27. Passato

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Annabelle ci osserva tutti negli occhi con la solita espressione di ghiaccio. Sono impaziente di sapere ciò che è successo, ma lascio correre lo sguardo lungo il legno della casa, affascinata dai ricami raffinati sul soffitto, mi soffermo sulle poltrone bordeaux, sui tavolini di vetro, sul pavimento di parquet scuro, poi torno a guardare gli occhi di Annabelle, che hanno seguito ogni mio movimento. Sta cercando di comunicarmi qualcosa, ma non riesco a capirla.
«Voi lo sapevate?» chiede Jace a Drew, squarciando il silenzio di attesa.
«Secondo te, brutto idiota?» risponde bruscamente lui, Annabelle ne approfitta per tirare fuori il telefono e scrivere un messaggio velocissimo. Il mio cellulare vibra in tasca, lo prendo e leggo:

Ho bisogno di stare da sola, falli andare via.

Alzo lo sguardo dal messaggio e lo poso su Drew e Jace, che si fissano in modo truce. Non sarà facile. L'atmosfera è molto pesante.
Per tutto il tempo in cui ho fissato gli occhi di Annabelle mi sembra che il tempo si sia fermato, come se ci fossero solo quelle iridi ghiacciate e il silenzio che le circonda. Se solo Annabelle rompesse le sue difese, quegli occhi parlerebbero da soli, per i pochi attimi in cui ho potuto guardarli veramente ho visto tanta rabbia trattenuta, dolore, voglia di riscatto, e mi chiedo come faccia a tenerli sempre sotto chiave, perché io non ce la faccio.
«Ragazzi, il vostro scontro non giova ad Annabelle, credo che sia meglio che usciate.» Diciamo che è la cosa migliore che mi sia venuta in mente. Mi osservano entrambi confusi, allora cambio strategia e mi alzo io. «Lasciamola semplicemente stare.»
«Ma...» dicono Drew e Jace contemporaneamente, io gli lancio un'occhiataccia e loro escono fuori dopo di me.
Mi appoggio alla parete della villetta, fisso lo specchio d'acqua che viene perforato dalle gocce di pioggia, e mi chiedo quanto sarebbe piaciuto a mia madre. Lo avrebbe amato senz'altro, riesco ad immaginarla seduta su una sedia al tramonto a sfogliare le pagine di un libro, con una tazza di tè sulle ginocchia e mio padre seduto accanto a lei che sfoglia le sue cartelle alla ricerca di qualche documento, e riesco ad immaginare me e Samuel, mio fratello, correre lungo la spiaggia per cercare di prenderci. Sarebbe stato tutto proprio così, perfetto, se solo mia madre non si fosse ammalata e non ci avesse abbandonato nel giro di un anno. Sarebbe stato tutto proprio così se solo mio padre non fosse caduto in depressione. Sarebbe stato tutto proprio così se solo mio fratello non fosse diventato violento. Sarebbe stato tutto proprio così se solo ci fossimo ricordati di essere una famiglia, perché questa è la sola cosa che la mamma avrebbe voluto, eppure abbiamo fallito totalmente. E adesso sono in una stupida città abbandonata perché ho scelto di fuggire, sono in una casa sul lago, proprio dove sarei voluta essere, ma senza le persone con cui sarei voluta essere, perché di loro non mi resta più nulla da amare. Ed è così dannatamente triste.
L'unica cosa di cui sono fiera è di non stare piangendo come una fontana mentre contemplo il paradiso che ho sempre voluto senza poterlo raggiungere, perché posso realizzare il sogno di mia madre, e lo farò, ma non sarà mai la stessa cosa.
«Va tutto bene?» la voce profonda e dolce di Drew mi solletica l'orecchio, ricordandomi che almeno una cosa bella in tutto questo c'è.
Annuisco senza staccare gli occhi dall'acqua.
«Andiamo a casa.» Drew mi afferra la mano, e mi ricordo di non essere qui per me, perché sono sicura che Annabelle non vuole davvero rimanere sola.
