Apro lentamente gli occhi e metto a fuoco quello che ho davanti. Quasi mi prende un infarto quando mi rendo conto che non sono nella mia camera e che non ho davanti il mio armadio bianco, ma una scrivania marrone, poi mi ricordo perché sono qui e tiro un sospiro di sollievo. Ancora non riesco a crederci.
Rilassata ed ancora assonnata mi volto dall'altra parte. Prima che possa chiudere gli occhi, qualcosa che lampeggia attira la mia attenzione.
Apro pigramente gli occhi con l'intenzione di farlo smettere.
Oh merda! Sgrano gli occhi e schizzo in piedi, diretta in bagno.
Sono le otto e mezza! Ho lezione fra mezz'ora! Con la fortuna che mi ritrovo la mia prima lezione è di chimica, che guarda caso si trova proprio dall'altra parte del campus, dieci minuti a piedi. Fantastico. Davvero fantastico.
Dopo essermi fatta la doccia più veloce della mia vita, afferro un vestito verde - dato che fa ancora caldo - non perché mi piacciano i vestiti, anzi, ma perché è la prima cosa che trovo e mi trucco in zero virgola tre secondi.
Alle otto e quarantasette sono pronta. Afferro la borsa, corro in cucina facendomi la coda, - dato che ho i capelli bagnati perché non ho potuto asciugarli - afferro una mela e sono per strada alle otto e quarantanove. Ho undici minuti per arrivare in tempo.
All'inizio cammino velocemente, ma poi mi rendo conto che non ce la farò mai, così presa dalla disperazione mi metto a correre.
A metà strada mi arriva un messaggio, così non potendomi fermare tiro fuori il cellulare e, con non so quale coordinazione, continuo a correre e nel frattempo leggo il messaggio. Prima di partire avevo dato il mio nuovo numero solo ad una persona: Lena. La persona di cui più mi fidavo a Sydney e a cui avevo confessato di voler fuggire. Mi ha promesso che mi avrebbe seguita non appena avesse finito il liceo. Anche lei vuole andarsene ed allontanarsi il più possibile dal mondo che ci circondava in Australia.
Strano che sia ancora sveglia, da lei è mezzanotte.Allora, com'è il Kentucky?
In un altro estremo gesto di coordinazione le rispondo.
Al momento sono in estremo ritardo per la lezione di chimica e sto correndo come una pazza per il campus per arrivare in tempo. Evitare di attirare l'attenzione non fa proprio per me.
Sto per premere invio, ma mi accorgo di non avere più il telefono in mano. E non vedo nemmeno più la sagoma dell'edificio di chimica di fronte a me.
Un dolore lancinante alla spalla mi costringe a girare la testa, e mi accorgo di essere distesa sull'erba.
«Ma che diavolo...» mormoro alzandomi.
«Ma che ti passa per la testa!?» una voce isterica mi perfora un timpano.
Alzo confusa lo sguardo ed incontro due occhi dello stesso colore del ghiaccio che mi squadrano colmi di rabbia. «Sai quanto costa questo vestito? Probabilmente quanto tutto ciò che hai nell'armadio!»
Assimilo lentamente ciò che dice, ancora frastornata. Quando realizzo, mi ricompongo e la squadro.
Ho davanti una ragazza con due gambe chilometriche ed un fisico degno di una modella, che farebbe invidia persino a Kate Moss. Sul suo bel vestito color carne c'è un'enorme macchia marrone, di terra. Trattengo a stento una risata.
«Mi stai ascoltando? Guarda dove vai, dannazione!» dice irritata gettando i lunghi e curati capelli castani dietro le spalle magre.
Decido che mi sono stancata di starla ad ascoltare, ed il cerchio incredulo che ci si è creato attorno è l'ultima cosa che desidero.
«Senti» dico tranquilla chinandomi per raccogliere il cellulare, l'artefice di tutto questo casino. «Non volevo venirti addosso, se vuoi il vestito te lo lavo e te lo riporto, ho con me dei pantaloncini ed una maglietta, puoi prenderli e metterli per oggi, domani ti ridò il vestito e fine della storia, okay?» chiedo cercando di essere gentile e di chiudere al più presto questa storia.
Le sue mani tremano di rabbia repressa, la stessa nella sua voce. «Okay? Okay?! Io non li voglio i tuoi dannati vestiti di seconda mano, chiaro?! E devi stare a minimo tre metri dal mio vestito, è uno Chanel, e di sicuro non permetterò ad una sbadata come te di metterci le mani sopra, dannazione!» urla.
