So che mi dispiace per quello che è successo, non voglio che pensi che stia giocando con te, le mie intenzioni sono serie, Liz.» So che sono parole ubriache, ma questo non gli impedisce di colpirmi. «Posso... posso sdraiarmi?» Con un dito indica il letto, dove sono seduta, e la sua espressione mi ricorda quella di un bambino insicuro. Il Drew ubriaco è completamente diverso dal Drew sobrio, sembra che quello ubriaco sia il riflesso delle sue insicurezze, mentre quello sobrio il riflesso delle sue sicurezze.
«Non mi fido di te» lo dico ormai in automatico.
«Lo so, ma dovresti farlo.» Ignora ciò che dico e si infila sotto le coperte. I miei muscoli si congelano all'istante ed il cuore mi martella in petto, ma è una sensazione diversa dagli attacchi di panico, è come se fossi nervosa per la sua presenza. L'attrazione aleggia nuovamente attorno a noi, ma prima che chieda a Drew di uscire perché non ce la posso fare, lui mi abbraccia e mi attira verso il suo petto. Sento il mio battito cardiaco nelle orecchie. Con gli occhi sgranati alzo delicatamente una mano e la poggio sul suo petto. Non sono mai stata in questa posizione con un ragazzo, ed è... strano. Posso sentire il suo respiro mite fra i miei capelli, il battito forte e regolare del suo cuore contro la mia mano, i suoi muscoli che entrano in contatto con il mio stomaco e le sue gambe che si insinuano fra le mie. Non credevo nemmeno che esistesse la pace dei sensi, esattamente ciò che sto provando in questo momento. Mi sento così bene fra le sue braccia, non voglio spostarmi mai più.
«Ti stai addormentando?» il suo petto vibra contro il mio orecchio al suono della sua voce, e mi fa battere forte il cuore. Scuoto la testa, perché non ho voglia di parlare, sono emotivamente distrutta.
«Vuoi vedere un film? Come ieri a casa mia.»
«Basta che rimani qui, in questa posizione.» Non posso credere a ciò che sto dicendo, questa voce non sembra neanche la mia, è rilassata, anche vagamente felice. C'è in essa una nota particolare che mi ha tenuta in vita fino ad oggi: la speranza. Le braccia di Drew si stringono di più attorno alla mia vita e mi lascia un bacio sulla fronte. Sbarro gli occhi sorpresa e lui ridacchia, ma per fortuna non commenta.
«Aspetta qui, vado a frugare nella raccolta di film di Annabelle.» Non appena il suo corpo si allontana dal mio una sensazione di freddo mi fa venire la pelle d'oca. È come se fossi tornata alla realtà dopo un bel sogno, ma Drew è ancora qui che mi sorride e mi dice che tornerà presto. Sospiro e guardo il soffitto, le vicende degli ultimi minuti mi terrorizzano e mi fanno spuntare un sorriso allo stesso tempo. Sto iniziando a controllare molto meglio i miei attacchi di panico, e non credevo di riuscire a stare abbracciata ad un ragazzo senza farmi sovrastare dall'ansia. Il sorriso mi svanisce dalle labbra quando mi ricordo che il ragazzo è Drew.
Devi solo trovare la tua ancora di salvezza, diceva lo psicologo. A volte non servono gli psicofarmaci, basta solo qualcuno che per te è importante. Quel qualcuno non può essere Drew, mi rifiuto di accettarlo. Lui non è un'ancora di salvezza, lui prevale su di me, e questo non posso più permetterlo a nessuno. Nonostante tutto, quando non torna dopo più di dieci minuti, la delusione fa più male della paura di dipendere da lui. Mi rannicchio su me stessa e l'unica cosa che voglio fare è scoppiare in lacrime. Quando sto per crollare, la porta si apre di nuovo e Drew sgattaiola all'interno, richiudendosela alle spalle.
«Ci sono.» Balzo sul letto sentendo la sua voce, e sono estremamente sollevata del fatto che sia tornato, perché sto considerando l'idea di dare una chance ai miei sentimenti per lui.