«Voi andate, io verrò più tardi» cerco di tirare via la mano dalla sua, ma lui non mi lascia andare.
«Sei per caso impazzita? Sono quasi venti chilometri da casa di Annabelle, e sta piovendo.»
«Mi faccio venire a prendere da Tyler più tardi» dico continuando a tirare, ma Drew scuote la testa.
«Se vuoi provare a parlare con Annabelle io ti aspetto in macchina.»
Mi mordo il labbro, fissando prima la porta e poi lui. Non voglio che entri mentre cerco di comunicare con lei.
«Va bene, però rimani in macchina» accetto infine.
«Okay» annuisce, poco convinto, e mi lascia andare. Scambio un'occhiata con Jace, che passa accanto a Drew e mi abbraccia.
«Ti voglio bene Lizzie, non farlo se non te la senti.» So cosa vuole dire, ne abbiamo parlato spesso nelle ultime settimane. Parlare con Annabelle significa prendere un pezzetto di lei, ma anche concederle un pezzetto di me, lo ha detto proprio lei che non posso pretendere che le persone si aprano con me se non lo faccio con loro, ed io voglio farlo con lei, voglio sapere cosa c'è sotto la corazza.
«Me la sento» rispondo sicura.
«Ci vediamo domani» mi sorride dolcemente e si allontana verso il bosco da cui siamo sbucati io e Drew. Quest'ultimo osserva Jace finché non svolta fra le piante e poi torna a guardare me. Non dice niente, non fa niente, e nonostante questo il mio cuore prende a sbattere contro la cassa toracica. Mi accorgo che ha alzato una mano solo quando le sue dita mi sfiorano la guancia, per poi circondarla completamente. Drew fa un passo verso di me, io sono completamente paralizzata, sento solo il battito del mio cuore nelle orecchie e il rumore della pioggia che si infrange sulla superficie del lago. Il suo naso scivola delicatamente lungo il mio e le sue labbra sono ad un millimetro dalla mia bocca. Sospira piano, solleticandomi le labbra, poi unisce le nostre bocche in un bacio che mi scalda il petto e mi fa riprendere la circolazione alla velocità della luce. Prendo coraggio e faccio scivolare le braccia dietro al suo collo, sento i suoi muscoli snelli e forti scivolarmi sotto i polpastrelli. Drew infila una mano fra i miei capelli e me li scosta dal viso, senza mai spostare l'altra dalla mia guancia. Non credo di aver mai provato niente di più bello in tutta la mia vita. Poggio la fronte contro la sua, piacevolmente stordita, e non faccio troppo caso alla bocca di Drew che scivola lungo il mio collo fino alla clavicola. Solo quando sento un lieve dolore mi rendo conto che mi ha fatto un succhiotto. Lo spingo indietro con gli occhi sgranati.
«Tu sei pazzo!» esclamo, ma sono poco credibile poiché sto ridendo.
«Sono solo...» Drew si blocca a metà frase e scuote la testa. È solo cosa? «Ti aspetto in macchina Formaggino» mi fa l'occhiolino e si allontana, lasciandomi con la curiosità da soddisfare. Quando mi rendo conto di essermi paralizzata a fissare le sue spalle allontanarsi sotto la pioggia decido che è il momento di tornare alla realtà, i miei sentimenti per Drew sono un problema che ora devo posticipare.
Torno all'interno della casa, che ora è immersa in un silenzio ancora più inquietante di quello di prima. Annabelle è scomparsa dalla sua poltrona, ma rintraccio le orme che hanno lasciato le sue scarpe bagnate sul parquet. Le seguo e finisco in una stanza bellissima ed arredata sempre con lo stesso stile in legno nel cui centro c'è un pianoforte a coda nero che è davvero maestoso. Mi soffermo qualche secondo ad osservare il legno scuro che brilla riflettendo la pioggia. Mio padre era bravissimo a suonare il piano, faceva delle serenate stupende alla mamma quando tornava dal lavoro. Sorrido nostalgica, e continuo a seguire le orme di Annabelle. La malinconia torna man mano che attraverso stanze e corridoi che avevo immaginato in lunghi pomeriggi d'inverno con mia madre. È proprio tutto ciò che avevamo sempre sognato.