Sento ogni muscolo gelarsi e l'irritazione salirmi alle stelle. «Fate come volete, principessa, scusate se ho osato offendervi in qualche modo» la schernisco e la supero dandole una spallata e facendomi largo fra la folla che si era raggruppata attorno a noi.
«Tu non mi volti le spalle così, io sono Annabelle Royal, brutta stronza!»
Mi fermo di botto e mi giro di scatto arrivandole fin sotto la punta del naso.
«Non mi interessa chi cazzo sei, piccola smorfiosa riccona, chiaro?!» sibilo e la vedo ridurre gli occhi a due fessure. «Tu non porti rispetto a me ed io non ne porto a te. Per me questo è un capitolo chiuso. Io ti evito, e tu fai bene ad evitare me» dico ed è ciò che penso. Non ho alcuna intenzione di farmela nemica o altro, voglio solo che mi ignori.
«Ti sei segnata la tua fine» sibila e si gira, seguita da altre due spilungone che non avevo notato, una bionda ed una rossa, entrambe tinte.
Alzo gli occhi al cielo ed accelero verso l'edificio di chimica. Accendo il cellulare e lancio un'occhiata all'ora. Merda! Sono le nove e cinque.
Sospiro. Non voglio entrare in ritardo, così compongo il numero di Lena e mi rifugio in uno sgabuzzino che trovo al piano superiore dell'edificio. Chimica non è poi così importante.
«Lizzie!» esclama dopo un paio di squilli.
Sospiro e mi lascio scivolare lungo il muro, facendo cadere spazzoloni e rotoli di carta igienica, trovando conforto nella sua voce dolce e rassicurante. «Ehi.»
«Allora, sei riuscita ad arrivare a lezione?» chiede retorica. Sa che la risposta è no, perché le sto parlando.
«Ho avuto un piccolo imprevisto» le racconto dello scontro con Annabelle Royal e quando termino di parlare, Lena scoppia a ridere.
«Mi ricorda le snob che sculettavano sempre nei corridoi quando facevamo il primo liceo. Ti ricordi quella smorfiosetta... Uhm... Ah, sì! Corinne?»
Rido al pensiero. Corinne era una mora con due grandi occhioni scuri che si faceva sempre i ragazzi nei bagni, il suo aspetto innocente faceva cadere in trappola parecchia gente, ma in realtà era una vipera. Torturava sempre le ragazze matricole, come me e Lena, sfottendole per come si vestivano o per il loro fisico o per qualunque difetto. Ci aveva torturato per un anno, poi per fortuna si era diplomata ed era andata a fare l'università in Svezia.
«Come dimenticarla.»
«Allora» cambia discorso Lena. «Come va?»
Sospiro e ripenso alle ultime ventiquattr'ore. Sto per rispondere "Tutto sommato bene", quando mi vengono in mente Drew ed i suoi occhi verdi. Sospiro a fondo e sento Lena esclamare un «no!» incredulo dall'altra parte del telefono.
«Ti sei innamorata, Lizzie?» chiede, e quasi quasi riesco a vedere le sue sopracciglia che si alzano e si abbassano ammiccanti.
«No» dico seccata alzando gli occhi al cielo. Il fatto che Drew Anderson mi scombussoli così tanto non significa che lo ami. Né mai lo amerò. Io non sono capace di amare.
«Come si chiama il fortunato?» chiede sempre con quel tono irritante.
Questo non significa che non possa ammettere che è un figo da paura. «Si chiama Drew. Alto, carnagione ambrata, occhi verde smeraldo, capelli castano ramato, sorriso splendente... Insomma, la perfezione» dico sognante. Mi do mentalmente uno schiaffo. Okay ammettere che è figo, ma ora sto esagerando. Mi convinco che non è nulla di così eccezionale. Avrei reagito così con qualsiasi altro bel ragazzo. Spesso ci divertivamo a fare apprezzamenti sui ragazzi, a Sydney.
Lena emette un fischio di approvazione dall'altro capo del telefono. «Un dio greco in pratica» scoppia a ridere. «Sei fottuta.»
Sbuffo e dico acida. «Non sono fottuta, su di me non ha alcun effetto, ci sono migliaia di ragazzi più belli di lui.»
Seguono cinque secondi di silenzio in cui realizzo la cazzata enorme che ho detto. Lena scoppia improvvisamente a ridere e non la finisce più.