Sei per caso impazzita? Lo conosci da poco più di una settimana e sono più le cose negative che quelle positive che sai di lui. Oltretutto fino a trenta secondi fa avevi un'idea completamente diversa. Stai per caso diventando incoerente, Lizzie? Il mio subconscio è sempre pronto a tirarmi più mazzate del resto del mondo, ma sotto sotto so che ha ragione, eppure... il modo in cui Drew mi sta sorridendo mi fa venire voglia di ignorare tutte le mie paure, ma so di non poterlo fare, non devo farlo, perché poi da sola non riuscirò più ad affrontare nulla, non riuscirò più a vivere senza di lui, e non è questo che voglio, non è questo ciò di cui io ho bisogno.
«Sono riuscito anche a rubare dei pop corn» sorride tutto contento e fa sorridere anche me. Mi porge una ciotola ripiena di delizie salate e stavolta si siede sopra le coperte, incitandomi ad imitarlo dopo aver inserito un CD nel videoregistratore.
«Ma fa freddo» mi lagno, tirando fuori dal letto le gambe nude. Mi ero messa un paio di pantaloncini con le ultime forze prima di sprofondare nel sonno questo pomeriggio.
«Oh, non sentirai freddo» Drew alza un braccio e mi fa cenno di appoggiarmi a lui. Lo guardo indecisa, ma lui alza gli occhi al cielo e mi tira verso di sé. Ora una mia gamba è poggiata fra le sue ed il mio petto contro il suo fianco. Provo a controbattere, perché la cosa è imbarazzante, ma Drew spegne le luci e preme play sul telecomando, facendomi segno di stare zitta. Sbuffo e cerco di girarmi, perché Inception è uno dei miei film preferiti e mi piacerebbe vedere quello piuttosto che le costole di Drew. Lui però non lascia che mi sposti, nonostante tutti i miei sforzi.
«Lasciami!» esclamo alla fine. Drew ride e scuote la testa.
«Sto bene così.»
«Io no» borbotto e lui mi lascia andare con un'alzata di occhi al cielo. Mi giro sulla schiena ed ho un'ottima visuale sul mio amato Leonardo. Rubo i pop corn che sono finiti sulle gambe di Drew e li divoro sistemandomi meglio contro la spalliera del letto.
«Ehi, lasciamene un po'» obietta lui, afferrando la mia mano ed allontanandola dalla ciotola.
«Ne ho un'altra» lo prendo in giro infilando anche quest'ultima nella ciotola, ma Drew afferra anche l'altra mia mano e le mette entrambe in mezzo a noi. Litighiamo per un po', io per liberarmi lui per togliermi i pop corn, ma alla fine scoppiamo a ridere. Prendo coraggio e faccio scivolare le mie dita tra quelle di Drew. La sensazione è la stessa della prima volta, ma sapere che sono stata io a prendere iniziativa me la fa sembrare tremila volte più intensa. Le sue dita lunghe e affusolate mi carezzano il dorso della mano, poi Drew se la porta alle labbra e vi deposita un delicato bacio che mi fa venire i brividi. Tenerlo per mano è una cosa fantastica, mi fa provare emozioni mai sentite prima, che contrariamente a quanto mi aspettavo non mi spaventano, ma mi scombussolano lo stomaco. Ad un certo punto Drew stringe più forte la mia mano e prende un profondo respiro.
«Perché hai questi attacchi di panico?» Tutta la felicità che mi ribolliva nello stomaco si appiattisce, e mi metto subito sulla difensiva.
«Non voglio parlarne.»
«Va bene, va bene.» Drew annuisce e mi lascia un altro bacio sul dorso della mano, poi la poggia di nuovo in mezzo a noi, ancora stretta attorno alla sua.
Non so quanto tempo è passato, ma Leonardo sta saltando da un sogno ad un altro quando Drew prende il telecomando ed abbassa il volume.