Le orme si fermano di fronte ad una porta in delicato legno di ebano con le rifiniture d'oro. Busso e non risponde nessuno, non proviene alcun suono dall'altra stanza. Ancora più preoccupata apro piano la porta, che emette un cigolio che mi sembra molto più rumoroso di quanto lo è in realtà, e mi affaccio dalla soglia. Annabelle è di schiena, seduta sul letto, si tiene le ginocchia al petto e guarda fuori dalla finestra. I capelli le sfiorano le spalle magre in una cascata di boccoli, prima non ci avevo fatto caso, deve esserseli asciugati.
«Ehi» dico cauta.
«Vattene, Liz, l'ultima cosa di cui ho bisogno sono i tuoi insulti, in questo momento» sono abbastanza sicura, per quanto conosco Annabelle, che si stia sforzando per mantenere un tono freddo e minaccioso, ma la sua voce l'ha tradita, incrinandosi sulla fine.
Mi attacco allo stipite e chiudo gli occhi. Potrei distruggerla in questo momento. Basterebbe una parola e la farei crollare. Potrei finalmente avere la mia rivincita su di lei...
Sospiro ed apro gli occhi. Potrei, ma purtroppo so cosa significa sentirsi soli al mondo, e so cosa sta provando Annabelle, perché io l'ho provato per un anno intero, prima di conoscere Lena.
Entro nella stanza e chiudo la porta, avvicinandomi al letto. Annabelle scatta in piedi, continuando a darmi la schiena. «Ti ho detto che non sono in vena di sentire te che mi dici che è quello che mi merito, okay?!»
Scuoto la testa e mi siedo sul letto. «Sai, le persone che si dimostrano più affettuose ed amorevoli con te davanti agli altri in genere sono le meno affidabili. Non lo dico a caso, l'ho sperimentato abbastanza bene dopo che mia madre è morta. Tutti mi stavano accanto, tutti mi adoravano, tutti erano dispiaciuti per me, poi quando crollavo ed avevo davvero bisogno che mi stessero accanto, non c'erano. Le persone non sono mai come ce le aspettiamo, e nessuno ti vuole così bene da metterti al primo posto nella propria vita. Ognuno ha se stesso al primo posto.»
Annabelle fa il giro del letto e si siede accanto a me. Mi guarda. Ha tutto il mascara sbavato sotto gli occhi ed i capelli sono legati in uno chignon estremamente disordinato. Diciamo che ha più capelli intorno al viso che nello chignon. I suoi occhi azzurri sono lucidi e stanchi. Mi spaventano ancora. Sono così simili a quelli di mio fratello. Freddi, calcolatori, distruttivi. Eppure adesso sono due porte aperte, mi sembra di stare guardando l'anima di Annabelle, le emozioni le attraversano nitidamente le iridi, non c'è alcuno scudo di ghiaccio a nasconderle. Distinguo, sopra a qualunque altra, il dolore. Sono ormai bravissima a riconoscerlo nello sguardo delle persone.
Lei mi osserva per quello che mi sembra un tempo interminabile, poi scuote la testa e sospira. «Mi dispiace. Per tutta quanta la storia con Drew, intendo. So che ti piace» la sua voce ha davvero una nota dispiaciuta. Non ci posso credere.
«Beh... Non mi piace poi così tanto. Siamo amici» puntualizzo imbarazzata.
Annabelle scoppia in una risata stanca. «Mi sa che non hai mai visto la tua faccia quando lo guardi o quando ti parla. Sembri completamente dipendente da quello che dice o fa.»
Resto pietrificata. È davvero così? Sento il mio cuore pulsare contro la gabbia toracica. Le mani prendono a tremarmi e sento il sangue defluire dal volto.
