6. La festa

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Guardo l'orologio per la ventisettesima volta in un minuto. Sono tremendamente, estremamente nervosa per la festa di questa sera. In più sono le sette e di Jace ancora nessuna traccia. E se mi avesse dato buca? E se si fosse fatto male scendendo le scale? Se fosse rimasto bloccato nell'ascensore? Eppure la cena di lunedì mi sembrava che fosse andata bene, avevamo riso, scherzato, parlato dei nostri hobby, guardato un altro film... Mio Dio, dovrei seriamente smetterla. Tutta l'ansia che accumulo ogni singolo giorno mi finirà dritta dritta sotto gli occhi, sotto forma di zampe di gallina.
Sospiro e resisto alla tentazione di guardare l'orologio per la ventottesima volta. Per distrarmi faccio correre lo sguardo lungo la piccola libreria accanto alla porta della mia camera. Mi alzo e sfioro con le dita i volumi ordinati perfettamente per genere. Sono una persona estremamente disordinata in qualunque cosa, ma i libri li sistemo alla perfezione, è una fissa che ho sin da piccola.
Mi soffermo su Dieci piccoli indiani ed afferro il vecchissimo volume del 1985. Era di mia madre, lo aveva comprato per il suo quindicesimo compleanno, era un'amante dei gialli e dei thriller, proprio come me. Sento già le lacrime pungermi gli occhi. Apro delicatamente il libro e mi immergo nelle parole di Agatha Christie, dimenticandomi di Jace, della festa, di Louisville...

«Dieci poveri negretti/se ne andarono a mangiar:/uno fece indigestione,/solo nove ne restar./Nove poveri negretti/fino a notte alta vegliar./uno cadde addormentato,/otto soli ne restar./Otto poveri negretti/se ne vanno a mangiar:/uno, ahimè, è rimasto indietro,/solo sette ne restar./Sette poveri negretti/legna andarono a spaccar:/un di loro s'infranse a mezzo,/e sei soli ne restar./Sei poveri negretti/giocan con un alvear:/da una vespa uno fu punto,/solo cinque ne restar./Cinque poveri negretti/un giudizio han da sbrigar:/uno lo ferma il tribunale,/quattro soli ne restar./Quattro poveri negretti/salpan verso l'alto mar:/uno un granchio se lo prende,/e tre soli ne restar./Tre poveri negretti/allo zoo vollero andar:/uno l'orso ne abbrancò,/e due soli ne restar./I due poveri negretti/stanno al sole per un po':/un si fuse come cera,/e uno solo ne restò./Solo, il povero negretto/in un bosco se ne andò:/ad un pino s'impicco,/e nessuno ne restò.» Mia madre alza gli occhi castani dal libro e li punta nei miei. «Allora, ipotizziamo: chi e come morirà ora?»
Mi mordicchio il labbro inferiore e mi sporgo verso di lei per guardare la filastrocca sul libro. Aggrotto le sopracciglia e rifletto sul possibile prossimo omicidio/suicidio.
«Sono a casa» mio padre entra in salotto e lascia la giacca sul divano accanto al camino, si china a baciare la mamma e poi mi scompiglia i capelli.
«Che fate?» ci chiede allentandosi la cravatta. Lavora come avvocato e sta davvero poco in casa, in questo periodo fortunatamente lo vedo più spesso.
«Leggiamo un giallo» sorride mia madre e si alza. Mio fratello si catapulta in salotto e si lancia in braccio a nostro padre.
«Ciao campione!» esclama papà e lo fa scendere.
«Ciao papà!» esclama Sam con gli occhi luccicanti di felicità.
«Josh, inforni la lasagna?» chiede mamma carezzandogli un braccio e sfilandogli la cravatta.
«Certo, mia signora» sorride lui baciandola delicatamente.
«Ew» fa disgustato Sam sedendosi sul divano accanto a me. Ridacchio. Io li trovo così carini.
Papà scompare in cucina e la mamma al piano di sopra, io e Sam apparecchiamo il tavolo.
«Ma quindi andiamo in vacanza in Germania?» chiede Sam alla mamma quando torna in sala da pranzo.
«Non lo so tesoro, bisogna vedere che impegni ha papà» sospira lei finendo di apparecchiare. È la milionesima volta che Sam fa questa domanda, e la milionesima volta che la mamma dà questa risposta.
«Dai Sammie, ti prometto che farò tutto il possibile per essere disponibile, così possiamo partire» lo rassicura papà scompigliandogli i folti capelli neri uguali ai suoi. Sam è la fotocopia di papà: capelli neri e occhi azzurri; io invece quella della mamma: capelli biondi e occhi castani.
Sorrido quando suona il timer e mi siedo a tavola fra papà e Sam. La mamma arriva quasi subito con la lasagna soffice e calda e sorride felice.
Sono davvero contenta di vivere con la mia famiglia, sono le persone più importanti che ho e le più speciali che conosco, nessuno le sostituirà mai.

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