«È iniziato tutto quando avevo quindici anni» dice, ma non capisco a cosa si riferisca. Alzo la schiena dalla spalliera per guardarlo negli occhi, aspettando che continui. «Io e Jace eravamo inseparabili, anche con Annabelle, ma lei faceva la seconda media, quindi non la vedevamo quasi mai, tranne il pomeriggio.» Sospira e riprende la mia mano, che avevo sfilato dalla sua per girarmi, e gioca con l'anello che ho sull'anulare destro. «Ci siamo baciati qualche volta – io ed Annabelle, non io e Jace –, sapevo che lui ci stava male, ma credevo che Annabelle mi piacesse seriamente come io credevo di piacere a lei, ma non era così. La nostra amicizia è sempre rimasta forte perché siamo sempre stati onesti uno con l'altra ed abbiamo superato le nostre difficoltà, sia fra noi sia quelle che il mondo ci metteva sotto forma di bastone fra le ruote della bicicletta.» Si prende una pausa e guarda con la fronte aggrottata la mia mano, come se stesse cercando di fare mente locale. Non riesco a fare né dire niente, sono avida di dettagli, voglio capire questa storia una volta per tutte.
«A diciassette anni, quando Annabelle ne aveva quattordici, la nostra "relazione" era sempre allo stesso punto, finché lei non mi propose di andare a letto insieme.» Il mio stomaco si contrae. Ora arriva la parte dolorosa. «Al contrario di quanto ancora tutt'oggi crede Jace, non siamo mai stati insieme, era un brutto periodo per lei, e si è scusata subito dopo. Allora è finito tutto, la nostra relazione intendo.» Tutta l'aria che trattenevo nei polmoni fuoriesce in un sospiro sollevato.
«E allora...» provo a dire, ma Drew mi precede.
«Perché Jace ce l'ha tanto con me? Per la storia di Candace. Anche qui lui si è rifiutato di credere alla verità, perché io non ci sono mai andato a letto, lei mi ha mollato quando stava per succedere perché...» Si blocca e scuote la testa, ma per me è già tanto.
«Ma allora...» inizio a dire, ma mi interrompe di nuovo.
«Sono uno sciupafemmine? No, la vedo dura dato che sono vergine. Non mi sono mai spinto oltre qualche fugace toccatina.» Un sorriso storto gli si dipinge sulle labbra. Sono troppo scioccata per dire qualunque cosa, questa non me l'aspettavo affatto.
«Sei... sei cosa?» balbetto, sedendomi di fronte a lui con le gambe incrociate.
«Vergine» ripete ridacchiando.
«Ma... la storia delle ragazze della sera... non capisco, Drew.» Mi sfrego il volto, perché tutto questo non ha un senso logico.
«Solo baci e qualche... insomma...» si gratta imbarazzato la nuca e distoglie lo sguardo dai miei occhi. Okay, ora che ho capito a cosa si riferisce potrei vomitare.
«Aspettavo una persona speciale» aggiunge, tornato improvvisamente serio. «...solo che non è mai arrivata» sussurra pianissimo, e non mi spingo a chiedergli cosa intende nonostante la mia curiosità, perché ciò che mi ha detto è già abbastanza. Adesso non ho le forze per ricostruire tutto il puzzle, ma domani mattina sicuramente cercherò di tracciare un percorso in tutto questo casino. Non ho voglia di poggiarmi di nuovo contro la spalliera, così mi appoggio contro il suo petto e mi rannicchio fra le sue gambe, spostando i pop corn. Le braccia di Drew si poggiano sui miei fianchi, poi una delle sue mani scivola fra i miei capelli e me li carezza dolcemente.
«Posso farti una domanda?» chiede. So che non sarà nulla di buono, ma con tutto quello che mi ha confessato si merita almeno questo. Annuisco. «Non ti mancano i tuoi? Nel senso... non ti senti un po' spaventata ad essere così lontano da casa da sola?»
È un colpo davvero doloroso, ma mi sforzo di rispondere, ascoltando il suo cuore per tranquillizzarmi.
«Mio padre è uno stronzo e mia madre è morta quando avevo tredici anni.» Senza che riesca ad evitarlo la mia voce si incrina quando nomino mia madre.
«Mi dispiace tanto» Drew mi bacia i capelli, e ciò vale molto di più delle parole.
«A volte mi manca come l'aria quando sei sott'acqua» questa frase attraversa le mie labbra, non la fermo perché dirlo a qualcuno mi fa sentire meglio.
«Ti capisco» sussurra, e accompagnata dalle sue carezze chiudo gli occhi. «Ti capisco benissimo.»
Un sonno dolce si impossessa di me e fa svanire ogni cosa, tranne le braccia di Drew che mi stringono contro il suo petto in un abbraccio silenzioso.

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