«Liz?» chiede Annabelle alzandosi allarmata. «Va tutto bene?»
Si china alla mia altezza e mi posa una mano in fronte. «Sei pallidissima.»
Sento il sudore freddo colarmi lungo la fronte, fino al collo. Sto avendo un attacco di panico.
«Liz!» esclama Annabelle e mi scuote dalle spalle.
Corre da qualche parte in questa enorme casa e torna con un bicchiere d'acqua. «Bevi. Bevi dannazione!»
Afferro il bicchiere e butto giù l'acqua. Lo appoggio tremando sul comodino e mi porto entrambe le mani al viso, sfregando la pelle. Sento lacrime salate bagnarmi i polpastrelli. Inizio a singhiozzare e mi rannicchio sul letto di Annabelle. I ricordi sono davvero troppo dolorosi, e questa casa li amplifica.
Una mano mi carezza goffamente il braccio. «Dovrei essere io quella in lacrime» borbotta, ma riesco ugualmente a sentirla.
Dopo minuti che mi sembrano ore, mi calmo. «Come siamo ridotte» mormoro guardando il soffitto ed asciugandomi le ultime lacrime.
«Mi dici cosa è appena successo, per favore?» la faccia di Annabelle è la maschera della confusione.
Sospiro. Ormai non ho vie di fuga. Un pezzetto per un pezzetto.
«Non voglio dipendere da Drew» sussurro evitando accuratamente di guardarla.
«E cosa significa questo?» chiede.
Mi sforzo per pronunciare ogni singola parola. «Non voglio che mi piaccia.»
«Perché?»
Ed ecco la domanda che temevo di più. Quella a cui devo rispondere con una verità tremenda ed irreversibile.
Chiudo gli occhi e sento il mio passato avvolgermi e consumarmi, distruggendo ogni difesa che mi sono costruita fino ad oggi. Non posso cancellare quello che mio fratello mi ha fatto, non posso cancellare la sofferenza, gli anni dallo psicologo, l'adolescenza disastrosa e contornata da presenze pericolose e sbagliate, non posso cancellare ciò che è stato, e questa è l'evidente dimostrazione che continuerà a distruggermi.
Annabelle sospira e si sdraia accanto a me. «Se non vuoi dirmelo va bene, anche io ho dei segreti, a partire dalla mia vita "perfetta".»
Incuriosita mi giro su un fianco ed aspetto che Annabelle parli. Si prende un paio di secondi, poi inizia il discorso: «Immagino tu sappia cosa è successo fra me, Jace e Drew.» Annuisco. «Bene, Drew durante la mia adolescenza è stata l'unica persona davvero presente.» Fa un'altra pausa, ma non voglio metterle fretta e lascio che si prenda tutto il tempo che le serve.
«Io... Insomma... Immagino tu sappia anche che i miei genitori sono morti.» Annuisco di nuovo, sentendo il cuore stringersi. «Beh, non nel modo in cui la notizia è stata venduta ai giornali. Mio padre lavorava sempre tantissimo e non era mai in casa, aveva forti attacchi di ansia ed era costantemente stressato. Non aveva mai voluto prendere alcun farmaco nonostante mia madre glielo ripetesse tutti i giorni. Lo vedevo a malapena una volta al mese.» Non mi ha mai guardata negli occhi, deve essere davvero doloroso per lei. Io sono abbastanza sconvolta già da queste rivelazioni. «Circa due anni dopo, quando io avevo sedici anni e mia sorella Hamely quasi quindici mio padre ha iniziato ad abusare di eroina. Tutte le volte che tornava a casa si comportava in modo strano, barcollava, si sedeva sul divano e fissava a terra, non importava quanto io e Hamely potessimo pregarlo, lui non si muoveva. Poco dopo è morto di overdose.» Un nodo mi si forma sempre più grande in gola, impedendomi di respirare. Annabelle sospira, sempre evitando il mio sguardo. «Da quel periodo in poi mia mamma è caduta in depressione e nel giro di sei mesi si è suicidata. Poiché la sua famiglia è estremamente ricca e ci tiene molto alla propria immagine si è rifiutata di far apparire mia madre sui giornali come una suicida, così è uscita fuori la storia dell'omicidio-suicidio.» Non ho nulla da dire, perché il dolore che ho provato io è stato tanto, ma la storia di Annabelle è davvero devastante. Almeno ha e aveva sua sorella. A proposito...