«Ehi!» esclamo offesa. «Smettila.»
«Liz» dice dopo un paio di respiri profondi. Oh no. No, no, no. Mi preoccupa il suo tono serio. «Mettendo da parte Drew per un attimo, non sarebbe così grave se ti innamorassi. Cioè, ti aiuterebbe. Insomma, sei una ragazza stupenda, te lo meriti.»
Sorrido al suo tono dolce, ma scuoto la testa. «Lena, non ho bisogno e non voglio un ragazzo per vivere. Sto alla grande da sola, e poi l'amore non esiste, ogni cosa è passeggera, nulla è certo.»
«Non voglio farti la lezione, ma non voglio che tu lo pensi per via del tuo passato.» dice cauta, come se abbia paura che possa rompermi da un momento all'altro.
«Non c'entra niente il passato, semplicemente voglio vivere la mia vita senza dover rendere conto a nessuno.» rispondo tranquilla.
Non è del tutto vero. Il passato ormai è un punto lontano, ma è pur sempre lì, la ferita è ancora aperta e non cicatrizzerà mai, perché continuerà sempre ad influire su di me, sulle mie azioni, su ciò che sono adesso. Solo che mentre a tredici anni cercavo di sfuggirgli, ormai, dopo sei anni, ho imparato a conviverci.
«Come vuoi, ma credo che tu debba anche darti una chance» la voce di Lena è tesa. O ha paura di ferirmi, o è contrariata. O tutte e due insieme.
«Cos'hai?» le chiedo aggrottando le sopracciglia.
Sospira e poi parla con voce triste. «So che non è vero che non c'entra nulla il passato, sennò non saresti scappata, ma il fatto che tu cerchi di vedere il lato positivo è una buona cosa. Però... non sono d'accordo. L'amore non sarà eterno, ma è un sentimento che tutti proviamo prima o poi, non puoi sfuggirgli, per quanto cerchi di farlo.»
Resto interdetta. «Che significa?»
«Non importa, non importa» si affretta a dire. «Comunque» il suo tono di voce scherzoso spazza via la precedente tensione. «Devo andare, che Hazel sta per dire a Gus che è una granata, e da qui inizio a piangere e non mi fermo più» ridacchia.
«Ti lascio alle tue disperazioni. Buona fortuna per ripulire tutti i fazzoletti che spargerai in giro per la stanza» rido.
«Grazie, Lizzie. Ti augurerei anche io buona fortuna se non fosse che hai saltato la lezione, dunque non hai bisogno di fortuna» dice con finto tono di rimprovero.
«Ehi, ehi, non volevo arrivare in ritardo» mi giustifico.
Sospira. «Giustificazione accettabile. Ci vediamo dai, fai la brava!»
Rido ed alzo gli occhi al cielo. «Promesso, ciao Lena.»
Ho appena chiuso la chiamata e già mi manca la sua voce. Sospiro ed appoggio la testa contro il muro.
Innamorata? Di Drew Anderson? Mi esce una risata. Non accadrà mai. Il fatto che sia estremamente bello non significa che debba piacermi. Il problema non dovrebbe nemmeno sorgere, visto che lo conosco da un giorno!
Suona la campanella e mi alzo in piedi. Mi sento un po' patetica per essere fuggita davanti alla prima difficoltà, ma non volevo attirare da subito l'attenzione, come è successo in giardino. Dio mio, che snob quella Annabelle!
Pensa positivo e non farti rovinare la giornata da queste stronzate, mi ripeto e raccolgo la borsa. Sto per muovere un passo in avanti, quando la porta si apre e due figure entrano nello sgabuzzino, mentre la porta si richiude rapida dietro di loro.
Resto pietrificata.
Oh merda.
Un rumore di baci e gemiti giunge alle mie orecchie, facendomi andare in panico. Ed ora?
Indietreggio fino ad appoggiare le spalle al muro. Sento qualcosa premermi contro la schiena, poi uno scatto e la luce illumina lo sgabuzzino, rivelandomi l'identità delle due figure.
Non ci posso credere. Non ci voglio credere.
«Ancora tu!» esclama la ragazza con voce acida.
Annabelle e... Drew.
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Friends
RomanceLiz Jones si è appena trasferita dalla popolosa Sydney, in Australia, alla tranquilla Louisville, nel Kentucky, America. Più che essersi trasferita, è scappata da un passato di violenze e alcolismo. Non le piace farsi mettere i piedi in testa da nes...