«Dov'è ora tua sorella?» chiedo curiosa.
«Quando i miei sono morti siamo entrambe andate a vivere con i nostri nonni a Chicago, prima vivevamo un po' fuori dalla città, a circa trenta chilometri, ma poi ci siamo avvicinate. Era il periodo più buio della mia vita, mi sentivo triste, distrutta, l'unico che mi stava sempre accanto era Drew. Veniva a trovarmi tutti i fine settimana da Louisville, poi ha iniziato a venire tutte le settimane, tornava in facoltà solo per dare gli esami. Jace ha iniziato ad essere invidioso perché pensava che noi ci divertissimo insieme, ma in realtà io e Drew stavamo seduti ore ed ore al parco a parlare, lui mi è stato accanto mentre tutti gli altri non si sono presi il peso, ma non gliene faccio una colpa, perché una persona nella mia situazione non è facile da sostenere.»
«Le persone che ne hanno bisogno andrebbero aiutate, Annabelle, non messe da parte perché considerate un peso.» Annabelle non risponde e fissa il soffitto, forse pensando a cosa dire dopo.
«Il vero problema è che ho perso completamente la mia dignità. Uscivo con i peggiori ragazzi del quartiere e lasciavo che mi facessero tutto ciò che volevano, credevo di meritarmelo perché ero stata inutile per la mia famiglia.» È tutto così tremendamente ingiusto, ma ciò che mi interessa davvero è sapere di Gale. Com'è iniziato tutto?
«E Gale?» domando infatti, voglio una risposta definitiva ed una spiegazione. Annabelle si guarda un attimo le mani, poi riporta lo sguardo verso il soffitto. La sua voce si è abbassata notevolmente.
«L'ho conosciuto quando ho fatto l'orientamento per l'università, ci siamo messi insieme quasi subito. All'inizio sembrava quello giusto, ma poi ha iniziato ad alzare il gomito, e poi ad alzare le mani, ma io me lo merito Liz, sono la persona peggiore al mondo.» Lacrime copiose le scivolano lungo le guance, e allungo un dito per asciugargliele.
«Non sei affatto la persona peggiore al mondo Annabelle, e lo testimonia il fatto che hai rinunciato a Jace perché ti sentivi troppo per lui – nonostante a lui tu piaccia proprio così come sei –, e che ti sia scusata con me per la storia di Drew, e che tu sia sempre disponibile per lui. Sei una persona fantastica.» Le sorrido quando finalmente volta la testa verso di me. La vera sorpresa arriva quando si sporge verso di me e mi abbraccia, singhiozzando contro il mio stomaco.
«Io-io vorrei solo essere amata veramente da qualcuno, non ho più nessuno Liz.»
«Non è così» le carezzo i capelli. «Hai tua sorella, hai Drew, hai Jace, hai me, ed anche Jade e Tyler!»
Annabelle continua a singhiozzare contro la mia maglietta.
«Grazie Liz, per avermi ascoltata» mormora dopo un po', quando si è calmata.
«Grazie a te per aver condiviso il tuo passato con me.» Dico, consapevole che prima o poi dovrò fare la stessa cosa. Annabelle alza leggermente le spalle e si gira a pancia in su.
«Non sei poi così male.» esclama dopo un po'.
«Neanche tu» sorrido. «Non sei affatto male.»

Ciao fiori di campo!🙊

*Scuse, scuse, scuse...*

Questo capitolo fa cagare ma ho voluto assolutamente finirlo stasera, io ve lo pubblico anche se non l'ho riletto minimo tre volte come faccio sempre, le correzioni penso a farle domani mattina, buonanotte.♥️

Vi adoro!💖

Al prossimo capitolo!🔜

-A

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